“C’è un attacco legalizzato ai nostri fiumi e la colpa è soprattutto della mala manutenzione dei corsi d’acqua “. La denuncia arriva da Wwf Italia che, in occasione della XV edizione della Giornata mondiale dei fiumi, presenta il suo dossier SOS fiumi.Manutenzione idraulica o gestione fluviale?, in cui sottolinea come in Italia soltanto il 40% dei corsi d’acqua sia in buono stato ecologico, come richiesto dalla Direttiva europea Quadro Acque. Continuano infatti “ad essere autorizzati dalle Regioni interventi di taglio indiscriminato della vegetazione ripariale e/o di dragaggio (ripulitura, ndr) dei letti con la scusa di renderli più sicuri. Azioni in aperto contrasto con le direttive europee ma anche con la recente ‘Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030′, che afferma che occorre adoperarsi di più per ristabilire gli ecosistemi di acqua dolce e le funzioni naturali dei fiumi”. E uno dei modi per farlo, secondo Wwf, consiste nell’eliminare o adeguare le barriere, che impediscono il passaggio dei pesci migratori e nel migliorare il flusso libero dei sedimenti. Per questo l’organizzazione ambientalista ha l’obiettivo di ristabilire lo scorrimento libero di almeno 25mila chilometri di fiumi, entro il 2030.

Nel dossier il Wwf ha inoltre analizzato 26 recenti casi di mala-manutenzione, dove con gli interventi si è stravolto l’ecosistema fluviale, distruggendo habitat naturali e spesso peggiorando anche la sicurezza idraulica. Un esempio è quello del fiume Savena in Emilia Romagna dove, “a seguito di un intervento devastante, è stato distrutto il bosco ripariale per quasi 12 chilometri, aumentando anche il rischio idrogeologico: rami, tronchi e altro materiale accumulatosi lungo il letto non sono stati rimossi, perché non avevano valore economico, mentre sono stati tagliati migliaia di alberi, il cui valore economico è alto: la commercializzazione del legname da parte della ditta di manutenzione è in genere consentita ed è detratta dal costo di intervento, per cui più si taglia lungo la fascia fluviale e più si guadagna”. Con il risultato, spiega Wwf, che è aumentata l’erosione delle sponde, è stata ridotta la capacità di “cattura” del materiale trasportato dal fiume durante le piene e, infine, si è determinato un maggior accumulo di materiale, rispetto alla situazione pre-intervento, alla base dei piloni dei ponti rendendoli così più vulnerabili.

L’organizzazione ambientalista chiede dunque di cambiare rotta, di adeguarsi alle direttive europee, considerando fiumi, laghi e zone umide come ambienti naturali che forniscono importanti servizi all’ecosistema e che la loro tutela e corretta gestione è fondamentale per garantire l’uso delle acque in generale. La manutenzione è necessaria, sottolinea il Wwf, ma deve essere mirata, basata su criteri ecologici, svolta dove è utile e seguendo modalità e piani redatti con il coinvolgimento di geologi, forestali, ingegneri ambientali e biologi. Purtroppo, conclude, “prevale ancora un approccio esclusivamente idraulico, mentre dovrebbe essere considerato l’ecosistema acquatico nel suo complesso e la necessità di preservarlo e gestirlo anche per migliorare la sicurezza dei nostri fiumi”.

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