I nuovi scontri tra Armenia e Azerbaigian in Nagorno Karabakh toccano anche gli interessi dell’Italia. Baku è infatti il primo fornitore di petrolio di Roma, particolare che influirà inevitabilmente sulla posizione italiana dopo la recrudescenza del conflitto nel Caucaso meridionale. Sul piatto della bilancia, gli interessi economici potrebbero avere un peso maggiore rispetto ai tradizionali rapporti storico-culturali tra l’Italia e l’Armenia, nonostante la presenza di molte aziende italiane nel Paese.
Economia e storia cozzano nel momento in cui il nostro Paese dovrà in qualche modo mostrare da che parte stare tra le due ex Repubbliche sovietiche, impegnate in una grave escalation del conflitto per la contesa del Nagorno Karabakh. Per ora, sul solco della strategia delle relazioni estere dei nostri governi, l’Italia non ha preso una posizione netta, unendosi alla voce dell’Europa che auspica una gestione politico-diplomatica della crisi.
Da Paese non autonomo a livello energetico, per l’Italia è difficile condannare l’aggressione militare messa in atto domenica mattina dall’Azerbaigian nei confronti della popolazione civile della Repubblica dell’Artsakh, non riconosciuta a livello internazionale: “L’Italia è un Paese strategico per l’Azerbaigian ed ha una memoria istituzionale sul conflitto. In particolare ha interessi vitali per la propria economia”, conferma l’ambasciatore azero in Italia Mammad Ahmadzada. Che aggiunge un dettaglio strategico militare molto importante: “L’Armenia ha avviato le sue operazioni militari a luglio nel distretto sul confine armeno-azero di Tovuz, il territorio interessato dai progetti di infrastrutture per l’energia, non a caso pochi mesi prima dell’entrata in funzione del Corridoio Meridionale del Gas (Cmg). Yerevan persegue un disegno chiaro, ostacolare questi progetti energetici così importanti per l’Europa e, di conseguenza, per l’Italia”.
Non va neppure dimenticato un fattore determinante: a livello geografico e politico il Nagorno Karabakh appartiene all’Azerbaigian, ma dopo la prima parte del conflitto, conclusa nel 1994, quelle terre sono abitate dagli armeni che hanno fondato la Repubblica separatista dell’Artsakh. Detto questo, l’offensiva di domenica scorsa porta la firma di Baku, con bombardamenti anche su obiettivi civili, secondo quanto denunciato dalla controparte.
Il Caucaso resta un terreno di interesse economico di larga scala e il conflitto più lungo del mondo viene monitorato proprio cercando di rispettare i vincoli e i rapporti di forza delle grandi potenze regionali: la Turchia da una parte, in totale appoggio a Baku, al di là delle vecchie questioni del genocidio armeno di oltre un secolo fa, e la Russia dall’altra, vicina a Yerevan.
Nella striscia di terra tra il mar Caspio e il mar Nero scorre la sopravvivenza energetica dell’Europa: petrolio e gas. Dal Tap, che dall’Azerbaigian arriva in Italia attraverso la Puglia, al Cmg, senza dimenticare l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan che dribbla proprio l’ortodossa Armenia e lo sciita Iran, Paesi non graditi alle forze sunnite di Baku e Ankara.
Dovessimo basarci su questi rapporti, effettivamente l’Italia potrebbe strizzare più di un solo occhio al presidente azero Ilham Aliyev. Ne vale della qualità di vita nel Belpaese. Come dimenticare però gli ottimi rapporti con l’Armenia che si perdono nel tempo? La comunità azera in Italia non ha numeri importanti.Diverso il discorso per quella armena, a causa della diaspora seguita al genocidio del 1915. Per non parlare delle testimonianze culturali: “Diverse città italiane hanno santi patroni armeni, come San Gregorio Illuminatore, San Biagio, San Miniato e così via – spiega l’ambasciatrice armena a Roma, Tsovinar Hambardzumyan – Viaggiando per l’Italia, da nord a sud, si possono trovare innumerevoli testimonianze antiche dell’amicizia tra i nostri popoli. Mi limito a citare il primo libro stampato in lingua armena che fu pubblicato proprio in Italia nel 1512. I fili che legano i nostri popoli sono così forti e profondi che dopo l’indipendenza dell’Armenia dall’Urss non c’è voluto alcuno sforzo particolare per stabilire ottimi rapporti interstatali con l’Italia. Apprezziamo l’equilibrio mantenuto dall’Italia nel conflitto per il Nagorno Karabakh, sperando in un mantenimento delle posizioni all’interno della cornice delineata nel Gruppo di Minsk (una struttura operativa creata dall’Osce nel 1992 e dedicata proprio al conflitto in Nagorno Karabakh, ndr)”.
Storia ma non solo. A quanto pare i rapporti tra Italia e Armenia si basano anche sull’economia, sebbene non paragonabili ai volumi espressi a livello energetico con l’Azerbaigian: “Attualmente in Armenia sono presenti più di 170 imprese con partecipazione a capitale italiano – aggiunge la massima rappresentante diplomatica armena in Italia – Cresce l’interesse degli imprenditori italiani nel nostro Paese, gli investimenti effettuati recentemente si riferiscono ai settori del tessile, della ceramica, dell’energia. Negli ultimi due anni il nostro fatturato commerciale è aumentato quasi del 50%. Purtroppo, a causa della pandemia da coronavirus, nella prima metà di quest’anno abbiamo registrato una diminuzione del fatturato commerciale del 21%”.