“È surreale che io sia accusato di peculato. Darei la vita per il Papa”. All’indomani della durissima decisione di Francesco di licenziarlo dal ruolo di prefetto della Congregazione delle cause dei santi e di privarlo dei diritti del cardinalato, decisione comunicata in un’udienza durata venti minuti, Angelo Becciu convoca una conferenza stampa per spiegare le sue ragioni, come aveva fatto a caldo parlando con ilfattoquotidiano.it. “Mi sento un pochino stralunato, mi sembra tutto surreale, ma cerco di essere realista”, esordisce il porporato coi giornalisti. E aggiunge: “Ieri fino alle 18.02 mi sentivo amico del Papa, fedele esecutore del Papa. E poi il Papa, parlando, mi ha detto che non aveva più fiducia in me perché è giunta la segnalazione dai magistrati che io avrei commesso atti di peculato. Ammetto che il Santo Padre era molto in difficoltà e ci soffriva a dirmi questa cosa, ma io l’ho incoraggiato. Mi ha spiegato che dalle carte e dalle indagini della Guardia di finanza italiana, immagino richieste dai magistrati vaticani, apparirebbe che io abbia commesso crimini e reato di peculato. Perché? Quando ero sostituto della Segreteria di Stato e avevo trasmesso alla caritas di Ozieri, la mia diocesi, 100mila euro e queste sarebbero poi transitate nel conto della cooperativa Spes, braccio operativo della caritas, di cui però il presidente è mio fratello. Io avrei distorto i soldi per le loro finalità e avrei favorito un mio fratello. E poi anche per il fatto che la Cei aveva erogato due sussidi di 300mila euro ciascuno, anni prima, per aiutare questa cooperativa a costituirsi e organizzarsi. Una realtà che dà lavoro a sessanta famiglie e conosciamo bene il tasso di disoccupazione in Sardegna”.
Becciu non ci sta e risponde alle accuse punto su punto. “Ho cercato di spiegare al Santo Padre – afferma il cardinale – e lo spiego anche a voi perché mi sembra tutto strano. Perché quei 100mila euro è vero che li ho destinati alla caritas di Ozieri, ma è nella discrezione del sostituto utilizzare somme di un fondo particolare della Segreteria di Stato destinato alla carità per sostenere varie opere. Ricordo che stavo proprio destinando soldi ad alcuni enti e mi sono detto che in 7-8 anni non avevo mai fatto un’opera di sostegno per la Sardegna. So che nella mia diocesi c’è una situazione di emergenza per la disoccupazione e ho voluto destinare 100mila euro proprio alla caritas. Quando il Papa mi ha parlato, mi sembrava strano che quei soldi fossero stati assorbiti dalla cooperativa. Appena rientrato a casa, ho telefonato a mio fratello e al vescovo della diocesi e mi hanno detto che i soldi sono tutti ancora lì, nel fondo caritas. Non sono stati usati perché stanno pensando a un progetto importante per i poveri. Il vescovo ha fatto una dichiarazione a questo riguardo che farò avere al Papa. Allora mi domando: come mai vengo accusato di peculato e favoreggiamento della mia famiglia? La cooperativa usa soldi dell’otto per mille che gestisce il vescovo. È tutto regolare. Li avrò raccomandati alla Cei, ma questo non è reato”.
Il cardinale si dice, inoltre, pronto a rispondere alle domande dei magistrati qualora lo chiameranno. Ribadisce di non essere indagato, di non aver ricevuto nessuna comunicazione dai magistrati, ma di aver appreso dell’accusa di peculato direttamente dal Papa. Con Francesco, nel faccia a faccia nel quale il Pontefice lo ha dimissionato, non si è parlato dell’acquisto del palazzo di Londra da parte della Segreteria di Stato e dell’inchiesta che ne è scaturita. Il cardinale confessa di non aver paura di essere arrestato e di aver chiesto a Bergoglio se deve anche lasciare il suo appartamento in Vaticano, ma il Papa gli ha risposto di no “per tutto il lavoro che ha fatto per me”. Si dice pronto a querelare i giornali che scrivono cose non vere nello scopo, precisa, di “far vedere che Becciu ha reso ricca la sua famiglia. Non ho reso ricca la mia famiglia. Come erano prima sono adesso. Potete venire a Pattada e vedere: stessa casa e stessa macchina. Se ho dato soldi è solo per l’istituzione che doveva rendicontare tutto”. E poi un messaggio a Francesco: “Al Santo Padre farò sapere che forse c’è un equivoco. Rinnovo la mia fiducia nel Santo Padre. Gli ho promesso fedeltà fino alla fine, anzi diventando cardinale ho promesso di dare la vita. Non lo tradirò mai, anzi sono pronto a dare la vita”.
Il porporato respinge con forza anche le accuse di aver dato soldi ad altri suoi due fratelli: uno falegname e l’altro che produce la birra. “Quando ero nunzio in Angola – spiega Becciu – ristrutturavo la nunziatura e dissi a mio fratello falegname di farmi due porte e mandarmele e basta. Quando ero nunzio a Cuba mi misi a ristrutturare la nunziatura e tutti mi compiangevano perché il materiale dovevo farlo pervenire dall’Italia. Dissi a mio fratello falegname di venire. Chiamatelo conflitti di interessi, ma chiesi il permesso alla Segreteria di Stato e mi autorizzarono. Pure il mio successore a Cuba rimase contento del lavoro e anche il Papa quando fu ospite lì. In Vaticano avevo tante possibilità di farlo lavorare, ma non l’ho fatto mai. Nemmeno quando mi suggerirono di fargli fare i lavori per la casa dove sarebbe andato a vivere Benedetto XVI dopo le dimissioni. Dissi: ‘No, qua non deve entrare’. Quindi non mi sento in colpa per questo. E sul fratello che produce la birra cosa c’entro? Non gli ho dato mai un soldo. Chi ha scritto queste cose era determinato a far vedere che io sono corrotto e che sostegno i miei fratelli. Io non c’entro niente. Mi dicano in quale istituto ho promosso questa birra. Solo perché ha un fratello cardinale non può produrre la birra? È tutta sua la responsabilità”.
Alle parole del porporato sono seguite quelle della sua famiglia che, in una nota congiunta firmata dal proprio legale, afferma che le notizie riportate da alcuni organi di comunicazione “sono destituite di fondamento e malevolmente false, in particolare per i riferimenti, fantasiosi e indimostrabili, a presunte erogazioni provenienti dall’Obolo di San Pietro e dirette a membri della famiglia del cardinale, ovvero a enti privati riconducibili a taluni di essi. Nessuna somma risulta, infatti, essere mai stata erogata dall’Obolo di San Pietro, né alcun intervento non giustificato per opere diverse da quelle caritatevoli o di solidarietà è mai pervenuto alla diocesi di Ozieri, alla caritas diocesana e, suo tramite, alla cooperativa Spes, onlus fiduciaria del vescovo per le attività di natura solidale e di reinserimento lavorativo e sociale”. E inoltre: “Quanto al signor Tonino Becciu, legale rappresentante della cooperativa sociale Spes, alcuna somma è mai stata erogata direttamente alla onlus da egli diretta la quale, viceversa, ha ricevuto il finanziamento dei soli progetti solidali ritenuti meritevoli di realizzazione da parte del vescovo Corrado Melis quale presidente della caritas diocesana. I contributi provenienti dalla Cei risultano deliberati ed erogati in piena trasparenza come interventi di sostegno ad attività solidali finalizzate a gratificare la persona umana con il lavoro, nei diversi settori dell’agricoltura, dell’artigianato e della panificazione, garantito a ben sessanta famiglie grazie alla collaborazione operativa della onlus Spes. Il contributo di euro 100mila, risalente al 2017 e proveniente dalla Segreteria di Stato della Città del Vaticano, non risulta essere mai stato né diretto, né percepito dalla cooperativa Spes, ma esclusivamente dalla caritas diocesana, che ancora ne è depositaria in specifico conto corrente, nella prospettiva del finanziamento e della realizzazione di un ampio e articolato progetto di natura solidale denominato ‘la cittadella della solidarietà’”.
Nella nota si legge, inoltre, che “con riferimento al prof. Mario Becciu, anch’egli indebitamente citato nelle predette pubblicazioni, il coinvolgimento in presunte elargizioni appare addirittura paradossale, non essendovi stata, neppure in maniera indiretta, alcuna erogazione di somme, a nessun titolo, a beneficio della società Angel’s, la quale ha invece percepito un finanziamento nella totale trasparenza dell’operazione da parte di un investitore estero la cui identità non è possibile rendere nota per ragioni di riservatezza contrattuale. Altrettanto mendaci sono, poi, le affermazioni tendenti a ingenerare nei lettori il subdolo convincimento di presunte attività commerciali con enti religiosi favoriti dal cardinale: al contrario, nessun istituto di culto, né altri enti riconducibili alla Santa Sede o alla Chiesa cattolica, hanno mai intrattenuto, neppure in modo indiretto, operazioni commerciali con la Angel’s o con il prof. Mario Becciu. È , peraltro, opportuno chiarire, infine, che di nessun atto di favore, tanto meno indebito o non legittimo, risultano o sono risultati essere beneficiari membri della famiglia Becciu, tra i quali il signor Francesco, chiamato semplicemente, nel corso del tempo, e grazie alla sua perizia ed esperienza professionali, ad eseguire alcuni interventi di falegnameria per conto di enti ecclesiali anche non riconducibili al cardinale”.