Può perossido di idrogeno (l’acqua ossigenata) ridurre il tasso di ospedalizzazione e le complicanze dell’infezione da Sars Cov 2? È la domanda che dà il titolo a una lettera di un pool di ricercatori napoletani alla Infection Control & Hospital Epidemiology della Cambridge University pubblicata il 22 aprile scorso che invitavano a avviare studi di verifica. A cinque mesi la proposta dei ricercatori rimbalza su diversi media italiani e diventa un trend di lettura. Quello che può sembrare assurdo ovvero l’uso dell’acqua ossigenata nella profilassi del coronavirus è un banalissimo suggerimento per la disinfezione delle mucose dell’orofaringe e del naso che come abbiamo imparato sono le vie di ingresso di Sars Cov 2. Le proprietà antisettiche dell’acqua ossigenata, usata spesso anche per disinfettare piccole ferite, sono note a tutti e ovviamente alla comunità scientifica. “Il perossido d’idrogeno – spiega Antonio Del Prete, docente di Oftalomologia all’Università Federico II – come antisettico del cavo orale, mediante regolari sciacqui della mucosa orale (concentrazione al 3 per cento) almeno tre volte al giorno, e allo 1,5 per cento mediante nebulizzazione delle cavità nasali, e infine l’utilizzo dello iodopovidone allo 0,6 per cento istillato come collirio 2 volte al giorno, possono risultare particolarmente efficaci nella prevenzione dell’infezione generata da quello che è noto come coronavirus”.

L’articolo, a firma anche di da Arturo Armone Caruso, Antonio Ivan Lazzarino, Lucia Grumetto e Roberto Capaldi, medico, suggerisce che da studi sul comportamento del virus è emerso che questo “staziona”sul muco che ricopre le cellule epiteliali per poi progredire fino a esse e replicarsi. È proprio in questa fase che il virus è più debole e può essere aggredito prima che raggiunga la mucosa tracheale, che, come dimostrato da studi sui macachi, avviene dopo circa due giorni dall’infezione. Secondo i ricercatori “l’ efficacia del perossido di idrogeno è da ricondursi non solo alle sue ben documentate proprietà ossidanti e di rimozione meccanica, ma anche grazie all’induzione della risposta immunitaria innata antivirale mediante sovraespressione del TLR3 (Toll Like 3), riducendo pertanto complessivamente la progressione dell’infezione dalle alte alle basse vie respiratorie”.

I ricercatori suggeriscono l’uso dell’acqua ossigenata “subito dopo la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi presunta di Covid e durante la malattia a casa in quarantena o nei pazienti ospedalizzati che non richiedono cure intensive. “Nessun danno è stato osservato” scrivono i ricercatori dopo i gargarismi. La lettera si chiudeva con l’invito a incoraggiare studi sull’efficacia della disinfezione tramite acqua ossigenata.

La lettera dei ricercatori

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