In un momento di grande incertezza economica e di profonda crisi, le piccole imprese stanno sviluppando una propensione al turnover dei dipendenti mai vista in precedenza. Un malessere gestionale che incide fortemente sulla perfomance reddituale. Quello che so, per esperienza professionale e per le ricerche effettuate sull’argomento, è che in molti casi le persone che hanno collaborato in passato poi, nei momenti di difficoltà, lavorano meglio insieme di quelle che non lo hanno mai fatto.
Significa capire che coltivare la familiarità nei momenti di depressione economica è nell’interesse della piccola impresa, perché i team con buona familiarità, proprio nei periodi di crisi, hanno performance migliori. La maggior parte delle piccole organizzazioni farebbe bene a tenere nella propria cassetta degli attrezzi questo semplice ma potente principio da utilizzare nelle fasi di crisi.
Qualche tempo fa ho incontrato un chirurgo ortopedico noto come l’Henry Ford dei trapianti di ginocchio, che mi chiedeva una consulenza in merito alla valutazione della efficienza del suo team in un determinato periodo di crisi. Dall’analisi effettuata emergeva che mentre la maggior parte dei chirurghi impiegava una o due ore per sostituire un ginocchio, questo dottore completava regolarmente la procedura in venti minuti. Cosa contribuiva, aldilà di altri aspetti tecnici e professionali, particolarmente alla sua velocità?
A differenza della maggioranza dei suoi colleghi, il cui staff di infermieri e anestesisti cambiava di continuo, quel chirurgo aveva un team in cui vi erano infermieri che lavorano con lui anche da 18 anni. Ciò gli permetteva di sostenere che ben pochi dei suoi metodi di lavoro sarebbero stati praticabili in periodi di sostanziale e generale sconforto senza la dimestichezza che deriva dal lavorare ogni giorno con le stesse persone. I piccoli imprenditori sono intuitivamente consapevoli del fatto che la familiarità di un team di lavoro (l’esperienza e consuetudine che le persone accumulano lavorando insieme) può influenzare la performance.
Ma poi si lasciano prendere dalle tensioni della crisi, non riescono a quantificarne i benefici, e i danni che producono sono molto più profondi di quanto non creda la maggior parte di loro che possono e devono sfruttare di più il fattore familiarità, specialmente in un momento in cui i team di lavoro sono costantemente creati, smantellati e riorganizzati.
Per raggiungere quest’obiettivo bisogna superare due ostacoli:
1) molti piccoli imprenditori credono, spesso mossi dall’istinto, troppo nell’utilità di mescolare i gruppi di lavoro per evitare la stagnazione, già di per sé imperante nelle fasi di recessione economica, e garantire freschezza di pensiero;
2) realtà come costi, necessità di sviluppo, limiti di mobilità e i rapporti di “politica interna” (le piccole imprese sono prevalentemente a conduzione familiare) spesso ostacolano la creazione di un clima di familiarità durante una congiuntura sfavorevole.
Sto cercando di dire quanto e come la performance aumenti con la familiarità di un team, specialmente nei casi in cui il lavoro in una piccola impresa si articoli nei periodi di crisi su più progetti contemporaneamente dando vita ai cosiddetti team “fluidi”, ovvero frequentemente formati e ricombinati. Ma perché la familiarità in una piccola impresa determina un effetto così forte? Ci sono quattro fattori primari responsabili:
1) Coordinare le attività. I team composti da poli-specialisti (in una piccola impresa si diventa necessariamente esperti di tutti i processi) sono famosi per la loro incapacità di portare a termine le cose perché tra i membri spesso si genera cattiva comunicazione, conflitto e confusione. La familiarità può aiutare un gruppo a rimuovere questo ostacolo: una volta che un team ha imparato come e quando comunicare su un progetto, può applicare il progetto ai progetti successivi.
2) Reagire al cambiamento. Ai team, durante le fasi di recessione, viene sempre più spesso richiesto di cambiare direzione a metà di un progetto per via della pressione della concorrenza o di spostamenti nelle preferenze dei consumatori. Questo genera stress e richiede flessibilità. La familiarità genera piattaforme emotive condivise sulle quali un gruppo può appoggiarsi per andare incontro a questo tipo di richieste.
3) Integrare conoscenze per innovare. Le soluzioni innovative (necessarie per uscire dalla crisi) nascono tipicamente dalla combinazione di conoscenze pregresse. Perché questo avvenga in un team, i membri non solo devono scambiarsi informazioni specifiche, ma anche integrare quelle informazioni isolate. La familiarità aiuta i membri di un gruppo a scambiarsi informazioni e a comunicare con efficacia, aumentando la probabilità di integrazione delle conoscenze e quindi di soluzioni innovative.
4) La concorrenza non può rubare valore. Le organizzazioni costruiscono vantaggi competitivi quando creano capacità che i loro concorrenti non riescono a replicare. I team dotati di familiarità sono una chiave di questo tipo di vantaggio, perché il concorrente non può replicare le capacità di un gruppo portandosi via un solo membro. La performance di ogni membro di un gruppo dipende da quella degli altri.
Si badi bene, però, che questo non significa che i dipendenti che si conoscono meglio debbano essere sempre messi a lavorare insieme. Di contro nelle fasi in cui non c’è crisi occorre favorire l’apertura all’inconsueto e all’insolito. Perché il rischio è quello della stagnazione e della fissità che sappiamo bene non è mai generativa né produttiva. Rischia di automatizzare e di conseguenza disumanizzare il processo. Qualunque esso sia.