Così il presidente della Repubblica ha ricordato Francesco Cossiga, deceduto dieci anni fa: "Nel discorso di insediamento aveva assunto la gente comune come punto di riferimento per saldare passato e futuro, auspicando una nuova solidarietà. Per lui l'antifascismo era un fatto discriminante non solo dal punto di visto politico ma morale"
Un “italiano lungimirante” che, da capo dello Stato, mise al centro del dibattito “due grandi problemi”, la disoccupazione e la questione meridionale. E che seppe porre anche in maniera “vivace” il tema delle riforme istituzionali con “l’obiettivo essenziale di promuovere la crescita della democrazia”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato Francesco Cossiga, deceduto dieci anni fa.
“Nel discorso di insediamento aveva assunto la gente comune come punto di riferimento per saldare passato e futuro, auspicando una nuova solidarietà ‘per valori non solo personali ma soprattutto comunitari'”. Per avere speranza civile disse, ha sottolineato Mattarella, che “c’è bisogno di una giustizia sociale che non sia calata dall’alto ma condivisa e prodotta dai cittadini”. Aggiungendo che “lo sviluppo non si traduce in speranza civile se non si unisce alla capacità di risolvere i due grandi problemi della nostra vita nazionale: la disoccupazione e l’arretratezza delle aree meridionali “.
Per l’attuale capo dello Stato si trattò di “parole lungimiranti di un italiano che ha servito il Paese con tutta la forza di cui è stato capace e del quale oggi, a dieci anni dalla scomparsa, onoriamo la memoria”. Cossiga, ha aggiunto Mattarella, “colse con acuta sensibilità che caduta del Muro e fine della potenza sovietica avrebbero avuto conseguenze anche sulla vita politica del nostro Paese, mettendo in discussione non solo i vecchi equilibri ma anche le rendite di posizione di chi supponeva di riceverne vantaggio in quanto estraneo all’ideologia sconfitta”.
Per questo, ha spiegato, pose “rilievi” – prima in modo “misurato” e poi “più vivace” – sulla “questione che animava anche il dibattito tra le forze politiche: quella di una stagione di riforme istituzionali”. Ne avvertiva l’esigenza, perché “partiva dalla considerazione che nuocesse al Paese una visione che giudicasse le istituzioni esistenti fragili perché in attesa di riforma, richiamando al rispetto di una indeclinabile finalità”. Nel tradizionale messaggio di fine anno nel 1987, ha ricordato Mattarella, disse che le riforme “devono condurre all’obiettivo essenziale di promuovere la crescita della democrazia”.
Esercitò le prerogative costituzionali, ha aggiunto il capo dello Stato, “con le qualità che derivavano dalla sua lunga esperienza, e anche con la puntualità di uno studioso di diritto”. Ad esempio quando ribadì al presidente del Consiglio incaricato Giulio Andreotti “i poteri che la Costituzione conferisce al Capo dello Stato nella nomina dei ministri e descrisse il vaglio presidenziale come non comprimibili”, ha ricordato il presidente della Repubblica che, allo stesso, durante i giorni della formazione del governo M5s-Lega fu netto nel no a Paolo Savona.
Per Cossiga, ha detto ancora Mattarella, “l’antifascismo era un fatto discriminante non solo dal punto di visto politico ma morale”. E rimase “sempre fedele” al principio di laicità dello Stato: “Nel suo dichiararsi “cattolico liberale” c’era un ossequio, un rispetto per la casa comune e per la sovranità delle istituzioni della Repubblica, che non concedeva spazio a tentazioni confessionali o integralismi di sorta”.