Al secondo processo d’appello sull’omicidio di Marco Vannini, ucciso a vent'anni nel 2015 da un colpo di pistola in casa della fidanzata, oggi è il giorno delle arringhe della difesa. Secondo l’avvocato Miroli, legale della famiglia Ciontoli, la famiglia non sarebbe stata consapevole della situazione
L’assoluzione per i familiari di Antonio Ciontoli, che erano in casa al momento della morte di Marco Vannini e E’ la richiesta dell’avvocato Andrea Miroli, al processo di appello bis sulla morte del ventenne, ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio 2015, mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano.
Per il difensore, i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e la moglie Maria Pezzillo, “non avevano consapevolezza della situazione: se ci fosse stato il sangue che usciva dalla ferita ne avrebbero avuta, ma non c’è stata fuoriuscita di sangue e l’emorragia purtroppo era solo interna”. Il difensore ha chiesto in subordine per i familiari di Ciontoli, se verranno ritenuti colpevoli, la condanna per omissione di soccorso o per omicidio colposo o per favoreggiamento. Antonio Ciontoli “ha commesso sicuramente una cosa gravissima ma non voleva che Marco Vannini morisse, per questo non può essere condannato per omicidio volontario”. Lo ha detto sempre l’avvocato Miroli, al processo di appello bis sulla morte di Vannini. Il difensore di Ciontoli ha chiesto di ripristinare la condanna di 5 anni di reclusione nei confronti del sottufficiale della Marina Militare per omicidio colposo aggravato dalla colpa cosciente. “Se si fosse confrontato con l’evento morte non avrebbe agito così come poi ha fatto. Trovarsi in una situazione di rischio e cercare di gestirla non significa accettare l’evento morte” ha detto il legale in aula spiegando che Ciontoli così come i suoi familiari, pensava che Vannini avesse una ferita al braccio e “non poteva immaginare alla gravità delle lesioni interne”. “Adottare un comportamento sia pure biasimevole in una situazione di rischio, evidentemente mal governata, non significa che l’imputato abbia voluto la morte di Marco” ha affermato l’avvocato. Alla scorsa udienza il procuratore generale Vincenzo Saveriano aveva chiesto di condannare la famiglia Ciontoli a 14 anni di reclusione per omicidio volontario sottolineando come da parte di tutti gli imputati ci sia stata “una serie di menzogne, di condotte assurde e impensabili, un disegno programmato a cui tutti hanno aderito a costo di fare morire Marco”.
Il processo di appello bis era stato disposto dopo la sentenza dei giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione del 7 febbraio scorso che aveva accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale di annullare con rinvio la sentenza d’appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Per l’omicidio del ragazzo, appena ventenne, il 29 gennaio dello scorso anno i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma avevano condannato il padre della sua fidanzata Antonio Ciontoli per l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario, confermando, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo.