Le donne che abortiscono in Italia sono diventate delle sorvegliate speciali. Non bastavano gli obiettori di coscienza che ostacolano l’accesso all’assistenza medica per le donne che scelgono di abortire o che avrebbero necessità di un aborto terapeutico o che devono abortire per aver salva la vita.
Proprio in questi giorni a Catania si sta celebrando il processo a sette medici dell’ospedale Cannizzaro, accusati di aver causato la morte di Valentina Milluzzo per non averle indotto un aborto. Il 16 ottobre del 2016 Valentina è morta con ancora in grembo i gemellini che aspettava. I feti erano morti ed era sopraggiunta la setticemia. Un aborto l’avrebbe salvata, hanno dichiarato i consulenti della Procura, all’udienza che si è tenuta giorni fa.
Il corpo delle donne è ancora assediato e la loro volontà ignorata come se fosse l’inutile orpello di una soggettività minore. Come è accaduto a Marta che ha raccontato in un post su Facebook, di aver scoperto che il feto abortito mesi fa, è stato seppellito senza il suo consenso.
Oggi pomeriggio l’associazione Differenza Donna è stata al Cimitero Flaminio di Roma, per verificare quanto emerso dalla sua drammatica testimonianza. Nel post, Marta ha raccontato di aver scoperto che al Cimitero Flaminio c’è una croce su cui è inciso il suo nome e il suo cognome. Sotto quella croce sarebbe sepolto il feto che ha abortito dopo essersi sottoposta ad una interruzione di gravidanza terapeutica. Il giorno dell’intervento le era stato chiesto se voleva fare le esequie ma lei si era rifiutata perché aveva scelto di non dare sepoltura al feto. Dopo qualche mese, colta dai dubbi, ha telefonato alla struttura dove ha abortito eppoi alla Camera Mortuaria e ha scoperto che anche senza il suo consenso, il feto era stato seppellito ugualmente per “beneficienza”.
La procedura di sepoltura del feto è prevista purché ci sia il consenso della madre e in questo caso è giusto rispettarne la volontà, ma ignorare la scelta di una donna e procedere ugualmente con la sepoltura, esponendo il suo nome pubblicamente, è un fatto brutale e gravissimo. Sul sito dell’Ama Roma c’è una specifica sezione dedicata al “Giardino degli angeli” e la sepoltura può avvenire anche dietro richiesta dell’Ausl ma ci vuole il consenso della madre.
Si teme che non si tratti di un episodio isolato, in tutta Italia è pieno di luoghi per accogliere la sepoltura dei feti. Si dovrà verificare se si procede alla sepoltura con il consenso della madre o anche senza, come è avvenuto con Marta e se le donne sono informate che col loro nome si renderà pubblica una scelta intima e personale.
Elisa Ercoli, presidente di Differenza donna, ha dichiarato che proporranno alle donne che hanno visto violata la loro volontà di fare una class action denunciando i responsabili.
Siamo tutte virtualmente col pensiero insieme alle compagne di Roma e con Marta, questo attacco ai diritti e alla dignità delle donne deve finire.
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