Depositati i verbali di Scillieri e Sostegni durante l'udienza davanti al Tribunale del Riesame. L'aggiunto Fusco e il pm Civardi non hanno fatto ricorso per chiedere di inasprire la misura cautelare, ma hanno evidenziato che aveva chiesto il carcere perché così le esigenze cautelari potevano essere presidiate in miglior modo. Contrario il parere dell'avvocato difensore di Manzoni e Di Rubba. Sul punto i giudici si sono riservati, hanno cinque giorni di tempo per decidere
Nel lungo interrogatorio di 11 giorni fa Michele Scillieri, il commercialista finito agli arresti domiciliari con i colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Mazoni, e il cognato Fabio Barbarossa, per l’affare del capannone di Cormano rifilato alla Lombardia Film Commissione, avrebbe confermato l’esistenza di un contratto di consulenza e un’annessa fattura redatti apposta (e quindi fittizi) per giustificare un passaggio di denaro da oltre 170mila euro da Andromeda, società riconducibile allo stesso Scillieri, ad Sdc società riferibile a Manzoni e Di Rubba. Un flusso di denaro, quei circa 170mila euro, che per i pm rappresenta una tranche degli 800mila euro drenati dai professionisti dall’ente pubblico attraverso la compravendita gonfiata del capannone. Un elemento considerato importante dagli inquirenti che oggi durante l’udienza davanti al Tribunale del Riesame hanno chiesto che gli indagati restino agli arresti.
Manzoni si era difeso con dichiarazioni davanti ai pm e poi nell’interrogatorio davanti al gip sostenendo di “non avere percepito alcuna somma, in relazione all’operazione immobiliare”. Aveva detto che i circa 178mila euro versati dalla società Andromeda in favore della Sdc riguardavano “un’operazione immobiliare di un terreno in alta Val Seriana, intestato ai Testa, rientrante in un’operazione di ristrutturazione, di qualche anno prima, sul supermarket di questi Testa”. E che quindi non c’entravano con i soldi della vendita del capannone. Gli inquirenti hanno, però, fatto notare a Scillieri nel suo interrogatorio che quel terreno era stato venduto per 250mila euro e che quella vendita non poteva aver generato una consulenza da ben 170mila euro, ossia per un importo così alto e simile al prezzo di vendita. E che la consulenza era stata pagata addirittura dopo il preliminare di vendita del terreno. A quel punto Scillieri, messo di fronte alle contestazioni, ha in sostanza ammesso che quel contratto di consulenza e l’annessa fattura erano fittizi. E che, dunque, sarebbero serviti solo per giustificare un passaggio di soldi da Andromeda a Sdc.
Nell’udienza la difesa dei contabili ha parlato di congruità del prezzo del capannone, mentre l’accusa ha messo in luce gli elementi del quadro probatorio, tra cui il fatto che nella vendita in pratica venditori e acquirenti erano gli stessi soggetti. La Procura non ha fatto ricorso per chiedere di inasprire la misura cautelare, ma ha evidenziato che aveva chiesto il carcere. Già nella richiesta di arresto il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pm Stefano Civardi avevano messo in luce “la capacità di inquinamento probatorio di persone tanto infiltrate nelle istituzioni”, capaci di raggiungere “i piani altissimi della politica a Roma” e avevano chiarito che nelle indagini bisogna ancora “esplorare altri ancor più delicati settori in cui il ‘pool’ di commercialisti ha impiegato la propria professionalità”. Di parere contrario, ovviamente, l’avvocato Piermaria Corso, secondo il quale non esiste la possibilità di inquinamento probatorio o reiterazione del reato. Per questo motivo il difensore di Di Rubba e Manzoni ha chiesto ai giudici la revoca della misura cautelare. Sul punto i giudici si sono riservati, hanno cinque giorni di tempo per decidere.
Al Riesame (collegio Mannocci-Amicone-Peroni Ranchet) i pm hanno anche depositato l’ultimo verbale di interrogatorio del presunto prestanome Luca Sostegni, che sta collaborando coi pm, e appunto quello reso da Scillieri, che intercettato, diceva a proposito di Di Rubba e Manzoni: “Ho imparato che gente sono, se non stai attento ti rubano il pezzo di carta. Hanno ciucciato una montagna di soldi alla Lega. Ma una montagna! Non ti dico i 49 milioni ma non siamo lontani sai? Te lo dico io, perché una parte li hanno mandati (…). Casualmente hanno costituito le leghe regionali e lì hanno dato dei soldi. Dieci milioni. Una parte li hanno mandati su e sono tornati indietro, li hanno cuccati”. I professionisti sono accusati aver venduto a un prezzo ‘gonfiato’ – 800mila euro – un capannone a Cormano, periferia nord di Milano, alla Lombardia film commission, presieduta da Di Rubba. I soldi di quella vendita – sempre secondo l’accusa – arrivarono a società dei tre professionisti e un parte finì pure in Svizzera. E così i fondi pubblici del finanziamento regionale per la Film commission vennero drenati, secondo i pm, per fini privati. Per la difesa, invece, il prezzo di 800mila euro del capannone era congruo e non sovrastimato.