L'ex governatore della Lombardia e segretario della Lega ufficializza la sua candidatura a primo cittadino. E' però in attesa della sentenza di Cassazione del processo sulle presunte pressioni operate per favorire una sua ex collaboratrice ai tempi in cui guidava il Pirellone. In appello è stato condannato a un anno per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. Appena ieri è stato rinviato a giudizio per induzione indebita e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente
Lo storico numero due di Umberto Bossi, l’uomo che è succeduto al senatur come segretario della Lega, per una città simbolo del Carroccio delle origini. È una candidatura ad alto valore simbolico quella ufficializzata da Roberto Maroni, che correra sindaco a Varese. “Ho lavorato in silenzio in questi giorni e ora so che ci sono tutte le condizioni politiche: mi candido”, dice l’ex ministro in una intervista a La Prealpina, ufficializzando la candidatura per il centrodestra alle elezioni comunali prossima primavera. Lo slogan scelto dal leghista è “Varese in testa“, sulla falsariga di quello che utilizzo ne 2013 quando si candidò governatore della Lombardia. “Le idee ci sono, ho intenzione di discuterle con i militanti. Ho intenzione di fare le cose in grande – continua-. Di certo si comincia, senza perdere tempo, si incontrano i cittadini , si parla con loro ma soprattutto li si ascolta”. Su liste e alleati Maroni non si sbilancia ma del suo avversario, l’attuale sindaco Davide Galimberti del Pd dice “non va sottovalutato, lo conosco e lo stimo come persona”.
Due volte ministro dell’Interno, una del Lavoro, vicepremier di Silvio Berlusconi nel 1994, Maroni entrò in rotta di collisione con Bossi nel 2011. Poi, quando il senatur venne travolto dall’inchiesta sui 49 milioni di fondi pubblici oggetto di una truffa ai danni dello Stato, lo sostituì alla segreteria del Carrocio. Quindi nel 2013 venne eletto governatore della Lombardia, lasciando il posto di segretario a Matteo Salvini. È però durante la gestione Maroni, durata quindici mesi, che il famoso tesoretto della Lega comincia a evaporare: come ha raccontato ilfattoquotidiano.it scompare a colpi di bonifici. Nel 2011 a bilancio erano iscritti attivi per 47 milioni 791mila euro, con un patrimonio da 46 milioni, 20,3 milioni in titoli, 12,8 milioni di liquidi. Nel 2017 il patrimonio è sceso a 4,5 milioni: 41 milioni si sono persi per strada in sei anni.
Maroni non è mai stato coinvolto in alcun modo nelle indagini sui 49 milioni. È però in attesa della sentenza di Cassazione del processo sulle presunte pressioni operate per favorire una sua ex collaboratrice ai tempi in cui guidava il Pirellone. In appello è stato condannato a un anno per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. Appena 24 ore fa, invece, è arrivato un altro rinvio a giudizio. L’ex governatore sarà processato per induzione indebita e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente. La vicenda è legata a un contratto di cui ha beneficiato l’architetto Giulia Capel Badino in Ilspa (Infrastrutture lombarde spa). La prima udienza del processo inizierà il 2 dicembre alla IV sezione penale.