Già alla vigilia della pubblicazione, però, il titolo della lettera apostolica di Bergoglio ha alimentato numerose polemiche che il Vaticano ha respinto al mittente. E gli scandali finanziari non sono alle spalle
Una fuga dai veleni dei sacri palazzi. Per la prima volta dopo il lockdown, Papa Francesco è uscito dal Vaticano per andare ad Assisi e firmare la sua terza enciclica, Fratelli tutti, dedicata questa volta alla fraternità e all’amicizia sociale. Un documento ispirato dal frate di cui Bergoglio ha voluto assumere il nome da Pontefice, firmato simbolicamente sulla sua tomba nel giorno in cui si ricorda la sua morte, avvenuta il 3 ottobre 1226, anche se la Chiesa lo ha sempre festeggiato il giorno successivo.
Bergoglio ha lasciato di buon mattino la sua residenza, Casa Santa Marta, per fare prima una visita a sorpresa alle suore clarisse del monastero Vallegloria di Spello, dove era già stato nel 2019. Qui il Papa ha pregato e si è fermato a pranzo per poi raggiungere, nel pomeriggio, la città di San Francesco per la quarta volta nel suo pontificato. Sulla tomba del frate, Bergoglio ha celebrato la messa in privato, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, senza tenere l’omelia. Ad assistere alla celebrazione soltanto il cardinale Agostino Vallini, legato pontificio per le Basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli in Assisi, e il vescovo della diocesi, monsignor Domenico Sorrentino, insieme a una ventina di frati e ad alcune religiose.
Al termine della messa, il Papa ha firmato la sua terza enciclica, dopo Lumen fidei, scritta a quattro mani con Benedetto XVI, e Laudato si’ sulla cura della casa comune. Proprio come quest’ultima che ha per titolo alcune parole del celebre Cantico delle creature di San Francesco, Fratelli tutti riprende una frase del frate ed è anch’essa un’enciclica sociale. Il tema della fratellanza umana, molto caro a Bergoglio, viene letto anche alla luce della recente pandemia. La nuova enciclica arriva dopo la firma, avvenuta il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi, del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune. Un testo sottoscritto dal Papa insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib.
Già alla vigilia della pubblicazione, però, il titolo della terza enciclica di Bergoglio ha alimentato numerose polemiche. C’è stato chi, anche all’interno della Chiesa cattolica, ha protestato chiedendo che fosse inserito il termine “sorelle”, accusando Francesco di aver scelto un titolo maschilista. Polemiche che il Vaticano ha respinto al mittente: “Trattandosi di una citazione di San Francesco (la si trova nelle Ammonizioni), il Papa non l’ha ovviamente modificata. Ma sarebbe assurdo pensare che il titolo, nella sua formulazione, contenga una qualsivoglia intenzione di escludere dai destinatari più della metà degli esseri umani, cioè le donne. Al contrario, Francesco ha scelto le parole del santo di Assisi per inaugurare una riflessione a cui tiene molto sulla fraternità e l’amicizia sociale e dunque intende rivolgersi a tutte le sorelle e i fratelli, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà che popolano la terra. A tutti, in modo inclusivo e mai escludente”.
Ad Assisi, però, Bergoglio non si è lasciato alle spalle gli scandali finanziari che hanno travolto la prima sezione della Segreteria di Stato e lo scontro aperto che si sta consumando, anche pubblicamente, tra i loro protagonisti. A iniziare dal cardinale Angelo Becciu, ex prefetto della Congregazione delle cause dei santi, al quale il Papa ha tolto anche i diritti connessi alla porpora, ma che all’epoca dei fatti contestati dai pm è stato proprio al vertice della prima sezione come sostituto della Segreteria di Stato.
Del resto l’inchiesta dei magistrati vaticani, che procede dall’estate 2019, ha visto indagati cinque funzionari della prima sezione subito sospesi e poi licenziati. Non è stato casuale, dunque, il gesto compiuto dal Papa di rinnovare il suo sostegno proprio a questa sezione della Segreteria di Stato. “Adesso – ha spiegato Francesco al termine della messa – firmerò l’enciclica che porta sull’altare monsignor Paolo Braida, che è l’incaricato delle traduzioni e anche dei discorsi del Papa, nella prima sezione. Lui sorveglia tutto e per questo ho voluto che lui fosse presente qui, oggi, e mi portasse l’enciclica. Anche, con lui sono venuti due traduttori: don Antonio, traduttore della lingua portoghese: ha tradotto dallo spagnolo al portoghese; e don Cruz che è spagnolo e un po’ ha sorvegliato le altre traduzioni dall’originale spagnolo. Lo faccio come un segno di gratitudine a tutta la prima sezione della Segreteria di Stato che ha lavorato in questa stesura e traduzione”. Il segnale eloquente che per Francesco non tutti i collaboratori della Segreteria di Stato sono corrotti.