A 24 ore dalla nomina di Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia e già a capo di Leonardo a presidente del cda,la Guardia di Finanza di Bari ha arrestato per concorso in bancarotta fraudolenta Gianluca Jacobini, ex condirettore generale della Banca popolare di Bari, e ha notificato un provvedimento di interdizione per il padre Marco Jacobini, ex presidente dell’istituto di credito barese. Per il primo il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari. L’inchiesta, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi con il sostituto Lanfranco Marazia, riguarda il fallimento di alcune società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci. Gianluca Jacobini torna così in detenzione dopo poco più di due mesi. L’8 luglio era stata revocata a lui e al padre Marco la precedente misura cautelare disposta nell’ambito del procedimento sul crac della Banca popolare di Bari, nel quale sono accusati di falso in bilancio, falso in prospetto, false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza. Fino ad oggi erano stati sottoposti alla misura interdittiva e inoltre Marco al divieto di dimora a Bari, il figlio Gianluca all’obbligo di dimora a Polignano a Mare.
Nell’inchiesta sul crac delle società Fimco e Maiora del Gruppo Fusillo di Noci sono state arrestate complessivamente sei persone. Agli arresti domiciliari, su disposizione del gip del tribunale di Bari Luigia Lambriola, sono finiti oltre Gianluca Jacobini, gli imprenditori Giacomo Fusillo, amministratore di alcune delle società fallite, Vincenzo Elio Giacovelli, titolare della società Il Melograno Eventi, Girolamo Stabile, gestore di fondi di investimento con sedi in Lussemburgo e Gibilterra, Salvatore Leggiero, legale rappresentante e amministratore unico della Roma Trevi srl, e Nicola Loperfido, responsabile della direzione business della Banca popolare di Bari, gestore degli affidamenti concessi al gruppo Fusillo. L’interdizione di un anno è stato notificata a Marco Jacobini e all’imprenditore di Noci Vito Fusillo, padre di Giacomo, amministratore delegato delle società Fimco e Maiora. Agli indagati sono contestati a vario titolo numerose condotte di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Gli ex amministratori dell’istituto avrebbero concesso alle società in dissesto del gruppo Fusillo sconfinamenti sui conti correnti e linee di credito per decine di milioni di euro. Per Marco e Gianluca Jacobini il gruppo Fusillo era “il principale cliente affidato dalla banca” e “facendo valere la propria influenza dominante sugli organi istruttori e deliberanti della banca – si legge nell’imputazione – , concedevano e reiteratamente prorogavano nuovi affidamenti, nella consapevolezza della loro inesigibilità”. “L’esposizione complessiva dell’istituto di credito barese rispetto al gruppo Fusillo – si legge negli atti – ha progressivamente raggiunto la ragguardevole cifra di 340 milioni di euro” e, “in ragione della longevità e preminente rilevanza economica della posizione in questione”, i rapporti con il gruppo Fusillo erano “curati direttamente e costantemente dei vertici apicali dell’istituto bancario, in persona degli indagati Marco e Gianluca Jacobini, per anni leader incontrastati in seno al management della Banca Popolare di Bari”.
Agli indagati vengono contestate molte operazioni societarie “straordinarie” prima e poco prima lo stato di insolvenza al fine per “distrarre” o “dissipare” beni immobili dal patrimonio delle imprese Fimco e Maiora group il cui valore è stato stimato in 93 milioni di euro. Operazioni riuscite, stando alla procura di Bari, con il coinvolgimento di imprenditori e professionisti e con il “determinante concorso degli ex vertici della Banca Popolare di Bari” ovvero i due Jacobini e Loperfido.
A due indagati, Fusillo e Gicovelli, sono stati contestati i reati di autoriciclaggio e, al solo Fuisllo, anche il reato di riciclaggio. I beni, dopo essere stati sottratti al patrimonio delle fallite, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, “sono stati trasferiti a soggetti giuridici appositamente costituiti dagli stessi indagati al fine di preservarli da possibili aggressioni dei creditori ovvero in favore di società terze allo scopo di monetizzarne il relativo valore”. Quattro le operazioni analizzate dalle Fiamme gialle: l’operazione Kant con cui la Maiora per nascondere lo stato di insolvenza ha simulato il conferimento di quote di due società controllate (una fallita e una sui pende l’istanza di fallimento) con debiti verso Pop Baru el fondo di investimento Kant capital Fund strategic business pcc limited con sede in Gibilterra, riconducibile a Stabile “a fronte della ricezione di quote dello stesso fondo del valore nominale di 20 milioni di euro. Maiora ha anche dismesso l’ex Hotel Ambasciatori di Bari ed il Polo Logistico di Rutigliano, ceduti a società terze per 22 milioni di euro il primo e, per 4.7 milioni di euro, il secondo.
Con l’operazione Trevi c’è stata la cessione di un immobile nel centro di Roma, Palazzo Trevi in via delle Muratte, a due passi dall’omonima fontana e di proprietà della Fimco del gruppo Fusillo di Noci, Il bene sarebbe stato venduto al prezzo di 40 milioni di euro tra il 2016 e il 2017 alla società “Roma Trevi” dell’imprenditore fiorentino Salvatore Leggiero (tra gli odierni arrestati), dopo che nei due anni precedenti Fimco aveva ottenuto da Banca popolare di Bari linee di credito per lo stesso importo proprio per l’acquisto e ristrutturazione dell’immobile. L’imprenditore Vito Fusillo lo avrebbe fatto per “mettere al sicuro” i beni di valore delle società poi fallite, cedendoli a società sempre riconducibili alla famiglia Fusillo. La banca, che avrebbe “totalmente supportato” l’operazione, avrebbe avuto invece l’obiettivo di “ridurre la propria esposizione” verso Fimco. Con l’operazione Cni-Mcg c’è stata la dismissione della partecipazione posseduta dalla Maiora nella Cni spa (società attiva nel settore dei servizi alle imprese), in favore della Mcg investimenti, società di cui Giacomo Fusillo, deteneva il 50% delle quote, al prezzo sottostimato di 4,5 milioni di euro e con una vantaggiosa dilazione trentennale del pagamento del prezzo senza interessi. Nel corso del 2019, Giacomo Fusillo riciclava, stando all’ipotesi della procura di Baria, la propria quota del capitale sociale di Mcg nel cui patrimonio era confluita Cni cedendola ad un soggetto terzo al prezzo di 1,2 milioni di euro. Con l’operazione Soiget c’è stata la dismissione del patrimonio Fimco della Soiget titolare di prestigiosi alberghi quali “La Peschiera” e “Il Melograno”, nonché affittuaria di un rilevante ramo d’azienda di Fimco concernente la gestione del complesso turistico “Cala Ponte” di Polignano a Mare.
Giustizia & Impunità
Popolare di Bari, sei arresti e due misure interdittive. Ai domiciliari ex condirettore generale Marco Jacobini
L’inchiesta, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi con il sostituto Lanfranco Marazia, riguarda il fallimento di alcune società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci
A 24 ore dalla nomina di Gianni De Gennaro, ex capo della Polizia e già a capo di Leonardo a presidente del cda,la Guardia di Finanza di Bari ha arrestato per concorso in bancarotta fraudolenta Gianluca Jacobini, ex condirettore generale della Banca popolare di Bari, e ha notificato un provvedimento di interdizione per il padre Marco Jacobini, ex presidente dell’istituto di credito barese. Per il primo il giudice per le indagini preliminari ha disposto gli arresti domiciliari. L’inchiesta, coordinata dal procuratore facente funzione Roberto Rossi con il sostituto Lanfranco Marazia, riguarda il fallimento di alcune società del gruppo imprenditoriale Fusillo di Noci. Gianluca Jacobini torna così in detenzione dopo poco più di due mesi. L’8 luglio era stata revocata a lui e al padre Marco la precedente misura cautelare disposta nell’ambito del procedimento sul crac della Banca popolare di Bari, nel quale sono accusati di falso in bilancio, falso in prospetto, false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza. Fino ad oggi erano stati sottoposti alla misura interdittiva e inoltre Marco al divieto di dimora a Bari, il figlio Gianluca all’obbligo di dimora a Polignano a Mare.
Nell’inchiesta sul crac delle società Fimco e Maiora del Gruppo Fusillo di Noci sono state arrestate complessivamente sei persone. Agli arresti domiciliari, su disposizione del gip del tribunale di Bari Luigia Lambriola, sono finiti oltre Gianluca Jacobini, gli imprenditori Giacomo Fusillo, amministratore di alcune delle società fallite, Vincenzo Elio Giacovelli, titolare della società Il Melograno Eventi, Girolamo Stabile, gestore di fondi di investimento con sedi in Lussemburgo e Gibilterra, Salvatore Leggiero, legale rappresentante e amministratore unico della Roma Trevi srl, e Nicola Loperfido, responsabile della direzione business della Banca popolare di Bari, gestore degli affidamenti concessi al gruppo Fusillo. L’interdizione di un anno è stato notificata a Marco Jacobini e all’imprenditore di Noci Vito Fusillo, padre di Giacomo, amministratore delegato delle società Fimco e Maiora. Agli indagati sono contestati a vario titolo numerose condotte di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio. Gli ex amministratori dell’istituto avrebbero concesso alle società in dissesto del gruppo Fusillo sconfinamenti sui conti correnti e linee di credito per decine di milioni di euro. Per Marco e Gianluca Jacobini il gruppo Fusillo era “il principale cliente affidato dalla banca” e “facendo valere la propria influenza dominante sugli organi istruttori e deliberanti della banca – si legge nell’imputazione – , concedevano e reiteratamente prorogavano nuovi affidamenti, nella consapevolezza della loro inesigibilità”. “L’esposizione complessiva dell’istituto di credito barese rispetto al gruppo Fusillo – si legge negli atti – ha progressivamente raggiunto la ragguardevole cifra di 340 milioni di euro” e, “in ragione della longevità e preminente rilevanza economica della posizione in questione”, i rapporti con il gruppo Fusillo erano “curati direttamente e costantemente dei vertici apicali dell’istituto bancario, in persona degli indagati Marco e Gianluca Jacobini, per anni leader incontrastati in seno al management della Banca Popolare di Bari”.
Agli indagati vengono contestate molte operazioni societarie “straordinarie” prima e poco prima lo stato di insolvenza al fine per “distrarre” o “dissipare” beni immobili dal patrimonio delle imprese Fimco e Maiora group il cui valore è stato stimato in 93 milioni di euro. Operazioni riuscite, stando alla procura di Bari, con il coinvolgimento di imprenditori e professionisti e con il “determinante concorso degli ex vertici della Banca Popolare di Bari” ovvero i due Jacobini e Loperfido.
A due indagati, Fusillo e Gicovelli, sono stati contestati i reati di autoriciclaggio e, al solo Fuisllo, anche il reato di riciclaggio. I beni, dopo essere stati sottratti al patrimonio delle fallite, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, “sono stati trasferiti a soggetti giuridici appositamente costituiti dagli stessi indagati al fine di preservarli da possibili aggressioni dei creditori ovvero in favore di società terze allo scopo di monetizzarne il relativo valore”. Quattro le operazioni analizzate dalle Fiamme gialle: l’operazione Kant con cui la Maiora per nascondere lo stato di insolvenza ha simulato il conferimento di quote di due società controllate (una fallita e una sui pende l’istanza di fallimento) con debiti verso Pop Baru el fondo di investimento Kant capital Fund strategic business pcc limited con sede in Gibilterra, riconducibile a Stabile “a fronte della ricezione di quote dello stesso fondo del valore nominale di 20 milioni di euro. Maiora ha anche dismesso l’ex Hotel Ambasciatori di Bari ed il Polo Logistico di Rutigliano, ceduti a società terze per 22 milioni di euro il primo e, per 4.7 milioni di euro, il secondo.
Con l’operazione Trevi c’è stata la cessione di un immobile nel centro di Roma, Palazzo Trevi in via delle Muratte, a due passi dall’omonima fontana e di proprietà della Fimco del gruppo Fusillo di Noci, Il bene sarebbe stato venduto al prezzo di 40 milioni di euro tra il 2016 e il 2017 alla società “Roma Trevi” dell’imprenditore fiorentino Salvatore Leggiero (tra gli odierni arrestati), dopo che nei due anni precedenti Fimco aveva ottenuto da Banca popolare di Bari linee di credito per lo stesso importo proprio per l’acquisto e ristrutturazione dell’immobile. L’imprenditore Vito Fusillo lo avrebbe fatto per “mettere al sicuro” i beni di valore delle società poi fallite, cedendoli a società sempre riconducibili alla famiglia Fusillo. La banca, che avrebbe “totalmente supportato” l’operazione, avrebbe avuto invece l’obiettivo di “ridurre la propria esposizione” verso Fimco. Con l’operazione Cni-Mcg c’è stata la dismissione della partecipazione posseduta dalla Maiora nella Cni spa (società attiva nel settore dei servizi alle imprese), in favore della Mcg investimenti, società di cui Giacomo Fusillo, deteneva il 50% delle quote, al prezzo sottostimato di 4,5 milioni di euro e con una vantaggiosa dilazione trentennale del pagamento del prezzo senza interessi. Nel corso del 2019, Giacomo Fusillo riciclava, stando all’ipotesi della procura di Baria, la propria quota del capitale sociale di Mcg nel cui patrimonio era confluita Cni cedendola ad un soggetto terzo al prezzo di 1,2 milioni di euro. Con l’operazione Soiget c’è stata la dismissione del patrimonio Fimco della Soiget titolare di prestigiosi alberghi quali “La Peschiera” e “Il Melograno”, nonché affittuaria di un rilevante ramo d’azienda di Fimco concernente la gestione del complesso turistico “Cala Ponte” di Polignano a Mare.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.