Duecentomila morti per Covid negli Usa sono “una vergogna”, dice, ma “se non avessimo fatto bene e nel modo giusto, avresti 2,5 milioni di morti. Se guardi alle possibili alternative, avresti 2,5 milioni di morti o qualcosa del genere. Potresti avere un numero sostanzialmente più alto”. Il presidente Usa Donald Trump, nel giorno in cui gli Stati Uniti superano una soglia di vittime drammatica a causa della pandemia, risponde così a un giornalista che gli chiede conto dei numeri. Ma sottolinea in ogni caso come i provvedimenti presi dall’amministrazione abbiano salvato vite ed evitato un danno maggiore. “Detto questo, non avremmo dovuto avere nessuna vittima”, ha aggiunto, attaccando nuovamente Pechino, come aveva fatto poco prima nel discorso in streaming per la 75esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. “La Cina avrebbe dovuto fermarlo al confine. Non avrebbe mai dovuto lasciarlo diffondersi in tutto il mondo, ed è una cosa terribile. Ma se non avessimo chiuso il nostro paese e quindi riaperto”, ha proseguito alludendo a possibili, più gravi conseguenze, prima di concentrarsi sul modo in cui è stata gestita la riapertura: “Ora stiamo andando bene, il mercato azionario è in crescita, e tutto il resto. Ma penso che sia una cosa terribile”.

La vittoria di Trump per evitare lo shutdown – Intanto è stato raggiunto l’accordo tra Democratici e Repubblicani per evitare un nuovo shutdown. In un ampio voto bipartisan che toglie dal tavolo la chiusura del governo, la Camera dei Rappresentanti ha approvato (359-57) un progetto di legge di finanziamento temporaneo a livello governativo martedì sera, poco dopo che il presidente Donald Trump ha avuto la meglio in una lotta dietro le quinte. La misura provvisoria manterrà le agenzie federali pienamente attive e funzionanti fino a dicembre, dando ai legislatori il tempo di digerire le elezioni e decidere se approvare i bilanci annuali di finanziamento del governo entro quella data o trasferirli alla prossima amministrazione. L’anno finanziario termina il 30 settembre. Il testo – noto come ‘continuing resolution’ o ‘Cr’ – passa al Senato e arriverà poi a Trump per la firma.

La nuova giudice della Corte Suprema e i numeri al Senato – A distrarre gli americani dalla pandemia – o almeno questo è quello che si augura la Casa Biancasarà la nomina della nuova giudice della Corte Suprema, attesa per sabato, che spezzerà il tradizionale equilibrio interno del massimo organo giudiziario americano, portando a una formazione composta da ben 6 giudici di orientamento conservatore e solo tre di area liberal. La nomina avverrà dopo i funerali del giudice Ruth Bader Ginsburg ma prima della sua sepoltura nel cimitero di Arlington. E se pochi giorni fa i numeri al Senato – dove i repubblicani sono 53 su 100 – erano incerti, ora i leader del Gop hanno assicurato di averli. A togliere ogni dubbio è arrivato anche il senatore Mitt Romney – l’unico che aveva votato a favore dell’impeachment di Trump, con cui è spesso in contrasto – che si è detto pronto a considerare la nomina valutandola in base alle competenze. I dem speravano che lui fosse uno dei quattro dissidenti del Grand Old Party di cui hanno bisogno per bloccare l’iter di conferma. Per ora ce ne sono solo due, le senatrici Susan Collins e Lisa Murkowski.

Lo spettro di un’indagine per frode fiscale – L’accelerazione di Trump sulla sostituzione di Bader Ginsburg arriva mentre la procura di New York suggerisce per la prima volta in un documento processuale che ci sono elementi per indagare sul presidente per frode fiscale. L’attorney distrettuale Cyrus R. Vance Jr (dem), rivela il New York Times, ha elencato nella battaglia legale per ottenere le dichiarazioni dei redditi del tycoon una serie di notizie e di testimonianze pubbliche che lo accusano di varie irregolarità. Elementi, scrive, che “presi insieme, giustificano pienamente lo scopo del mandato emesso dal gran giurì” per acquisire i ‘tax return’ del presidente. Venerdì è in programma un nuovo round legale, con la prospettiva che il caso torni proprio alla Corte suprema. All’inizio di agosto la procura della Grande Mela aveva già lasciato intendere che sta indagando il presidente anche per una possibile frode bancaria e assicurativa, per aver gonfiato il valore della sua ricchezza e dei suoi immobili.

Intanto si riapre virtualmente il fronte del Russiagate: Andrew Weissmann, ex procuratore di punta del team di Robert Mueller, ha scritto nel suo libro di imminente pubblicazione “Where Law Ends: Inside the Mueller Investigation” che il pool non fece tutto quello che poteva fare per accertare le interferenze di Mosca nelle elezioni del 2016. Evitando ad esempio di citare il presidente Donald Trump per un interrogatorio e di acquisire i suoi documenti finanziari nel timore che potesse licenziare gli investigatori. “Abbiamo usato tutti gli strumenti disponibili per scoprire la verità, senza temere l’attacco dei poteri unici del presidente di minare i nostri sforzi? Io conosco la difficile risposta a questa semplice domanda: avremmo potuto fare di più”, denuncia Weissmann, che è un democratico registrato.

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