Dalla Sicilia alla Svezia. Giovanna Giordano è candidata al Premio Nobel per la Letteratura 2020. Catenese d’origine, ma cresciuta a Milano, e oggi di nuovo tornata a vivere in Sicilia, Giordano è autrice di tre romanzi: “Trentaseimila giorni” nel 1996, “Un volo magico” nel 1998 e “Il mistero di Lithian” nel 2004, tutti per Marsilio. È stata lei stessa, in modo abbastanza inconsueto, ad annunciarlo in un’intervista ad un quotidiano siciliano. L’abbiamo raggiunta telefonicamente in attesa che l’Accademia di Svezia si pronunci sul vincitore del Nobel per la Letteratura 2020 che sarà annunciato a Stoccolma giovedì 8 ottobre alle 13.
Ma cos’ha combinato Giordano? Si è come autocandidata al Nobel…
Voglio che questi giorni passino veloci e mi aiuterò con un po’ di vino per dimenticare. Sono sempre stata una scrittrice in ombra, non come la grande, tanto più grande di me, Elena Ferrante, ma sempre ritrosa, un po’ in un angolino. Tutta questa fama mi turba.
Ci sveli l’arcano. Abbiamo mandato una mail all’Accademia di Svezia per avere una conferma o una smentita sulla sua candidatura e con la loro elegante diplomazia rimandano al giorno della premiazione. Chi le ha detto che è stata candidata?
È stata una delle università svedesi. Vede, la forza dell’Accademia sta nella sua incorruttibilità e segretezza. Se lei va a vedere nello statuto sono obbligati a non rivelare i candidati se non dopo 50 anni, infatti sono noti fino al 1966. Poi c’è un sigillo, non il settimo di Bergman, ma bello forte. Gli scrittori che vengono contattati dagli accademici che formulano le candidature sono autorizzati a dirlo, ma l’accademia dei Nobel non può dire nulla. Se a me arriva la notizia, Giovanna Giordano lo può dire. Anche un ufficio stampa o l’editore lo possono dire. Quando Sebastiano Vassalli fu candidato il suo editore mandò un comunicato. Ma la mia situazione è un po’ bizzarra perché non ho un editore effettivo. C’è Marsilio ma è stato il mio editore.
Adesso che editore ha?
Le ali del vento, gentile Davide Turrini, o il mare di Sicilia (sorride ndr).
Come si spiega questa improvvisa luce del Nobel, dà i brividi…
Se lei frequenta le bancarelle dei libri vecchi o le soffitte, fanno un po’ questo effetto. Tutti i libri stampati arrivano da qualche parte. Non muoiono. Camminano. Passano di casa in casa, di libreria in libreria, da tarlo a tarlo. Poi improvvisamente qualcuno lo prende in mano e anche un libro dimenticato può diventare importante. Così è successo ai miei che non vengono stampati dal 2005.
A breve i bookmaker mostreranno le quote aggiornate: che farà, scommetterà su di lei? Chi puntò su Bob Dylan vinse molti quattrini…
In siciliano c’è un proverbio: anche le pulci hanno la tosse. Lo so che non vincerò, ma sono entrata nell’anticamera e questa è già una grande cosa.
Attendiamo un editore allora…
Le danze dei sette veli inizieranno domani. In una Sicilia così sgangherata in mezzo a tanti rovi c’è un giglio. I siciliani mi festeggiano e gli editori stanno a guardare.
Da tanto tempo il Nobel non è italiano e poi lei è una donna…
Abbiamo parlato tanto silenziosamente, abbiamo ricamato, noi donne. La mia nonna e bisnonna hanno ricamato chissà quanto in vita loro. Avessero avuto una penna in mano avrebbero fatto quello che ho fatto io. Il gesto del ricamo è simile a quello della penna.
Sta preparando un nuovo romanzo?
Sono andata in campagna in questi mesi di Covid e la mia campagna è davanti alle Eolie con i ruderi di un castello bizantino. Nonostante il disastro sono stati giorni felici, come nel Decameron. Ho scritto come un fiume. È una storia siciliana, come diceva Sciascia di quello che conosciamo dobbiamo parlare, una storia di mare che inizia negli anni venti. Protagonista è un uomo. Esistono due tipi di siciliani quello di mare parte, quello di scoglio resta. E il mio è un uomo di mare che parte.