Da qualche giorno la CostaAzzurra e tutte le regioni della Francia confinanti con l’Italia sono precipitate nell’allerta rossa per il contagio e, a norma di legge, per rientrare in Italia dovrebbe essere obbligatorio per tutti l’esito negativo di un tampone Covid effettuato 72 ore prima. Esentati solo gli oltre 7.000 lavoratori frontalieri e chi ha urgenti e comprovati motivi di salute o familiari per attraversare il confine. Eppure, questo provvedimento che significherebbe un ritorno ai giorni del lockdown del marzo scorso, al confine non l’ha recepito nessuno. Gli operatori dell’Asl 1 imperiese non sono attrezzati per fare i tamponi veloci, e gli agenti di polizia di frontiera non hanno ricevuto ordini di effettuare i controlli.
“Tutto è lasciato al buon senso delle persone – spiegano dalla Asl – che quando entrano in Italia, se privi di certificato con esito negativo del test – dovrebbero contattare l’Asl per autodenunciarsi e attendere in isolamento domiciliare volontario l’arrivo del tampone entro le 48 ore, restando comunque in quarantena fino all’arrivo dell’esito”. Per l’economia di frontiera questo significherebbe rinunciare ai 30.000 francesi che si recano in Italia per poche ore durante il weekend, che sicuramente non si sottoporrebbero a una trafila lunga – se effettuata nel pubblico – o molto costosa – rivolgendosi ai pochi laboratori privati attivi. “Chiediamo chiarezza al Ministro Speranza – attacca il sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino – fare controlli a tappeto significherebbe ammazzare definitivamente l’economia delle città dell’estremo ponente ligure”. A commercianti e politici del territorio il numero spaventoso di contagi in Francia (+10.000 nella sola giornata di ieri), per ora, sembra spaventare meno delle ripercussioni economiche che potrebbe avere un blocco della frontiera: “Ce l’hanno detto per mesi, bisogna riuscire a ‘convivere’ con il virus, quindi mascherine, distanziamento e sanificazioni – rilancia Scullino – ma non chiudete tutto se no qui siamo finiti”.