Come si legge nella visura camerale consultata dal Fatto.it, la società che secondo i lavoratori coinvolti è al centro delle trattative si chiama Sapere aude editori ed è stata istituita il 22 luglio 2020. Amministratore unico è Alberto Leonardis, noto per aver già rilevato da Gedi Il Centro di Pescara (all'epoca in mano alla dinastia De Benedetti), per poi cederlo a sua volta nel 2019. Il comunicato congiunto di Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio e Nuova Ferrara (appoggiate da Il Tirreno): "La segretezza dietro la quale è stata celata questa dismissione non è tollerabile"
Il contenitore c’è già: si chiama gruppo Sae (Sapere aude editori) ed è stato costituito il 22 luglio 2020. L’amministratore unico è l’imprenditore abruzzese Alberto Leonardis, affiancato da imprese che secondo chi lavora nei giornali al centro della vendita poco o niente hanno a che fare “con il mondo dei quotidiani”. Eppure sarebbe proprio questa la “cordata di imprenditori” che si è fatta avanti per l’acquisto della Gazzetta di Modena, la Gazzetta di Reggio, la Nuova Ferrara e Il Tirreno. Le quattro testate locali del gruppo Gedi (oggi di proprietà della famiglia Agnelli) sono infatti oggetto di una trattativa di vendita di cui fino a pochi giorni fa tutti i dipendenti erano all’oscuro, compresi i direttori e i giornalisti. Immediatamente è scattato uno sciopero che sta proseguendo anche oggi: “La segretezza dietro la quale è stata celata questa dismissione non è tollerabile“, si legge nell’ultimo comunicato del Comitato di redazione diffuso dalle tre testate emiliane. Il timore è che il passaggio “a compratori estranei al mondo dei quotidiani” possa “disperdere un patrimonio editoriale radicato nei territori di riferimento”.
Secondo quanto trapelato finora, l’operazione è stata condotta ai massimi livelli della società che fa capo agli Elkann-Agnelli. Tanto che non sarebbero stati informati nemmeno i consiglieri di Gnn (il network delle testate locali afferenti al gruppo). Ad oggi i 162 dipendenti delle quattro testate coinvolte (circa 120 giornalisti e una quarantina di poligrafici) non hanno ricevuto alcuna comunicazione, anche se stando ad alcune voci un primo confronto potrebbe avvenire lunedì. La speranza è che tutto ciò non avvenga a cose fatte, ma si dia possibilità di parola anche ai lavoratori. “Resta per noi prioritario un incontro urgentissimo con i vertici di Gedi per avviare l’indispensabile confronto prima di proseguire con la trattativa in atto”, sostiene il Cdr. I tempi sono strettissimi: l’ipotesi è che la partita possa chiudersi entro i prossimi dieci giorni. D’altronde, come si legge nella visura camerale consultata da Ilfattoquotidiano.it, il presunto acquirente è stato formalmente istituito all’inizio dell’estate.
Il capitale iniziale di Sapere aude editori ammonta per ora a 100mila euro. Come “oggetto sociale” vengono indicate la pubblicazione di quotidiani, periodici, libri e riviste; l’acquisto e la gestione di società analoghe; la produzione e la commercializzazione di prodotti attinenti al mondo dell’informazione. Tradotto: un editore a tutti gli effetti. Se si guarda alla compagine dei soci, però, risulta che finora soltanto l’ad Leonardis si è davvero occupato della pubblicazione di un quotidiano in edicola. Il suo è un nome non nuovo al mondo L’Espresso-Repubblica: già nel 2016 aveva rilevato Il Centro di Pescara da Gedi (all’epoca ancora in mano alla dinastia De Benedetti), per poi cederlo a sua volta nel 2019. Oltre a lui, compaiono tra gli azionisti la Toscana Sviluppo 2.0 che fa capo al costruttore livornese Maurizio Berrighi e la Eco.Net spa attiva nel settore delle telecomunicazioni. Poi ci sono un’impresa di consulenze di proprietà del pescarese Massimo Briolini e una specializzata in marketing guidata da Alberto Tivoli (con sede a Bologna). Più affini al campo dell’editoria sono la Portobello Spa (azienda retail quotata in borsa che possiede anche magazine e rivende spazi pubblicitari) e l’editore di riviste Giulio Fascetti.
“L’operazione in corso è particolarmente grave, nelle dinamiche e negli effetti, perché porterà alla distruzione dell’esperienza che da più di 40 anni rappresenta Finegil: un’informazione locale libera e indipendente legata a un grande gruppo editoriale (Editoriale L’Espresso, poi Gedi)”, si legge nel primo comunicato dei giornalisti rilasciato ieri. “Questo ha garantito giornali di qualità in decine di province italiane. E’ evidente che l’intenzione, se confermata, di vendita a editori che mai hanno fatto questo mestiere, distrugge questo modello e indebolisce l’intero sistema informativo italiano”. I lavoratori delle tre testate emiliane e del Tirreno rivendicano infatti i successi ottenuti negli ultimi anni (ciascuno è leader di vendite nei propri territori di riferimento). E soprattutto l’aver messo in piedi “un sistema sostenibile che produce quotidianamente contenuti di portata anche nazionale, che per lungo tempo hanno contribuito all’equilibrio economico del Gruppo Espresso e delle testate nazionali”.
Perché Gedi ha deciso di vendere? L’ipotesi più accreditata riguarda la necessità di portare rapidamente la quota di mercato del gruppo sotto il limite del 20% delle copie vendute, imposto dalla legge per evitare eccessive concentrazioni editoriali. E una volta sotto, procedere a nuove acquisizioni. Come le testate del gruppo Athesis (Arena di Verona, BresciaOggi, Giornale di Vicenza) o addirittura Il Sole 24 Ore. Su questo i lavoratori di Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, Nuova Ferrara e Tirreno non si sbilanciano. Resta la delusione per aver creato “un modello riconosciuto ovunque, ma evidentemente non considerato meritevole di tale attenzione dai vertici del gruppo Gedi, pronti a cedere le nostre testate smembrando questo patrimonio editoriale, consegnandolo a un gruppo di imprenditori senza alcuna esperienza nel nostro settore specifico”.