Lo scrittore Antonio Scurati, ospite di Lilli Gruber assieme a Andrea Orlando, rimprovera Orlando di aver usato il concetto di “transizione ecologica”, definendolo incomprensibile ai più. Ha ragione Scurati, anche se il termine dovrebbe essere perfettamente comprensibile a chi abbia un minimo di cultura. È tragico, invece, che quel minimo di cultura, di solito appreso nei percorsi di formazione, non permetta di capire il concetto di transizione ecologica. Non siamo attrezzati culturalmente per comprenderlo. Non conosciamo la differenza tra ecologi ed ecologisti, o tra animalisti e biologi della conservazione.

La parola sostenibilità ha significati diametralmente opposti per un economista e un ecologo. Parentesi: la sostenibilità ecologica conviene anche economicamente, perché i costi economici della distruzione del capitale naturale sono superiori, nel medio e lungo termine, ai guadagni economici derivanti dalla distruzione stessa. Ma questo concetto è troppo difficile per chi non sa di economia o per gli economisti mainstream (quelli che fino ad ora hanno gestito l’economia).

Papa Francesco, in Laudato Si’, parla di conversione ecologica. I Francescani del Salento, persone di grande sensibilità e cultura, quando fu pubblicata l’Enciclica mi chiesero di passare una giornata con loro per spiegarne i concetti, confermando l’affermazione di Scurati. Le parole più comuni sono biodiversità ed ecosistemi che, pur avendo un suono familiare, sono poco comprensibili dai frati. La cultura che avevano sviluppato non li metteva in grado di comprendere fino in fondo il messaggio del Pontefice.

E così passai un giorno intero con loro, leggendo passo passo tutta l’enciclica e spiegandone i risvolti ecologici. Arrivai a rendermi conto, così, che nel capitolo 22 non si spiega correttamente il funzionamento di un ecosistema (Francesco dimentica i batteri…) ma capii anche che, con qualche correzioncina, se si insegnasse l’Enciclica nelle ore di religione che sono previste dalle elementari al liceo, gli studenti riceverebbero una solida infarinatura su come è fatto e come funziona l’ambiente e su quali siano le nostre responsabilità nell’alterarlo. E già, perché la sostenibilità (che si basa sulla conoscenza dei sistemi da gestire) non fa parte dei programmi scolastici. E quindi se si usa il concetto di “transizione ecologica” nessuno capisce, come giustamente fa notare Scurati.

Non è che si capissero meglio i politici del passato. Penso alle convergenze parallele di Moro. Le supercazzole sono state sempre un mezzo potentissimo, distrutto da Berlusconi e da Bossi con il loro populismo di bassa lega: meno tasse per tutti!!! Roma ladrona!!!! E tutti capiscono. Non parliamo di “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Arriva Padoa Schioppa e prova a far capire che “le tasse sono una cosa bellissima” e lo crocifiggono all’istante.

Il problema di farsi capire è enorme. Le vedo anche dai commenti ai miei post. Ognuno capisce quel che gli pare. Indipendentemente da quel che scrivo. E ora provo a spiegare che significa transizione ecologica. Transizione significa che si deve passare da un posto a un altro, si deve transitare. Ecologica significa che il transito deve prevedere un rispetto per l’ambiente (l’ecologia studia l’ambiente) che non è presente nel luogo da cui si parte e che deve essere invece presente nel luogo dove si arriva. La transizione ecologica richiede la conversione ecologica perché, prima di transitare, bisogna capire (convertendosi) che il transito è necessario.

E l’economia dove la mettiamo??? Mi diranno i miei commentatori! Si fa presto a invocare l’ecologia. Poi si perdono i posti di lavoro e le aziende falliscono. Spiegazione: la transizione ecologica prevede fortissimi investimenti di riqualificazione del territorio e di innovazione tecnologica che ci permettano di produrre e consumare senza devastare il capitale naturale. Ci stanno anche dando i soldi per farlo: il new green deal ha questo obiettivo!!!! E i guai economici in cui ci troviamo dipendono dall’impostazione dei sistemi di produzione e consumo attualmente esistenti. Dobbiamo transitare da questi a sistemi di produzione e consumo che, per far crescere il capitale economico, non distruggano il capitale naturale, sociale e umano. Perché se si fa così poi crolla anche il capitale economico.

Non bastano i soldi per restituirci la salute o un ambiente naturale sano. L’economia dipende dalla natura, e non viceversa.

Ecco, non siamo attrezzati culturalmente a capire queste cose. Proprio come Jessica Rabbitt, noi non siamo cattivi, ci disegnano così. Un po’ dei soldi del recovery fund, o come si chiama ora, dovrebbero essere investiti per inserire corsi di sostenibilità (ecologica, sociale, economica) in tutti i percorsi formativi, dalle elementari all’università, perché se la necessità di una transizione ecologica non è compresa dalla maggioranza delle persone, il cambiamento non ci sarà.

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