“Da docenti fa sempre male bloccare la didattica, ma preferiamo bloccare due giorni oggi per avere altri duecento giorni di scuola in futuro”. Raffaele è uno dei docenti precari che oggi, venerdì 25 settembre, è sceso in piazza a Milano insieme agli studenti. Per lui la scuola non è ancora incominciata così come per tanti altri suoi colleghi precari che aspettano di essere nominati. Per questo ha scelto di aderire allo sciopero di due giorni proclamato dai sindacati di base Usb, Cub, Adl Cobas(e non condiviso dai confederali), che questa mattina ha portato per le strade di Milano un migliaio di persone, tra studenti e docenti. “Facciamo un giorno sì e un giorno no a scuola, quattro ore al giorno” spiega Alice, una studentessa del quinto anno di un istituto superiore milanese. Il distanziamento a sociale si riesce a mantenere dentro l’edificio, meno sui mezzi pubblici: “Stiamo gomito a gomito pur indossando la mascherina. Dovrebbero aumentare le corse”. C’è poi la questione della qualità della didattica. “Con la didattica a distanza le lezioni sono diventati frontali e c’è poco spazio per lo scambio di opinioni e il dibattito che è fondamentale”. Così alla fine del corteo gli studenti insieme al comitato Priorità alla Scuola hanno organizzato delle lezioni collettive insieme ad attivisti dei movimenti Fridays for Future, Black Lives Matter e Non Una Di Meno Milano “per sperimentare cosa può essere una scuola del presente da costruire e difendere”. In attesa della manifestazione nazionale di domani a Roma che chiuderà il fine settimana di proteste del mondo della scuola.
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