Pronto mi passa il sindaco? “Non è possibile mi spiace, si è appena dimesso”. Accidenti, ha un suo contatto? “Non guardi mi spiace, qui in Comune non si è mai visto”. Carbone, paese di meno di 600 abitanti in provincia di Potenza, lunedì si era svegliata con un sindaco e martedì già non l’aveva più: si era subito dimesso insieme ai sette consiglieri di maggioranza tra i 10 eletti, aprendo così la strada al commissariamento fino a nuove elezioni. L’Italia delle mille furbizie per un giorno ha la sua capitale nel cuore del Parco del Pollino, in Basilicata, dove sono andati al voto 22 comuni ma solo 21 hanno poi trovato il proprio sindaco.
Non a Carbone, dove il candidato Vincenzo Scavello con 78 voti, pari al 78% di consensi, si era aggiudicato per un giorno il municipio “chiavi in mano”. Perché in realtà era noto per non averci mai messo piede, neppure per un caffè. Nessuno lo conosceva. Scavello, 58 anni di Messina, faceva parte di una delle due liste ammesse “da fuori”, cioè con candidati provenienti da altre regioni. Si era presentato con la lista “Onesti e liberi”, nessuno dei 567 abitanti sapeva chi fosse prima di leggerne il nome sulla scheda, in paese non s’era mai visto al pari dei consiglieri eletti.
La Gazzetta del Mezzogiorno, che ha sollevato il caso, senza andar per il sottile, li aveva tacciati d’essersi candidati nel piccolo paese del Serrapontano “più che altro per avere aspettative retribuite durante la campagna elettorale”. Il fenomeno è noto e ricco di precedenti con protagonisti carabinieri, poliziotti e finanzieri. Nel 2018 aveva fatto scalpore il caso di Capodimele, vicino a Latina, con le liste infarcite di agenti. Solo a Verona gli addetti del comparto difesa-sicurezza candidati erano 40. Con un solo obiettivo: l’aspettativa pagata dallo Stato. Magari non è così, ma da che la notizia e le polemiche hanno preso piede a Carbone, gli eletti si sono dileguati lasciando al municipio che dovevano amministrare giusto la lettera di dimissioni. Quindi arriverà un commissario nominato dal Prefetto di Potenza.
Il bello, si fa per dire, è che è tutto perfettamente legale. Per i Comuni con popolazione inferiore a 15mila abitanti, se è presente una sola lista, serve il quorum del 50% + 1 dei votanti. Invece con due liste non c’è il quorum, basta un solo voto valido per eleggere il sindaco. Insomma, ci vuol poco. E infatti le liste “straniere” erano addirittura due. Insieme agli “Onesti e liberi” c’era “L’Altra Italia”, composta da soli residenti in Puglia capitanata da tal Antonio De Lorenzo, nato a Giuggianello in provincia di Lecce, ma candidato sindaco a Carbone. Dove ugualmente non aveva mai messo piede, ma rivendicando le candidature esterne questa scelta come “cifra” della sua lista: nel 2018 si era presentata Gagliole (Marche) senza prendere un solo voto e l’anno scorso a Tufana (Molise) dove ne racimolò ben due. “Per statuto il nostro movimento, che non conta carabinieri o poliziotti, prevede che la prima esperienza consiliare avvenga fuori dal proprio territorio per evitare connivenze con le mafie, che purtroppo ci sono ovunque anche nei piccoli comuni”.
Sarà, di fatto a Carbone nessuno lo conosceva più del rivale, perché entrambi non ci hanno mai messo piede. Laconico il commento del sindaco uscente raccolto dall’Adnkronos. “E’ un fatto grave presentare delle liste se non c’è una volontà di amministrare” si sfoga Mario Chiorazzo, che per 15 anni ha fatto il sindaco esaurendo i mandati. ”C’è amarezza – sottolinea – perché speravo di consegnare la fascia tricolore a un cittadino di Carbone, invece non ho nemmeno potuto fare il passaggio di consegne perché in brevissimo tempo erano già andati via tutti. Ora mi auguro a Carbone un impegno, soprattutto da parte dei giovani, per riprendere in mano la vita amministrativa del proprio Comune”.
Per Chiorazzo occorre una modifica legislativa. ”Ribadisco, è legittimo presentarsi, pure se non si è residenti – aggiunge – ma basta una piccola modifica. Siccome per i Comuni sotto i mille abitanti non serve il numero di sottoscrittori della lista, basterebbe prevedere anche un minino di firmatari, 20 ad esempio. In questo modo si evita che persone di altre regioni, non interessate ad amministrare, vengano qui a presentare le loro candidature”.