Il risultato del referendum sul taglio dei parlamentari era ampiamente prevedibile e il compito della politica è di interrogarsi sulle ragioni del voto. Credo che il punto sia il seguente: i rappresentanti rimasti indenni dovranno continuare a rappresentare l’interesse generale della collettività, tenendo conto degli interessi di tutti; ma ci riusciranno, considerato il numero ridotto?

Ecco, dovremmo innanzitutto interrogarci sull’effettività della rappresentanza. E se quest’ultima sarà all’altezza. Come e in che modo? Si parla tanto dei correttivi, della legge elettorale e di una riforma ambiziosa dei partiti che dia attuazione all’art. 49 della Costituzione.

Partiamo da un presupposto: il rapporto tra eletti ed elettori è in crisi da anni. E la politica, se così possiamo definirla, attorno a questa ferita ci ha giocato, aggiungendovi continuamente del sale: dai partiti – macchina di clientele ai comitatini – fino alle liste bloccate. Ecco perché ho firmato la petizione lanciata da Il Fatto Quotidiano per l’abolizione di queste. Credo che sia il primo tassello.

Lo scrive il sottoscritto, un ragazzo come tanti, che fa politica al Sud e che si scontra continuamente contro rendite di posizione per fare valere la propria idea: le liste bloccate sono il cancro, rappresentano la dissoluzione dei partiti, cioè un modo da parte di questi di aggrapparsi a quel poco che rimane. Prima lottizzano le liste, assicurandosi che i fedelissimi arrivino a Roma solo per premere il pulsante, poi con le stesse logiche si spartiscono lo spezzatino per costruire consenso. E così fino alla prossima elezione.

Si è discusso tanto se il taglio dei parlamentari fosse o meno di sinistra e su questo ci siamo un po’ tutti divisi, con punti di vista tutti rispettabili. Credo sia invece di sinistra l’abolizione dei listini bloccati, che davvero sono qualcosa di elitario. L’alternativa a tutto ciò è rappresentata da un proporzionale con le preferenze, con tutte le distorsioni connesse, oppure da un maggioritario con collegi uninominali veri.

Per non commettere gli errori del passato le leggi elettorali non devono essere fatte ad uso e consumo di coloro che comandano, credendo di fare qualcosa che torni utile per sé. E questo lo dico con forza al mio partito e al Movimento 5 Stelle, altrimenti daremmo prova di vivere su un altro pianeta. Nella situazione attuale con un sistema dei partiti polverizzato, la scelta migliore è quella dei collegi uninominali per recuperare il rapporto eletto-elettore e riscoprire un legame tra quest’ultimo e il partito che vota. Magari con un doppio turno.

Una scelta proporzionalistica sarebbe un problema, soprattutto se si aggiungono le preferenze. Non vorrei tornare a quarant’anni fa, quando al Sud fioccavano santini e i democristiani facevano costruire cattedrali nel deserto per mantenere il consenso. Abbiamo bisogno di scrivere un nuovo capitolo della Storia.

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