L'ex presidente dell'istituto aveva detto che "ci sono stime attendibili svolte dall’Inps secondo cui la metà dei tre milioni di persone che percepiscono il sussidio sono evasori". La nota firmata dal direttore centrale smentisce: "Non è possibile fare nessuna deduzione scientificamente affidabile circa l’inclusione di possibili evasori nella platea"
Nello scontro tra Pasquale Tridico e Tito Boeri sul reddito di cittadinanza agli evasori interviene l’istituto di cui l’economista calabrese ha preso la guida nel 2019 sostituendo il collega bocconiano. E la nota firmata dal direttore centrale Inps Daniele Checchi promette di scatenare nuove polemiche, visto che tra le righe sostiene che Boeri ha male interpretato una simulazione della Direzione studi e ricerche.
Un passo indietro: il 17 settembre a Piazzapulita Boeri – commentando il caso dei fratelli Bianchi – ha affermato che “c’è chi sostiene all’Inps che la metà dei percettori del reddito di cittadinanza siano degli evasori”. Il suo successore all’Inps l’ha definita “chiacchiera da bar” e “castroneria“. Il 19 Boeri, intervistato da La Stampa, ha ribadito quanto detto spiegando: “Mi sono limitato a riferire che ci sono stime attendibili svolte dall’Inps secondo cui la metà dei tre milioni di persone che percepiscono il sussidio sono evasori (…) Sono temi discussi all’Istituto a partire dall’incrocio fra i dati amministrativi e campionari e sulla base di modelli di microsimulazione in seminari cui forse Tridico avrebbe fatto bene a partecipare“.
Ma è proprio su questo che si concentra la precisazione arrivata dall’Inps. La direzione studi e ricerche, “in riferimento agli interventi comparsi sulla stampa riferiti alla potenziale esistenza di 1.4 milioni di percettori del Reddito di Cittadinanza che sarebbero evasori fiscali”, fa sapere che “ritiene che i sostenitori di tale affermazione possano aver equivocato una microsimulazione riportata nell’ultima slide di un seminario tenuto il 22/2/2020″. Evidentemente quello a cui si riferiva Boeri.
“La fonte dell’equivoco è che circa 1,468 milioni di individui risulterebbe, nelle stime, percettori di RdC pur non risultando nella platea dei poveri relativi elaborata seguendo i criteri OECD. In questo gruppo, oltre a lavoratori in nero e a fenomeni di evasione/elusione fiscale, vi sono i lavoratori proprietari della casa nella quale vivono ai quali viene attribuito un fitto figurativo”.
Ma l’analisi compara due insiemi “che per definizione sono molto diversi” visto che i percettori di RdC “sono individuati attraverso quattro requisiti per scelta del legislatore”, cioè reddito familiare, dichiarazione Isee,
patrimonio mobiliare e patrimonio immobiliare, mentre “la condizione di povero nelle definizioni ISTAT/OECD è legata a livelli di consumo o reddito inferiori a standard definiti localmente (povertà assoluta) o a standard definiti in riferimento alla distribuzione dei consumi o reddito (povertà relativa)”. Quindi “le due platee sono difficilmente confrontabili, e dal loro confronto non possono dedursi conseguenze di tipo amministrativo”.
La conclusione è che, “non è possibile fare nessuna deduzione scientificamente affidabile circa l’inclusione di possibili evasori nella platea”.