Cultura

La volevano abbattere. Era un simbolo scomodo. Invece il Cortile di Palazzo Reale ospita la casa di Rosa Parks

San Carlo: Una Prima che vale più di una Prima con il Titano di Malher, il capolavoro del decadentismo musicale europeo. Un titolo che suona evocativo e  profetico: reagiremo come titani contro la pandemia da virus cinese ( si chiama così e basta)

di Januaria Piromallo

Una casetta di legno, bianca e nera, di quelle come ce ne sono tante in America, dalla facciata anonima, ma questa diventa un simbolo potente. Era la casa di Rosa Parks. Correva l’anno 1955 quando una sartina afro-americana di Montgomery, in Alabama, rifiutò di cedere il posto su un autobus a un bianco. Quel rifiuto scatenò un inferno, dal boicottaggio dei trasporti pubblici fino alla “rivoluzione” per il movimento dei diritti civili calpestati (inesistenti) delle persone di colore. Lei diventa un’icona (diremo oggi globale). Rosa è rimasta una delle figure più ribelli in materia di segregazione razziale contro la casta degli intoccabili wasp (white, angli-saxon protestant). Sono loro che hanno ordinato la demolizione della casetta in virtù di chissà quale speculazione.

La casa di Rosa doveva essere abbattuta, sarebbe finita in qualche discarica, o ne avrebbero fatto legno da camino, brace, polvere. Ancora una ferita indelebile nella storia. La nipote, stessa tempra battagliera della zia, si oppone con tutte le sue forze fino all’incontro fortuito con l’artista Ryan Mendoza che la compra e la ricostruisce nel giardino di casa sua a Berlino. Adesso “Almost Home. The Rose Parks Project”, realizzata dalla Fondazione Morra Greco, che fa capo al mecenate Maurizio Morra Greco ( a lui si deve anche il recupero del cinquecentesco Palazzo dei Principi Caracciolo di Avellino nel centro storico di Napoli che ospita un patrimonio di un centinaio di famosi artisti contemporanei. Maurizio ha fortemente voluto ricostruire questo simbolo forte nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale che è la prima istituzione pubblica a ospitarlo. Da qui “Almost Home” diventerà itinerante.

Teatro San Carlo: si alza il sipario e riapre ufficialmente il Lirico napoletano dopo 8 mesi di lockdown. Una Prima, anzi la Madre di tutte le Prime. Nel momento in cui in Campania sale, ma di poco, la curva dei contagi ( anche perché si fanno più tamponi), coraggiosa la scelta del nuovo Sovrintendente Stéphane Lissner ( ex La Scala, ex Operà di Parigi) e del Direttore Generale Emmanuella Spedaliere: The show must go on. Le maestranze devono ritornare a lavorare. Intensificate le distanze di sicurezze, posti contingentati e thermoscanner all’ingresso, alle 19 in punto sale sul podio il maestro Juraj Valcuha, solleva la bacchetta e gli happy few presenti in sala hanno avuto un fremito: questo è l’inizio della ripresa. La Stagione sinfonica riprende con il “Titano” di Malher, il capolavoro del decadentismo musicale europeo. Un titolo che suona evocativo e celebrativo per il 77esimo anniversario dell’inizio delle “Quattro Giornate di Napoli”. E profetico: reagiremo come titani contro la pandemia da virus cinese (si chiama così e basta).

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