Hakimi, Vidal, Sanchez, Sensi, Nainggolan: sabato sera, quando la sua Inter si è ritrovata inaspettatamente in difficoltà contro la bella Fiorentina di Ribery e compagni, Antonio Conte si è girato verso la panchina e gli si è scaldato il cuore. Seduti, uno a fianco all’altro, c’erano almeno cinque giocatori in grado di cambiare la partita. E che infatti l’hanno cambiata. L’anno scorso quando si girava vedeva solo gli occhi speranzosi del ragazzino Esposito. La differenza fra la stagione passata e quella appena cominciata parte da qui.
La prima vera giornata di campionato (domenica scorsa mancavano all’appello tre delle prime quattro dell’ultima classifica) ci consegna anche la prima prova di ciò che ci siamo ripetuti per settimane: l’Inter è più forte. Non solo nella testa, comunque decisiva nel rimontare due volte la Fiorentina, mentre in passato è successo spesso il contrario. Non tanto nell’esperienza o nella tattica: anzi, quella ha lasciato un po’ a desiderare. È proprio più forte, nel senso che ha una squadra evidentemente migliore di quella dello scorso anno.
Il grande limite dell’Inter 2019/2020 è stata la mancanza di un po’ di personalità nelle partite decisive, ma soprattutto di energie, talento, risorse. La società aveva creato uno scheletro di grande squadra, intorno al totem Lukaku Conte ha costruito un undici titolare quasi perfetto. Che però, per forza di cose, non aveva alternative, né negli uomini (impossibile che la società li comprasse tutti subito, anche se era più o meno ciò che pretendeva Conte), né nelle idee. Alla lunga questi limiti sono venuti a galla e si è scavato il gap decisivo con la Juventus, ben più profondo di quanto abbia detto il punticino di distacco finale. Stavolta è diverso.
L’estate 2020 – questo strano calciomercato dove non ci sono soldi, nessuno compra, quindi nessuno riesce nemmeno a vendere – è servita per puntellare la rosa. Con un solo vero grande acquisto, quello di Hakimi, ufficializzato da tempo, un paio di innesti d’esperienza arrivati praticamente a costo zero (Vidal, Kolarov), altrettanti cavalli di ritorno (Nainggolan, Perisic) che sembravano destinati ad essere solo di passaggio ma chissà, vista la mancanza di offerte alla fine potrebbero anche tornare utili. Oggi l’Inter ha la squadra più profonda di tutto il campionato, insieme ovviamente alla Juventus (che forse ha ancora qualcosa in più in attacco, ma anche in meno a centrocampo).
L’esordio con la Fiorentina è stata un’impressionante dimostrazione di forza, al netto di un paio d’incertezze di troppo. Ieri le alternative si chiamavano Esposito, al massimo Borja Valero e Gagliardini. Adesso Conte adesso ha un’artiglieria pesante da schierare dall’inizio o a gara in corso, tutta insieme o a piccole dosi (il famoso turnover, imprescindibile nel calcio moderno). È questa l’arma in più con cui l’Inter può davvero provare a dare l’assalto alla Juventus, che rispetto all’anno scorso ha più incognite e meno certezze (vedi il pareggio fortunato all’Olimpico contro la Roma). Nessuno è perfetto, però, figuriamoci questa Inter che non vince da un decennio.
E che a ben vedere rischia di ripetere gli stessi errori dello scorso anno. Per un centrocampo infinito, pure troppo, c’è una retroguardia insolitamente sguarnita: dopo la cessione di Godin (per questioni di ingaggio), quella di Skriniar (questioni di plusvalenze) sarebbe imperdonabile. Lì dietro è squillato più d’un campanello d’allarme contro la Fiorentina. Mentre davanti Sanchez resta l’unica alternativa alla coppia Lukaku-Lautaro (Pinamonti ha più spessore di Esposito ma resta solo una riserva): basta un infortunio per finire in emergenza. In fondo, è proprio quello che è successo l’anno scorso: sbagliare è umano, perseverare sarebbe interista.