+++ Attenzione! Leggero ma comunque Spoiler! +++
Ringrazio col cuore questo weekend di pioggia incessante perché mi ha riportato ad avere un rapporto simbiotico col mio divano e soprattutto è stata l’occasione perfetta per guardare una delle serie tv più interessanti degli ultimi mesi: Ratched. Tratta dal romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo di Ken Kesey, la serie – targata Netflix – narra le gesta poco edificanti, ma straordinariamente avvincenti dell’infermiera Mildred Ratched e si snoda attraverso otto puntate una più straordinaria dell’altra.
Siamo nel 1943 e la nostra protagonista ottiene, con tanta caparbietà e nessuno scrupolo, di entrare a far parte del personale medico di una delle cliniche psichiatriche più importanti della California, diretta dall’ambiguo e irrisolto dott. Hanover il quale sperimenta pratiche decisamente crudeli per curare le malattie mentali, tra queste la lobotomia. Tra i pazienti internati in questa clinica c’è Edmund Tolleson, il quale ci fornisce il suo biglietto da visita ad inizio serie rendendosi protagonista di una strage di preti a sangue freddo e che costituirà la chiave di volta per le vicende che si susseguiranno da lì in poi.
La Rached è interpretata magistralmente da Sarah Paulson, la quale incarna perfettamente l’ambiguità del personaggio e insieme la sua estrema tenacia. Il viaggio attraverso le otto puntate di questa serie è davvero straordinario e colpisce innanzitutto per la fotografia che lascia senza fiato: un tripudio di colori accesi, di combinazioni cromatiche perfette, di atmosfere inquietanti ed esteticamente armoniose. Una ricerca quasi spasmodica verso la perfezione di ogni fotogramma che però, anziché sottrarre profondità alla narrazione la esalta e le conferisce quell’inquietudine tipica di ciò che appare così dannatamente perfetto. Intense inquadrature che mettono a nudo tutte le più recondite fragilità umane, incastonate come gemme antiche all’interno dei paesaggi mozzafiato della costa californiana e del cupo motel che su di essa si adagia, all’interno del quale Mildred custodisce gelosamente i suoi demoni in una straordinaria contrapposizione tra ciò che appare e ciò che invece viene accuratamente nascosto, caratteristica peculiare di tutta la serie.
I costumi meriterebbero premi a profusione: la cura maniacale con cui vengono scelti e abbinati tra loro risulta perfettamente integrata con le angoscianti manie che contraddistinguono i personaggi: nulla è lasciato al caso, nemmeno un bottone o una ciocca di capelli. Tutto è curato con insana precisione e questa apparenza di ineccepibile ordine contrasta in maniera evidente con il disordine mentale e lo smarrimento assoluto insito nei personaggi. Anima di questo piccolo capolavoro è il regista e produttore Ryan Murphy, padre di altre interessanti serie tv come Nip/Tuck, Glee e Hollywood, nelle quali ripropone il suo stile inconfondibile e la sua predilezione per l’estetica e la cura dei dettagli.
La scelta degli attori merita una menzione a parte: avete presente quando si parla di entrare nel personaggio, di viverlo fino a diventare lui? Ecco, Ratched ci offre una lezione sul Metodo Strasberg a dir poco esemplare. Si fa fatica ad immaginare questi attori fuori dai loro personaggi, compresa la straordinaria Cynthia Nixon che con la sua Gwendolyn Briggs, assistente del candidato Governatore della California, ci fa dimenticare totalmente di essere stata la mitica Miranda di Sex and the City. Unica eccezione forse per la ricca e disturbata Lenore Osgood per la quale risulta difficile prescindere dalla star hollywoodiana Sharon Stone, che la interpreta comunque magistralmente. Prove attoriali straordinarie che ci dimostrano, se ancora non fosse chiaro, quanto gli americani prendano sul serio il mestiere dell’attore e quanto generosamente si concedano al pubblico senza remore o pregiudizi. Davvero degna di nota è l’interpretazione di Sophie Okonedo che ci regala una Charlotte Wells affetta da un disturbo di personalità multipla che spero le valga presto un Emmy.
Ratched è insomma una serie di notevole spessore, sia cinematografico che narrativo, un perfetto mix tra noir, thriller psicologico e horror e tutti questi generi si articolano tra loro in maniera fluida e mai scontata, grazie anche ad una scrittura brillante e avvincente. Unica pecca: al momento esiste una sola stagione, che ci regala però un finale aperto al possibile arrivo di una seconda.
Mai sottovalutare un grigio weekend di pioggia.