Era il 2007 quando i fratelli Coen licenziavano uno dei loro film più belli: Non è un paese per vecchi. In Italia, potremmo adattare il titolo del film agli orsi, ma anche ai lupi, alle aquile reali e ad altre specie animali, più o meno rare. Qui voglio per il momento soffermarmi sugli orsi, in particolare su quelli del nord-est, che sono poi quelli che hanno fatto più notizia (purtroppo per loro).

Prima, un po’ di storia. Correva l’anno 1996 quando nacque e fu attuato il Progetto Life Ursus, che aveva per oggetto la reintroduzione della popolazione di orso bruno del Brenta. Il progetto era finanziato dall’Unione Europea, promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (Ispra).

Fu così che vennero reintrodotti sul Brenta dieci esemplari di ambo i sessi provenienti dalla Slovenia. Il fine era di ricreare in 20-40 anni una popolazione stabile di orsi di 40-50 individui. L’attuazione del progetto fu accompagnata da un sondaggio di opinione svolto su 1500 abitanti dell’area che sarebbe stata frequentata dai plantigradi, pari a ben 1700 kmq. Il 70% degli intervistati si disse favorevole alla reintroduzione.

Tutto bene, dunque? Come ci raccontano anche le cronache, decisamente no. Cioè, gli orsi si trovarono a loro agio e si riprodussero, raggiungendo un numero aggirantesi sui cinquanta esemplari, ma a quel punto cominciarono i guai, cioè i conflitti con l’uomo. Risultato: sono la bellezza di 26 gli orsi monitorati morti al 2017. A questi si devono aggiungere tre orsi sconosciuti morti nello stesso areale, a cui si devono aggiungere altri undici orsi di cui non si ha più traccia. Dei 26, due sono stati uccisi dalla mano pubblica: nel 2014 Daniza, a causa di un maldestro tentativo di narcosi (!) e nel 2017 KJ2, per la cui uccisione pende un procedimento penale contro l’ex presidente della Provincia, Ugo Rossi.

Contemporaneamente, l’uomo ha avuto la bella pensata di metterne anche tre in galera, cioè nel recinto del Casteller (0,8 ettari a disposizione…). Questa è la fine che hanno fatto l’orsa DJ3, figlia di Daniza, in galera da dieci anni, e gli orsi M49 (non ha mai aggredito nessun uomo, eppure è stato castrato e rinchiuso nel recinto da cui è evaso ben due volte, da cui il soprannome “Papillon”) e M57 (reo di avere aggredito un carabiniere).

Last but not least, l’orsa JJ4 – per la quale l’attuale presidente della Provincia, Maurizio Fugatti, aveva firmato l’ordinanza di abbattimento perché aveva aggredito due cacciatori, padre e figlio – è stata per il momento salvata dal Tar su ricorso delle associazioni ambientaliste/animaliste. Da sottolineare che l’orsa JJ4 non aveva mai aggredito alcuno nonostante sia anziana, e che quando ha aggredito aveva tre cuccioli da accudire.

Dalla triste storia si ricava innanzitutto una supposta morale, e cioè che quel 70% di intervistati entusiasti di cui sopra probabilmente pensavano agli orsi di peluche e non già ad esemplari di carnivori che misurano circa un metro di altezza, due metri di lunghezza, di alcuni quintali di peso, e che possono percorrere diverse decine di chilometri al giorno.

Ma se questa è appunto una supposizione, c’è invece una realtà, e cioè che l’uomo in questa vicenda (ma non diversa è quella del lupo) mostra il lato peggiore del suo antropocentrismo, che si traduce nello specifico nella frase “la terra è mia e l’orso un ospite”, dimenticando che l’orso vive sulla madre Terra da un milione di anni. C’è una bellissima immagine che circola in rete con un cervo che attraversa una strada nella foresta e il commento: “Non fidarti delle apparenze. Non è il cervo che attraversa la strada, ma è la strada che attraversa il bosco”.

Finché non si entrerà dentro questo abito mentale che gli animali hanno lo stesso diritto di esistere di noi umani e di avere a disposizione i loro territori, si continuerà nell’impari lotta che porta ad ammazzare e imprigionare gli animali. La stessa che sta causando la sesta estinzione di massa.

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