Prime settimane di lezioni con disagi, e spesso con assembramenti, per studenti e pendolari a bordo dei mezzi. Il sistema trasporti, in queste prime settimane, ha tenuto a fatica, grazie all’avvio a rilento e scaglionato delle scuole e agli orari ridotti. Grazie anche alle famiglie che hanno preferito accompagnare i figli a scuola in automobile e allo smart working.
Disagi a macchia di leopardo in tutta Italia, dove i passeggeri restano anche a piedi per rispettare i limiti di carico dell’80% dei posti sugli autobus quando il distanziamento a bordo viene fatto rispettare. La prova del nove ci sarà al giro di boa della seconda settimana di lezioni, quando gli orari e i turni degli istituti, le corse di treni e autobus urbani e extraurbani saranno a regime.
Gli istituti, per garantire il distanziamento e lo svolgersi delle lezioni nella massima sicurezza, hanno suddiviso le attività in tre fasce. A rotazione, due terzi degli studenti faranno lezione in presenza, scaglionati in due turni d’ingresso e di uscita dalla scuola, mentre l’altro terzo farà lezione a distanza. Se la scuola ha fatto i suoi passi, riducendo sensibilmente la concentrazione di studenti come negli anni passati (tutti dentro e fuori alla stessa ora), ora tocca alle aziende di trasporto essere più flessibili.
Solo di recente si è chiarita la diatriba sul rimborso degli abbonamenti mensili inutilizzati durante i mesi di marzo, aprile e maggio. C’è voluto addirittura un decreto legge 34/2020, secondo cui “il rimborso viene erogato sotto forma di voucher da utilizzare per l’acquisto di un nuovo abbonamento analogo a quello precedente o di durata superiore intestato alla stessa persona”. Ma il sistema tariffario non è a totale competenza regionale e provinciale? Perché non adottare, vista l’emergenza e le incertezze, abbonamenti settimanali anche per gli studenti – oggi praticamente inesistenti – allargando il ventaglio del sistema tariffario e rendendolo più flessibile?
Che fine ha fatto il federalismo dei trasporti, almeno sotto il profilo tariffario? A cosa servono le agenzie della mobilità se esse si occupano solo di proroghe degli affidamenti diretti (è il caso di Atac e Atm, fino alle più piccole aziende comunali) e di chiedere soldi al governo? Durante questa lunga attesa, viste le incertezze future dell’evoluzione della pandemia, le famiglie hanno preferito evitare l’acquisto dei titoli di viaggio mensili e annuali. Idem per molti lavoratori pendolari che non possono continuare il telelavoro e, nell’incertezza, usano l’auto privata (meno rischi contagio in viaggio e nessun rischio recupero spese abbonamenti) per recarsi sul posto di lavoro.
Se in classe le misure di distanziamento e di prevenzione sono rigorose, il paradosso è appena fuori dalla scuola, quando sui mezzi di trasporto scatta il “liberi tutti” con autobus e treni sovraffollati. Le aziende di trasporto accusano i direttori scolastici di non rispettare le turnificazioni programmate dei flussi d’ingresso e delle uscite. I direttori scolastici, a loro volta, accusano le aziende di trasporto di non essere all’altezza delle nuove necessità.
E’ indispensabile il potenziamento delle corse negli orari di punta, utilizzando autobus e autisti anche di operatori privati per superare le difficoltà emerse in queste due settimane. Da una parte le aziende della mobilità si sono trovate impreparate e sempre per niente inclini ad alcun cambiamento organizzativo, dall’altra Regioni e Comuni sono stati spesso a guardare. Data la difficile fase, per rendere più elastici i turni andrebbero prese in esame alcune deroghe temporanee al contratto di lavoro sull’orario di lavoro.
Per scongiurare l’accentuarsi della congestione stradale a causa dell’accompagnamento dei figli a scuola e dei lavoratori che optano per l’auto, l’offerta di servizi pubblici deve migliorare. Questo è un obiettivo comune, a parole condiviso dalle famiglie, dalle imprese, dai lavoratori del settore e dalle Agenzia della mobilità, ma ogni giorno smentito nella realtà.