Il gruppo dell'auto è accusato, in un processo che va avanti da anni, di aver agevolato le persecuzioni dei militanti politici che lavoravano nella controllata brasiliana in cambio di una politica salariale conveniente. Il denaro della transazione, secondo i media tedeschi, andrà per metà agli eredi delle 62 vittime e per l’altra metà allo Stato per programmi volti a diffondere la cultura dei diritti umani
Volkswagen ha patteggiato, accettando di pagare 5,5 milioni di danni, per chiudere il procedimento che la vedeva sul banco degli imputati per il suo sostegno e la sua complicità con la dittatura militare in Brasile tra il 1964 e il 1985. A dare la notizia della firma dell’accordo tra il procuratore brasiliano e l’azienda automobilistica di Wolfsburg sono il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung, la radio Ndr e la tv Wdr. Il gruppo tedesco è accusato, in un processo che va avanti da anni, di aver agevolato le persecuzioni dei militanti politici che lavoravano nella controllata brasiliana in cambio di una politica salariale conveniente. Il denaro della transazione sarebbe ripartito in modo da andare per metà agli eredi delle 62 vittime e per l’altra metà allo Stato che dovrebbe impegnare i restanti 2,5 milioni in programmi volti a diffondere la cultura dei diritti umani e documentare i fatti accaduti nelle fabbriche.
Intanto sempre venerdì l’ex ceo di Volkswagen, Martin Winterkorn, è stato imputato anche di manipolazione di mercato nel procedimento penale legato allo scandalo del Dieselgate. Deve già rispondere di frode commerciale organizzata, evasione fiscale, frode aggravata, abuso d’ufficio e violazione della legge contro la concorrenza sleale. Secondo la procura tedesca l’ex numero uno del colosso automobilistico non avrebbe informato i mercati, in tempo utile e nel rispetto delle disposizioni di legge, delle conseguenze dello scandalo nonostante fosse venuto a conoscenza dell’installazione di dispositivi illegali per la manipolazione delle emissioni inquinanti in circa 500mila veicoli commercializzati negli Stati Uniti e del relativo rischio finanziario connesso a possibili richieste di risarcimento danni. Winterkorn è, in particolare, accusato di “non aver intenzionalmente informato il mercato dei capitali” dei rischi nonostante fosse venduto a conoscenza dell’illecito già nella primavera del 2015. La manipolazione delle emissioni, costata al costruttore tedesco oltre 30 miliardi di euro tra spese legali e altri oneri, è stata rivelata dall’Epa, l’agenzia statunitense per la protezione ambientale, nel settembre dello stesso anno e pochi giorni dopo i tedeschi hanno ammesso tutte le loro responsabilità.