La stessa operazione è stata effettuata sul telefono di funzionari della Regione di Giulia Martinelli, la responsabile della segreteria del presidente lombardo ed ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini. Nessuno dei tre risulta indagato, a differenza dei vertici dell'ospedale e dell'azienda piemontese. Il legale di Fontana: "Atto con evidenti criticità di carattere costituzionale"
La Guardia di finanza bussa a casa del governatore della Lombardia Attilio Fontana e dell’assessore al Welfare Giulio Gallera per il caso Diasorin-San Matteo. I militari di Pavia si sono recati stamattina nell’abitazione del primo per effettuare una copia forense del cellulare, a partire dai messaggi scambiati dal presidente negli ultimi mesi. Stessa visita anche per Gallera e altre persone, tra cui alcuni funzionari della Regione.
Anche Giulia Martinelli, la responsabile della segreteria del presidente lombardo ed ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini, ha ricevuto la visita dei finanzieri. In base a quanto si apprende da fonti investigative, al momento nessuno dei due risulta indagato nell’indagine avviata nel luglio scorso. Sono coinvolti, invece, i vertici del Policlinico San Matteo di Pavia e della società Diasorin con l’accusa di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato per l’accordo stipulato tra l’ospedale e la società piemontese per l’effettuazione dei test sierologici anti-Covid in Regione.
“Il presidente Fontana non è indagato, ha subito una perquisizione presso terzi“, ha subito commentato il suo legale, Jacopo Pensa. “Non gli è stato sequestrato nulla, è stata effettuata copia del contenuto del cellulare. È grave, però, – ha proseguito – che la perquisizione sia avvenuta con modalità non pertinenti alle finalità dell’operazione, con un decreto non circostanziato ma applicabile a chiunque e con evidenti criticità di carattere costituzionale, vista la ovvia presenza di conversazioni di carattere istituzionale nel cellulare del presidente Fontana”. A suo parere, “sarebbe stato sufficiente un invito a fornire i dati telefonici per raggiungere il medesimo risultato investigativo. Valuteremo l’opportunità di impugnare il provvedimento“.
Al centro delle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Mario Venditti e dal pm Paolo Mazza, c’è l’affidamento diretto alla Diasorin per la sperimentazione dei test di massa iniziata a fine aprile in Lombardia. L’ipotesi della procura è che “tutti i risultati delle attività di ricerca e sperimentazione effettuate dalla Fondazione Irccs San Matteo di Pavia” siano stati “trasferiti” all’azienda piemontese, “favorendola” a discapito di altre potenziali concorrenti nel settore dei test sierologici per la diagnosi di infezione da Covid-19. L’annuncio del test innovativo aveva pure fatto schizzare alle stelle il titolo Diasorin in borsa. Tutto è partito infatti dalla denuncia presentata da una società concorrente che si è opposta all’accordo stipulato tra i due istituti senza gara. Una battaglia commerciale che in sede giudiziaria amministrativa ha già portato il Tar della Lombardia a dichiarare nullo l’accordo. Verdetto poi ribaltato dal Consiglio di Stato.
Ma c’è di più, perché dalle carte dell’inchiesta è emerso negli scorsi mesi anche il presunto ruolo della politica nella vicenda. La scelta di affidare la mappatura sierologica dei positivi al Covid a Diasorin-San Matteo, infatti, secondo i pm “è confermata” da “esplicite diffide” partite dall’assessorato Regionale alla sanità e dalle Ats e destinate agli “enti pubblici” che avevano deciso di fare ricorso a kit alternativi. Come i sindaci dei comuni di Robbio e Cisliano”, si legge nel decreto di perquisizione della Procura del luglio scorso, che “hanno riferito di atteggiamenti a dir poco ostruzionistici nei loro confronti da parte di esponenti politici regionali della Lega Nord“. L’idea del Pirellone era quella di evitare che sindaci, ospedali e Ats si muovessero in ordine sparso per decidere a quale test affidarsi.
A marzo venne quindi istituito un “Tavolo tecnico-scientifico” ad hoc per valutare la proposta migliore. Fra i membri c’era il professor Fausto Baldanti (ora indagato), Responsabile del laboratorio di virologia molecolare del San Matteo che stava lavorando proprio fianco a fianco con Diasorin. Per i pm di Pavia, anticipati da un’inchiesta del Fatto, si è trattato di un “evidente conflitto di interessi” (lui poi si è dimesso dall’incarico). Sullo sfondo ci sono i presunti rapporti commerciali tra Diasorin e la Fondazione Istituto Insubrico, il cui direttore generale è Andrea Gambini, “già commissario della Lega varesina e Presidente della Fondazione Irccs Carlo Besta”. Fatture alla mano, per le fiamme gialle l’azienda piemontese è “un cliente di primo piano della Fondazione”. Resta però ancora da capire “la natura e la reale consistenza” di quelle prestazioni.