Candidato nel 2018 in una delle liste plurinominali in Campania in quota Forza Italia, il presidente della Lazio sostiene che è stato commesso un errore di calcolo nell'attribuzione dei seggi e rivendica il diritto di occupare quello dell'ex forzista Carbone (ora con Iv). Se Palazzo Madama dovesse confermare il parere della Giunta, la maggioranza scenderebbe (sulla carta) a quota 167
Claudio Lotito è a un passo dal diventare senatore della Repubblica. La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari di Palazzo Madama ha accolto il ricorso presentato dal presidente della Lazio dopo la sua mancata elezione alle politiche del 2018. Candidato in una delle liste plurinominali in Campania in quota Forza Italia, Lotito sostiene che è stato commesso un errore di calcolo nell’attribuzione dei seggi e rivendica il diritto di occupare quello che ora è assegnato al senatore Vincenzo Carbone, eletto sempre con Forza Italia ma passato di recente a Italia Viva. L’ultima parola spetta ora all’Aula: se il parere della Giunta fosse confermato, il centrodestra potrebbe contare su un altro parlamentare in più. Cosa non da poco, visto che alle ultime suppletive la coalizione formata da Forza Italia, Lega e Fdi è già riuscita a strappare un seggio al Movimento 5 stelle e ne ha riconfermato un altro in Veneto.
La partita del pallottoliere è decisiva, dal momento che la maggioranza che sostiene il governo Conte non ha mai avuto un larghissimo sostegno a Palazzo Madama. Numeri alla mano, risulta che l’esecutivo può contare (almeno sulla carta) sull’appoggio di 18 senatori di Italia Viva, 95 del Movimento 5 stelle, 35 del Pd, 6 delle Autonomie e 14 appartenenti al gruppo Misto. Di questi, 5 afferiscono a Liberi e uguali (Loredana De Petris, Vasco Errani, Pietro Grasso, Francesco Laforgia, Sandro Ruotolo), mentre gli altri sono: gli ex M5s Buccarella, De Falco, Fattori, De Bonis, Di Marzio e Nugnes; Ricardo Merlo e Cario Adriano (Italiani all’estero); Tommaso Cerno (ex Pd). In totale, quindi, la maggioranza giallorossa è sostenuta da 168 senatori, a cui spesso si aggiungono tre dei sei senatori a vita (Giorgio Napolitano, Carlo Rubbia e Renzo Piano partecipano raramente alle votazioni).
Un margine che si è ridotto con l’arrivo di Carlo Doria, risultato vincitore alle suppletive in Sardegna indette per sostituire la pentastellata Vittoria Bogo Deledda (deceduta nel marzo scorso) e che rischia di accorciarsi ancora se Lotito incasserà il via libera di Palazzo Madama (portando la maggioranza a quota 167). Nel corso dell’udienza in Giunta, Lotito ha preferito non prendere la parola, lasciando che fosse il suo legale, il professor Massimo Luciani, a esporre i motivi del ricorso: “Il problema è semplicissimo e riguarda il ‘governo’ della gestione dei resti“. Secondo l’avvocato, “il collegio deve essere assegnato a Lotito semplicemente interpretando le norme vigenti“. È invece intervenuto il senatore Carbone, eletto con Forza Italia e poi passato al gruppo Iv-Psi. “Spero che l’esito della camera di consiglio non sia già scontato e che i componenti possano arrivare a una conclusione giusta. Sinceramente, dovermi ritrovare in questa situazione mi sconcerta. Non avrei mai creduto che sarei stato additato come il senatore abusivo“.
La Giunta, come già anticipato nell’agosto scorso, ha confermato che, in base al complesso meccanismo di attribuzione proporzionale dei seggi plurinominali, il seggio spettava a Lotito e non a Carbone. Nel 2018, infatti, questi calcoli avevano premiato il collegio “Campania 3” e avevano permesso il ripescaggio del renziano (ex forzista) come primo dei non eletti in quel collegio. Secondo Lotito, invece, il seggio ottenuto con il meccanismo dei “resti” spettava a lui, in quanto primo dei non eletti nel collegio “Campania 1”. Vicenda a cui poi si era aggiunto anche l’attuale sottosegretario all’Istruzione in quota LeU, Peppe De Cristofaro, secondo cui il seggio andava assegnato al collegio “Campania 2”, dove il primo dei non eletti era proprio lui. In base a quanto si apprende, per l’annullamento dell’elezione di Carbone in favore del presidente della Lazio hanno votato in 12 contro 7. Il senatore Pietro Grasso non ha partecipato al voto. Assenti tre senatori, due del gruppo misto e uno del M5s.