Calcio

Caso Suarez, l’università per stranieri di Perugia e i certificati di italiano: un business che vale un milione e mezzo l’anno

L'ateneo ha una storia gloriosa e un presente più incerto: il preventivo 2020 si è chiuso con un rosso di oltre un milione. Negli esami di lingua, come quello che ha dovuto sostenere l'attaccante ex Barcellona, ha trovato nuova linfa e risorse

Quando lo scorso 17 settembre Luis Suarez – ex attaccante del Barcellona, promesso sposo della Juventus, alla fine approdato tra mille disavventure all’Atletico Madrid – ha varcato le soglie dell’Università per stranieri di Perugia per sostenere l’esame d’italiano, di fronte ai vertici dell’ateneo c’era un campione a cui mancava solo la cittadinanza per segnare caterve di gol in Serie A. Il testimonial perfetto per un’Università che su quei certificati ha puntato molto, tanto da costruirci un piccolo business che vale un milione e mezzo di euro l’anno ed è sempre più centrale nelle sorti dell’ateneo.

Da più di una settimana la Procura guidata da Raffaele Cantone indaga sull’esame sostenuto da Suarez all’Università per stranieri di Perugia. Fondata nel 1925, l’ateneo ha una storia gloriosa (tra le fila dei suoi rettori annovera tre ministri, ultima in ordine di tempo Stefania Giannini, madrina della Buona scuola renziana) e un presente più incerto (c’è pure una contestazione recente della Corte dei Conti). La crisi delle immatricolazioni si è fatta sentire ovunque, lì in particolare: secondo l’anagrafe ministeriale, quindici anni fa gli iscritti erano 1.500, oggi sono meno di mille. Colpa anche dell’esodo verso il polo rivale di Siena che di studenti ormai ne ha oltre il doppio, con lo stesso numero di docenti (e quindi un costo medio per lo Stato decisamente più basso). Quello che non è cambiato nel corso degli anni sono invece i finanziamenti pubblici ricevuti dal Ministero, anzi sono pure aumentati, fino a 14 milioni di euro. Nonostante ciò, il preventivo 2020 si è chiuso con un rosso di oltre un milione, dopo i risultati incoraggianti degli scorsi esercizi che sembravano aver invertito la tendenza negativa. E questo anche grazie alle certificazioni di lingua, la nuova vita dell’Università per Stranieri di Perugia.

L’ottenimento della cittadinanza è vincolato a un esame di lingua italiana di livello B1. Ci sono diversi canali per sostenerlo. In prefettura, ma ci vogliono 60 giorni per la convocazione e in caso di bocciatura bisogna aspettare tre mesi per rifare l’esame. Si può passare per i Cpia (Centri provinciali per l’istruzione degli adulti), dove non c’è un vero e proprio test, piuttosto un percorso di inserimento di 30 ore (in vari mesi) al termine del quale viene rilasciato un certificato. Per chi ha fretta (e soldi), invece, ci sono le università. Appena quattro gli enti certificatori riconosciuti, uno di questi è proprio l’UniStraPg.

A Perugia se ne occupa il Cvcl (Centro valutazione certificazioni linguistiche), piccolo epicentro di potere dell’ateneo. È una struttura in tutto e per tutto indipendente, dove lavorano in pochi, di cui nessuno sa quasi nulla, nemmeno nel Cda dell’ateneo. Gestisce in totale autonomia quest’attività sempre meno marginale nell’economia e nella politica dell’Università. Lo dimostra il fatto che l’attuale rettrice, Giuliana Grego Bolli, indagata con l’accusa di concorso in corruzione nell’inchiesta Suarez, arriva proprio dal Cvcl, di cui è stata direttrice per anni. Lo stesso il direttore generale, Simone Olivieri, sindacalista Snals, che ne è stato segretario.

Se il Cvcl è diventato così centrale per la Stranieri di Perugia è anche perché contribuisce in maniera sempre maggiore ai suoi conti. L’Università, in crisi di iscritti e di identità, negli esami di lingua ha trovato nuova linfa e risorse. Nel 2019 le tasse da certificazioni linguistiche e glottodidattiche (fra cui appunto il Celi, quello di Suarez) hanno fruttato 1,4 milioni di euro. I candidati sono letteralmente esplosi negli ultimi 5 anni: nel 2013 erano 11mila, oggi sono 33mila. Grazie anche ad una rete sempre più fitta di scuole, associazioni, istituti convenzionati dove si può sostenere l’esame, circa 280. E fa nulla se qualcuno di questi di recente non abbia dato prova di integrità, tanto da costringere l’ateneo a revocare l’affiliazione “a causa di importanti criticità riscontrate” (cioè altre truffe, dove però l’Università era parte lesa).

Non tutti all’interno approvano questa politica: un vero rilancio passa dalla ripopolazione dell’ateneo. Ma le certificazioni sono redditizie: chi sostiene l’esame lascia sempre un obolo, circa 100 euro per un Celi standard, quello di Suarez, il tipo più prezioso per l’ateneo, perché costa di più rispetto a quello rivolto ai migranti (è prevista una tariffa agevolata), e poi perché non è soggetto alle politiche migratorie del governo. Oggi sono circa il 40% del totale, l’Università spera diventino sempre di più. Per questo Suarez, con la sua popolarità, i suoi gol, sarebbe stato un grande colpo. Non solo per la Juventus.

Twitter: @lVendemiale