Weah che esce sconsolato dal Menti: il Milan non ha vinto, lui non ha segnato e di palloni non ne ha toccati granché. Mal comune mezzo gaudio però: è ottobre del 1995, gli scienziati scoprono una nuova stella, Bellerofonte, e gli attaccanti italiani scoprono che giocare contro un ragazzone svedese in maglia biancorossa vuol dire faticare parecchio. Ma è meglio riavvolgere il nastro a qualche mese prima rispetto al frame di Weah a testa bassa, a giugno dello stesso anno: il Vicenza al Bentegodi ne fa quattro al Chievo e si guadagna la Serie A. Ci mancava dal ’79, quando ancora si chiamava Lanerossi: solo l’anno prima i veneti si erano giocati lo scudetto con la Juve. Ma il passo troppo più lungo della gamba aveva solo fatto male ai veneti, che nel giro di pochi mesi erano passati da squadrone a squadra che lotta per la salvezza, fallendo.
Negli anni ’90 il nuovo presidente Pieraldo Dalle Carbonare agli scudetti non ci pensa, ma almeno a tornare in A sì: c’è un dg che ha buon occhio, Gasparin, un ds giovane, Vignoni, e nel 1994 arriva un giovane mister, Francesco Guidolin. Aveva già vinto un campionato di C1 con il Ravenna facendo giocare ai romagnoli un calcio moderno e vestendosi già giovanissimo dei panni del predestinato. Lo prende l’Atalanta per il dopo Lippi, ma gli va male e viene esonerato subito e così riparte dal Vicenza in Serie B. Affida le chiavi del centrocampo a Mimmo Di Carlo, l’attacco all’ariete Murgita e poi ha Lombardini, Pulga, Viviani, Ciccio Cozza e soprattutto una difesa, guidata da Giovanni Lopez, quasi imperforabile. La squadra è forte e centra l’obiettivo della Serie A ma chiaramente va integrata di giocatori di categoria. Ci sono pochi soldi, e in Italia si può puntare giusto su qualche giovane promessa: dalla Roma arriva Jimmy Maini per il centrocampo, dal Crevalcore il terzino Pistone e nell’ultima fase di mercato il ds Vignoni e il dg Gasparin, che ha fiuto per i calciatori bravi, guardano all’estero.
Dal Penarol prendono una punta, Marcelo Otero e un terzino, Gustavo Mendez. Per la difesa si guarda in Svezia: c’è Bjorklund, che costa relativamente poco, meno di due miliardi, e ha pure tanta esperienza internazionale con la nazionale scandinava arrivata terza al Mondiale 1994. La squadra di Guidolin, additata a Cenerentola è invece la sorpresa del campionato, e proprio quello svedese si fa apprezzare particolarmente per senso di posizione, capacità di marcatura e di lettura del gioco: alla prima a San Siro contro l’Inter i biancorossi giocano bene, Bjorklund azzera Marco Del Vecchio ma Roberto Carlos si presenta in Italia infilando una punizione delle sue e regalando la vittoria ai nerazzurri. Alla successiva a Bjorklund tocca Batistuta, e pure lui non tocca palla, poi la Juve, che vince con un gol in mischia, poi il Milan con Weah che soffrirà la marcatura di quello svedese, poi Casiraghi e Signori con la Lazio di Zeman e restano a bocca asciutta: insomma, Gasparin ci ha visto giusto su quello svedese.
Naturalmente a furia di negare il gol agli avversari su Bjorklund si accendono i riflettori delle grandi: il Milan ci pensa per ringiovanire la sua difesa fortissima ma ormai avanti negli anni, la Juve ne farebbe volentieri il partner di Ciro Ferrara. Proprio con Moggi il Vicenza chiude, per 5 miliardi, più del doppio di quanto sborsato un anno prima, e ovviamente il giocatore è ben felice di passare in un club fresco di vittoria della Champions, ma poi il quadro cambia. Come racconta lo stesso giocatore la Juve annusa di poter fare un super affare: prenderlo a zero, così i dirigenti bianconeri chiedono di fare un altro anno a Vicenza senza rinnovare e andando a scadenza. Lui è un bravo ragazzo e rifiuta: “Grazie al Vicenza ero arrivato in Italia, volevo che ci guadagnassero anche loro”, e dunque firma coi Rangers di Glasgow, sempre per 5 miliardi.
Più tardi diventerà pilastro del Valencia prima con Ranieri e poi con Cuper, sfiorando la vittoria del campionato. Ormai in fase calante tornerà, chiamato sempre da Gasparin, a Venezia, per una fugace apparizione che si concluderà con la retrocessione dei lagunari, ma in Joachim resterà sempre vivo il ricordo di quel Vicenza terribile e di quegli attaccanti fermati. Infatti quando ha dovuto fare un regalo al figlio non ci ha pensato due volte: una maglia biancorossa.