Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Elena Germani, psicologa-psicoterapeuta, che in questi mesi, dal suo studio di Codogno, ha fornito supporto a molti abitanti dei Comuni in quarantena: "Quello che abbiamo vissuto è stato un evento traumatico, ma non ha gli stessi effetti su tutte le persone". E se non lo si affronta, il problema "potrebbe diventare cronico"
“La politica finora si è concentrata sugli effetti economici della pandemia” e non “su quelli psicologici”. Ma “quello che abbiamo vissuto è stato un evento traumatico”, e “purtroppo molte persone si vergognano e quindi non chiedono aiuto”. Per loro, per tutti noi, “non è stato previsto ancora un sostegno”. Parla Elena Germani, psicologa-psicoterapeuta, che dal suo studio di Codogno, la cittadina del Lodigiano dove a febbraio scorso è stato scoperto il paziente 1, ha fornito supporto a molti abitanti dei Comuni in quarantena. Persone impaurite, pazienti che avevano contratto il virus, personale sanitario che ha vissuto sulla propria pelle le devastanti conseguenze del Covid-19.
Da febbraio sono state molte le persone che si sono rivolte a lei per problemi legati al Coronavirus?
Da febbraio fino ad aprile circa, ho lavorato soprattutto per via telefonica o tramite videochiamate. Alcune persone hanno proprio chiesto un percorso a causa del virus: questa esperienza ha risvegliato delle problematiche prima sopite, o comunque ansie prima tenute sotto controllo e poi, con la preoccupazione per il virus e la quarantena forzata, esplose.
Sono state di più le persone effettivamente colpite dal virus o quelle che invece hanno manifestato stati d’ansia legati all’emergenza sanitaria e alla quarantena?
Le persone che mi hanno contattato e che seguo tuttora con sostegno psicologico hanno contratto il virus e poi sono guarite, ma non hanno ancora elaborato pienamente ciò che è accaduto. Hanno soprattutto difficoltà nel dormire, incubi notturni, frequenti risvegli e poi tanta paura del contagio. Quindi mettono in atto comportamenti che nella loro convinzione li proteggeranno dal virus: limitano le uscite, disinfettano tutto… anche la spesa prima di riporla in casa. Ci sono poi anche richieste di coppia, o individuali relative a problemi di coppia, perché la convivenza forzata ha reso più evidenti le difficoltà e ha portato a galla problemi che prima venivano ignorati o tollerati. Finché si stava fuori casa tutto il giorno perché si lavorava e c’erano altre distrazioni, si potevano sopportare, mentre con la quarantena forzata sono esplosi.
Ho letto un post sulla tua pagina Facebook sulla grande rimozione di massa di questa pandemia. Ci spieghi la tua posizione su questo aspetto?
Si riferisce al fatto che la politica è stata molto concentrata sul lato economico, per carità importantissimo. Però si è ignorato che quello che è successo, sia il lockdown che il post lockdown, ma anche i problemi economici derivanti da tutto questo, possono avere effetti sul lato psicologico. Non è stato previsto un sostegno da questo punto di vista e chi dovesse sentire una necessità si deve attivare da solo. Quello che abbiamo vissuto è stato un evento traumatico, ma non ha gli stessi effetti su tutte le persone. Abbiamo capacità di resilienza, plasticità: il nostro cervello col tempo ha la capacità di rielaborare e quindi riprendere e ritrovare una sorta di stabilità. Qualcuno però fa più fatica da solo e quindi avrebbe bisogno di un aiuto, magari anche pochi incontri con uno specialista. Purtroppo molte persone si vergognano e quindi non chiedono aiuto, questo però potrebbe far cronicizzare il problema.
Per quanto tempo dovremo convivere con gli “strascichi” psicologici di questa situazione?
È difficile dare un tempo limite, credo che per molto tempo dovremo gestire gli effetti di quello che è successo. Un po’ perché molte persone ignorano di aver bisogno di aiuto e vanno avanti come se niente fosse, finché arrivano a un livello per cui per una minima cosa riaffiora tutto. Oltre al fatto che non sappiamo oggettivamente quando verrà trovato un vaccino, cosa succederà il prossimo autunno. È tutto un clima di incertezza che fa stare sulle spine, come se fossimo in attesa di un’altra catastrofe. Finché non ci saranno certezze la paura resterà nell’aria, qualcuno sarà più colpito e farà più fatica, mentre su altri non avrà grandi ripercussioni.
Si modificherà nel lungo termine il nostro modo di relazionarci con le altre persone? Lo faranno solo alcune persone, mentre altri preferiranno rimuovere tutto?
Credo che questa epidemia non abbia fatto altro che accentuare quello che già c’era. Chi era “buono” e tollerante verso gli altri in modo genuino, si è rinforzato; chi invece era più auto-centrato e non particolarmente incline all’essere buono con gli altri, non ha imparato ad essere tollerante, anzi sono emersi molti “giustizieri”, che non sono riusciti a prendere in considerazione il punto di vista dell’altro. Ad esempio, durante il lockdown ricordo il caso di una donna insultata perché andava in giro in auto: in realtà era un’infermiera che stava andando a lavorare.
Foto di Febbraio 2020