Dieci in tutto, nelle diverse sedi sparse per la città. Una vicenda che parte dalle campagne contro la tampon tax e comincia tre anni fa nel corso di una conferenza fra studenti. L'obiettivo era renderli disponibili gratuitamente, ma alla fine si è mediato sul prezzo di 20 centesimi al pezzo
“Un luogo della conoscenza come l’università deve saper trattare al suo interno argomenti che fuori vengono respinti. Le mestruazioni fanno parte di questa categoria”. Manuel Tropenscovino è rappresentate degli studenti in Consiglio di Amministrazione dell’Università Statale di Milano per la lista UniSì – Uniti a Sinistra. Insieme ai suoi colleghi ha ottenuto un sì unanime a una proposta in qualche modo storica: l’ateneo milanese sarà il primo in Italia a ospitare distributori di assorbenti nei bagni femminili. Dieci in tutto, nelle diverse sedi sparse per la città. Una vicenda che parte dalle campagne contro la tampon tax e comincia tre anni fa nel corso di una conferenza fra studenti: “Avanzammo una mozione che chiedeva all’università di installare distributori di assorbenti nei bagni, che poi però venne lasciata cadere dall’amministrazione universitaria”, racconta Tropenscovino a ilfattoquotidiano.it. “All’inizio del 2019 abbiamo avviato un dialogo con il direttore generale e con il rettore. Abbiamo chiesto che gli assorbenti fossero gratis, perché ci premeva far capire che non sono un bene di lusso”. E in effetti non lo sono, nonostante siano tassati come tali: Iva – imposta sul valore aggiunto – del 22%. La stessa di vestiti, vino e sigarette.
“Il nostro modello era la Scozia, le cui istituzioni pagano gli assorbenti che vengono poi distribuiti nelle scuole superiori e nei college. Portare quel sistema alla Statale però non era possibile, perché l’ateneo non poteva fare tutto da solo”. Quindi, si procede per tentativi. Prima si pensa a un contratto di sponsorizzazione: niente spese per l’università, che dovrebbe mettere a disposizione gli spazi destinati ai distributori forniti dalle aziende, con gli assorbenti in vendita a 10 centesimi l’uno. Ma niente da fare. Poi si prende in considerazione l’ipotesi bando, ma anche in questo caso non c’è modo di procedere. Alla fine, si va per gestione diretta: è la via che funziona. Ora è tutto pronto, la delibera è stata provata all’unanimità e l’azienda incaricata di fornire il materiale c’è. L’unica amarezza, dice Tropenscovino, è il costo degli assorbenti, che sale a 20 centesimi l’uno: “Ma siamo comunque soddisfatti. L’università alla fine ha voluto ascoltarci e ce l’abbiamo fatta. Anche se, certamente, l’ateneo non potrà mai agire in solitudine, dovrà per forza essere aiutato”. Un passo in avanti che renderà strutturale un progetto già pensato in passato da diverse associazioni studentesche e dalle femministe. Intanto il segnale comincia a circolare fra le altre università: “Ci hanno contattato Bicocca, Politecnico e Roma Tre (fra le altre), per chiederci informazioni. Vogliono seguire lo stesso esempio. Secondo noi la parità di genere si costruisce anche attraverso servizi e strumenti reali messi a disposizione delle persone, come in questo caso”.