In sei messaggi di fine marzo Roberta Dini spiega al fratello Andrea che l’assessore lombardo Cattaneo "sembra sia molto attivo nell’approvvigionamento (...) ho avvisato la moglie di Cattaneo (che conosco un pò) che vuoi dare una mano". Il 6 aprile il patron della Dama scrive a un produttore di tessuti: "E’ stato Cattaneo e mio cognato il governatore Fontana a dirmi di contattarla"
“Prova a chiamare assessore (Cattaneo di Varese amico di Orrigoni) (…) sembra che siano molto interessati ai camici (…) questo mi dice assessore al Bilancio Caparini”. È il testo del messaggio inviato il 27 marzo scorso da Roberta Dini, moglie del governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana, al fratello Andrea Dini, patron della Dama spa. Il messaggio, assieme a molti altri, è riportato negli atti dell’inchiesta milanese con al centro la fornitura di camici e altri dispositivi di protezione per mezzo milione di euro assegnata il 16 aprile all’azienda di Dini, di cui la moglie del presidente lombardo detiene il 10 percento, da Aria, la centrale acquisti regionale, e poi trasformata in donazione parziale quando è venuto a galla il “conflitto di interessi”.
“Diffuso coinvolgimento di Fontana” – Tra gli indagati dell’inchiesta compaiono lo stesso Fontana (accusato di frode in pubbliche forniture), il cognato Dini, l’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni (entrambi accusati anche di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente) e una funzionaria di Aria. Nella richiesta di consegna da parte della Procura di Milano dei personaggi al centro della vicenda, la procura di Milano scrive che c’è stato “un diffuso coinvolgimento di Fontana in ordine alla vicenda” con “volontà di evitare di lasciare traccia del suo coinvolgimento mediante messaggi scritti”. Il governatore, invece, ha sempre respinto le accuse. Nello stesso atto i pm scrivono che c’era “la piena consapevolezza” di Andrea e Roberta Dini, riguardo alla “situazione di conflitto di interessi”.
La moglie di Fontana al fratello: “Ho chiamato la moglie dell’assessore” – In sei messaggi di fine marzo la moglie del governatore spiega al fratello anche che l’assessore lombardo Cattaneo “sembra sia molto attivo nell’approvvigionamento (…) ho avvisato la moglie di Cattaneo (che conosco un pò) che vuoi dare una mano. Lei dice che lui sa il tessuto. Le ho dato il tuo numero“. Il 6 aprile, Dini scrisse al rappresentante legale di una azienda produttrice di tessuto per confezionare camici, per “esprimere il suo disappunto” per aver saputo dell’impossibilità della ditta di rifornirlo del materiale di cui i due avevano parlato al telefono qualche giorno prima. “Buongiorno non capisco. E’ stato Cattaneo e mio cognato il governatore Fontana a dirmi di contattarLa. Dirò che si sono sbagliati”. Da tale messaggio e dalla testimonianza del rappresentante della stessa azienda tessile, secondo i pm, emerge come l’assessore Raffaele Cattaneo sia intervenuto per aiutare Dini a recuperare i tessuto utile. Inoltre, in base all’analisi delle chat e dei messaggi trovati nel cellulare del patron della Dama, sequestrato nei mesi scorsi, per i pm “è indiscutibile che anche Cattaneo fosse a conoscenza dell’evolversi della vicenda, quanto meno nella fase genetica” .
“Moglie di Fontana aggiornata costantemente dal fratello” – D’altra parte, sempre nelle stesse carte, si desume che Roberta Dini, moglie del governatore, “veniva costantemente aggiornata dal fratello sulla gestione della Dama e sulle difficoltà economiche legate al lockdown disposto a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19”. “In tal senso, riassuntivamente si può apprezzare che Roberta Dini si confrontava regolarmente con il fratello e gli metteva a disposizione la sua rete di contatti – si legge ancora – . Inoltre, è quest’ultima ad averlo notiziato del bonifico di 250mila euro disposto dal marito Attilio Fontana, a ristoro dei costi sostenuti per la fornitura dei camici sino a quel momento consegnati. Infine, come si è visto, Roberta Dini si consultava con il fratello anche in relazione alla linea mediatica da seguire con i giornalisti della trasmissione di inchiesta ‘Report’. Pur non avendo un potere decisionale all’interno di Dama, in definitiva, Roberta Dini era ben a conoscenza delle dinamiche interne alla presente vicenda oggetto di indagine, non solo in ragione della sua posizione; derivante dai legami di parentela, ma per la funzione consultiva e di raccordo di cui si è detto”.
L’assessore: “Continiamo su di lei” – L’11 aprile, due settimane dopo quei messaggi tra i fratelli Dini, l’assessore Cattaneo scriveva al cognato del governatore. “Buongiorno Dr. Dini. Ha ricevuto l’ordine per i camici dalla nostra centrale acquisti Aria? (…) noi contiamo su di lei, come sugli altri che hanno riconvertito la loro produzione, per rifornire l’intero sistema sanitario lombardo sulla base delle priorità indicate dai nostri colleghi della sanità”. Negli atti i pm indicano anche un audio inviato a Dini da Paolo Zanetta, direttore di produzione di Dama, il 6 maggio nel quale quest’ultimo, riassume la Procura, spiega che “un soggetto di Centrocot (Centro tessile cotoniero, ndr) ha avuto notizia da Raffaele Cattaneo che le aziende riconvertite hanno diritto a 10 milioni di euro da dividersi”. Ci sono anche alcuni messaggi del 16 maggio tra Dini e Zanetta sulla trasformazione della “fornitura in donazione“, che avviene proprio quel giorno. Dini scrive: “Ovviamente tutti dico tutti sono nella lista di fornitori di camici. Armani, Herno, Moncler. Gli unici coglioni siamo noi”. E Zanetta: “Ma lo mandi a cagare e fatturiamo lo stesso”. Dini replica: “Non posso”. Agli atti anche la testimonianza di Cattaneo: “Conoscevo il marchio Paul&Shark e la Dama perché sono di Varese. Ho ricevuto una telefonata da una persona di cui non ricordo il nome, con la quale mi veniva manifestato l’interesse di Dini a rendersi disponibile e io l’ho contattato. Lo conoscevo di fama ma non avevo rapporti personali (…) il primo colloquio è avvenuto a marzo e lui mi ha detto che aveva fatto delle donazioni all’ospedale di Varese (…) avendo una impresa valida, l’ho indirizzato”. Cattaneo ha spiegato anche che il 19 maggio, dopo che la fornitura era stata trasformata in donazione, sentì al telefono Dini: “Mi ha comunicato di aver deciso di trasformare la commessa in donazione per ragioni di carattere familiare e che avrebbe proceduto allo storno della fattura”.
“Il cognato di Fontana mentì al giornalista di Report”- Secondo l’accusa, tra l’altro, il cognato di Fontana, mentì rispondendo al giornalista di Report impegnato in un servizio sulla commessa per 513mila euro di dpi assegnata dalla centrale regionale Aria alla sua Dama spa. I pm sottolineano che una serie di sms scambiati il primo giugno fra i fratelli rappresentano una “conferma ulteriore della falsa giustificazione” offerta da Andrea Dini al cronista che per primo sollevò la questione del presunto conflitto di interessi e sul “tentativo di Roberta Dini di coordinarsi con il marito per fornire delle risposte coincidenti e credibili”. “Sono venuti a suonarmi al campanello quelli di Report. Ho detto che è tutto donazione”, scrive l’imprenditore alla sorella, che replica: “Cazzo”. “Mercoledì devo mandare i documenti comprovanti che è donazione”, aggiunge Andrea Dini e poi ancora: “Mercoledì gli mando i documenti da cui si desume che è tutto donazione”. E Roberta Dini gli scrive due messaggi: “Io ne parlerei al tuo legale di fiducia (…) Magari ti consiglia qualcosa”.
Pm: “Incongruenze in verbale Bongiovanni” – La Procura ricostruisce pure che l’ex direttore generale di Aria Bongiovanni, indagato assieme ad una dirigente, a Fontana e ad Andrea Dini, ha messo a verbale che l’11 maggio “era stato convocato dall’assessore Caparini”, non indagato così come Cattaneo, “per una riunione sullo stato dell’arte delle forniture” nell’ufficio di Giulia Martinelli, capo della segreteria della presidenza della Regione ed ex compagna di Matteo Salvini. E’ l’occasione, stando al verbale di Bongiovanni, nella quale l’allora dg di Aria “rende edotta” Martinelli “del legame tra la società Aria” e la famiglia Dini. “La Martinelli – ha spiegato Bongiovanni ai pm – mi chiamò l’indomani per confermarmi che aveva svolto delle verifiche e che il legame societario con la famiglia del Presidente sussisteva”. Per i pm, però, ci sono “incongruenze” nel confronto tra i verbali resi da Bongiovanni, che è indagato, e Martinelli, non indagata. Lo scrivono in un atto dell’indagine, chiarendo che con le analisi dei contenuti dei telefoni, che si sono fatti consegnare oggi, punteranno anche “a vagliare documentalmente la credibilità” dei due.