Climate clock, il riscaldamento globale affligge soprattutto noi. E rassegnarsi non è la soluzione
di Giorgio Brizio*
Sette anni, 102 giorni, 14 ore, 20 minuti e 35 secondi. “Questa è probabilmente la serie di numeri più importante al mondo”, ha detto Andrew Boyd. È il tempo che ci resta prima di superare l’ultimo punto di non ritorno ed evitare una catastrofe climatica irreversibile.
A scandire il tempo è l’orologio installato in pieno centro a Manhattan, sotto (sopra) gli occhi di tutti, dove nessuno può ignorarlo. Altrettanto sotto gli occhi di tutti è ormai l’incontrovertibile avanzata della crisi climatica e delle sue conseguenze.
Inaugurato sabato 19 settembre nell’ambito della Climate Week, culminata il 25 settembre con il Global Day of Action, il countdown è stato installato sotto la supervisione degli artisti Boyd e Golan.
Il “Climate Clock” si basa sulle più recenti dati dell’Ipcc, gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul clima: in mancanza di efficaci interventi entro il primo gennaio 2028, le temperature della Terra sono destinate ad aumentare ben oltre gli 1,5 gradi Celsius, limite massimo stabilito dall’Accordo di Parigi.
L’opera ricorda il Doomsday Clock, l’orologio dell’apocalisse, un’iniziativa ideata nel 1947 da un team di scienziati dell’Università di Chicago, che consiste in un orologio metaforico che misura il pericolo di una ipotetica fine del mondo a cui l’umanità è sottoposta, in cui la mezzanotte è sinonimo di catastrofe mentre i minuti che la precedono rappresentano la distanza stimata dall’evento in questione.
Dopo i picchi del 1953 e del 1960, a causa del superamento delle 23mila testate nucleari esistenti, dell’avanzare dei cambiamenti climatici e dell’indebolimento della cooperazione internazionale, il 2020, che sembra non essere certo un periodo fortunato, è divenuto l’anno di massima vicinanza alla mezzanotte, con appena 100 secondi.
Oltre a quello di Union Square, che invece da qualche giorno non registra quanto manca alla mezzanotte ma il tempo che abbiamo per agire, esistono altri “orologi climatici” in giro per il globo, come a Berlino o sul polso di molte attiviste e attivisti.
L’obiettivo dell’Accordo di Parigi è considerato un traguardo ambizioso, ma in realtà significherebbe fermarsi sull’orlo del baratro. Quand’anche fossimo miracolosamente in grado di raggiungerlo – al momento dovremmo avere una probabilità del 5% – vivremo in un mondo molto meno ospitale di quello che conosciamo e molti dei cambiamenti in corso saranno nella migliore delle ipotesi irreversibili.
Nel saggio Saving the Planet begins at breakfast (Guanda, 2019) Jonathan Safran Foer elenca alcuni dei punti di non ritorno che abbiamo già oltrepassato o che raggiungeremo a breve senza possibilità di poterli ormai evitare. Riporto fedelmente le sue parole:
“Se contro ogni aspettativa riusciremo in effetti a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi:
• Il livello dei mari salirà di mezzo metro, sommergendo le coste di tutto il globo. Dacca (18 milioni di abitanti), Karachi (15 milioni), New York (8,5 milioni) e decine di altre metropoli diventeranno di fatto inabitabili. Si calcola che 143 milioni di persone siano destinate a diventare migranti climatici;
• Si stima che i conflitti armati aumenteranno del 40 percento a causa dei cambiamenti climatici;
• I ghiacci che ricoprono la Groenlandia saranno soggetti a uno scioglimento irreversibile;
• Dal 20 al 40 percento della foresta amazzonica verrà distrutto;
• L’ondata di caldo che si verificò in Europa nel 2003 — che costò la vita a più di 70mila persone, comportò 13 miliardi di euro di perdite nei raccolti e portò i fiumi Po, Reno e Loira ai minimi storici — diventerà la norma;
• La mortalità umana subirà un drammatico incremento dovuto a ondate di caldo, inondazioni e siccità. Asma e altre malattie respiratorie si diffonderanno a dismisura. Le persone a rischio di malaria aumenteranno di centinaia di milioni;
• 400 milioni di persone dovranno affrontare carenze idriche;
• Il riscaldamento degli oceani danneggerà in modo irreparabile il 99 percento delle barriere coralline, alterando gli ecosistemi di nove milioni di specie;
• Metà di tutte le specie animali rischieranno l’estinzione;
• Il 60 percento di tutte le specie vegetali complessive rischierà l’estinzione;
• La resa del grano diminuirà del 12 percento, quella del riso del 6,4 percento, quella del mais del 17,8 percento, quella della soia del 6,2 percento;
• Si stima che il Pil pro capite diminuirà a livello globale del 13 percento.”
Come potete vedere, questi dati riguardano – e affliggono – in buona parte l’uomo. Non le api, gli orsi, le balene o chissà quale altro animale esotico in qualche posto sperduto, noi. Noi tutti e tutte.
Di fronte alle dure e inquietanti constatazioni di Foer verrebbe in mente di fermarsi, inermi, e lasciare che la burrasca ci travolga. Come quando si è in mare però, anche se in modo controintuitivo, non bisogna farsi spaventare bensì affrontare l’onda.
Il cambiamento climatico è, in termini generali e semplificati, un gigantesco problema sociale, economico, ambientale, causato dagli esseri umani, che impatta sugli esseri umani e che solo gli esseri umani possono arrestare. Sta a noi tutti dunque compiere delle piccole azioni e prendere delle scelte nella nostra quotidianità che, se sommate a quelle di tanti altri, possono fare la differenza, e soprattutto lottare assieme per un sistema più equo che abbia la giustizia climatica come cardine fondante.
“L’umanità ha il potere di aggiungere tempo all’orologio, ma solo se lavoriamo collettivamente e misuriamo i nostri progressi rispetto a obiettivi definiti” hanno detto gli ideatori del Climate Clock in un’intervista.
Venerdì 9 ottobre saremo in piazza in tutta Italia per chiedere al governo di impegnarsi seriamente per fronteggiare la crisi climatica e ambientale e di agire di conseguenza. Possibilmente entro la mezzanotte.
* Diciannove anni, attivista per i diritti umani e della Terra. Studia scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione all’Università di Torino. Si occupa da qualche anno di immigrazione e ambiente, scrive per alcune testate online.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Milano, 3 feb. (Adnkronos) - La Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) ha dichiarato all'unanimità "irricevibile" il ricorso presentato dalla difesa di Alberto Stasi condannato, nel 2015, in via definitiva a 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Stasi reclamava "una violazione del suo diritto a un processo equo, per quanto riguarda il principio della parità delle armi" lamentando che nel processo d'appello bis non sarebbe stato ascoltato un testimone "decisivo" a dire della difesa.
Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.
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Fridays For Future Italia
Movimento globale di giovani
Ambiente & Veleni - 4 Ottobre 2020
Climate clock, il riscaldamento globale affligge soprattutto noi. E rassegnarsi non è la soluzione
di Giorgio Brizio*
Sette anni, 102 giorni, 14 ore, 20 minuti e 35 secondi. “Questa è probabilmente la serie di numeri più importante al mondo”, ha detto Andrew Boyd. È il tempo che ci resta prima di superare l’ultimo punto di non ritorno ed evitare una catastrofe climatica irreversibile.
A scandire il tempo è l’orologio installato in pieno centro a Manhattan, sotto (sopra) gli occhi di tutti, dove nessuno può ignorarlo. Altrettanto sotto gli occhi di tutti è ormai l’incontrovertibile avanzata della crisi climatica e delle sue conseguenze.
Inaugurato sabato 19 settembre nell’ambito della Climate Week, culminata il 25 settembre con il Global Day of Action, il countdown è stato installato sotto la supervisione degli artisti Boyd e Golan.
Il “Climate Clock” si basa sulle più recenti dati dell’Ipcc, gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sul clima: in mancanza di efficaci interventi entro il primo gennaio 2028, le temperature della Terra sono destinate ad aumentare ben oltre gli 1,5 gradi Celsius, limite massimo stabilito dall’Accordo di Parigi.
L’opera ricorda il Doomsday Clock, l’orologio dell’apocalisse, un’iniziativa ideata nel 1947 da un team di scienziati dell’Università di Chicago, che consiste in un orologio metaforico che misura il pericolo di una ipotetica fine del mondo a cui l’umanità è sottoposta, in cui la mezzanotte è sinonimo di catastrofe mentre i minuti che la precedono rappresentano la distanza stimata dall’evento in questione.
Dopo i picchi del 1953 e del 1960, a causa del superamento delle 23mila testate nucleari esistenti, dell’avanzare dei cambiamenti climatici e dell’indebolimento della cooperazione internazionale, il 2020, che sembra non essere certo un periodo fortunato, è divenuto l’anno di massima vicinanza alla mezzanotte, con appena 100 secondi.
Oltre a quello di Union Square, che invece da qualche giorno non registra quanto manca alla mezzanotte ma il tempo che abbiamo per agire, esistono altri “orologi climatici” in giro per il globo, come a Berlino o sul polso di molte attiviste e attivisti.
L’obiettivo dell’Accordo di Parigi è considerato un traguardo ambizioso, ma in realtà significherebbe fermarsi sull’orlo del baratro. Quand’anche fossimo miracolosamente in grado di raggiungerlo – al momento dovremmo avere una probabilità del 5% – vivremo in un mondo molto meno ospitale di quello che conosciamo e molti dei cambiamenti in corso saranno nella migliore delle ipotesi irreversibili.
Nel saggio Saving the Planet begins at breakfast (Guanda, 2019) Jonathan Safran Foer elenca alcuni dei punti di non ritorno che abbiamo già oltrepassato o che raggiungeremo a breve senza possibilità di poterli ormai evitare. Riporto fedelmente le sue parole:
“Se contro ogni aspettativa riusciremo in effetti a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi:
• Il livello dei mari salirà di mezzo metro, sommergendo le coste di tutto il globo. Dacca (18 milioni di abitanti), Karachi (15 milioni), New York (8,5 milioni) e decine di altre metropoli diventeranno di fatto inabitabili. Si calcola che 143 milioni di persone siano destinate a diventare migranti climatici;
• Si stima che i conflitti armati aumenteranno del 40 percento a causa dei cambiamenti climatici;
• I ghiacci che ricoprono la Groenlandia saranno soggetti a uno scioglimento irreversibile;
• Dal 20 al 40 percento della foresta amazzonica verrà distrutto;
• L’ondata di caldo che si verificò in Europa nel 2003 — che costò la vita a più di 70mila persone, comportò 13 miliardi di euro di perdite nei raccolti e portò i fiumi Po, Reno e Loira ai minimi storici — diventerà la norma;
• La mortalità umana subirà un drammatico incremento dovuto a ondate di caldo, inondazioni e siccità. Asma e altre malattie respiratorie si diffonderanno a dismisura. Le persone a rischio di malaria aumenteranno di centinaia di milioni;
• 400 milioni di persone dovranno affrontare carenze idriche;
• Il riscaldamento degli oceani danneggerà in modo irreparabile il 99 percento delle barriere coralline, alterando gli ecosistemi di nove milioni di specie;
• Metà di tutte le specie animali rischieranno l’estinzione;
• Il 60 percento di tutte le specie vegetali complessive rischierà l’estinzione;
• La resa del grano diminuirà del 12 percento, quella del riso del 6,4 percento, quella del mais del 17,8 percento, quella della soia del 6,2 percento;
• Si stima che il Pil pro capite diminuirà a livello globale del 13 percento.”
Come potete vedere, questi dati riguardano – e affliggono – in buona parte l’uomo. Non le api, gli orsi, le balene o chissà quale altro animale esotico in qualche posto sperduto, noi. Noi tutti e tutte.
Di fronte alle dure e inquietanti constatazioni di Foer verrebbe in mente di fermarsi, inermi, e lasciare che la burrasca ci travolga. Come quando si è in mare però, anche se in modo controintuitivo, non bisogna farsi spaventare bensì affrontare l’onda.
Il cambiamento climatico è, in termini generali e semplificati, un gigantesco problema sociale, economico, ambientale, causato dagli esseri umani, che impatta sugli esseri umani e che solo gli esseri umani possono arrestare. Sta a noi tutti dunque compiere delle piccole azioni e prendere delle scelte nella nostra quotidianità che, se sommate a quelle di tanti altri, possono fare la differenza, e soprattutto lottare assieme per un sistema più equo che abbia la giustizia climatica come cardine fondante.
“L’umanità ha il potere di aggiungere tempo all’orologio, ma solo se lavoriamo collettivamente e misuriamo i nostri progressi rispetto a obiettivi definiti” hanno detto gli ideatori del Climate Clock in un’intervista.
Venerdì 9 ottobre saremo in piazza in tutta Italia per chiedere al governo di impegnarsi seriamente per fronteggiare la crisi climatica e ambientale e di agire di conseguenza. Possibilmente entro la mezzanotte.
* Diciannove anni, attivista per i diritti umani e della Terra. Studia scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione all’Università di Torino. Si occupa da qualche anno di immigrazione e ambiente, scrive per alcune testate online.
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Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Per la corte, invece, la condanna si basa "su vari elementi di prova" e le dichiarazioni del teste agli inquirenti "lungi dall'essere decisive per determinare la responsabilità penale dell’interessato, sono semplicemente servite a corroborare tutte le prove a carico" si legge nella sentenza. In tal senso, l'ultima decisione della corte d'Assise d'Appello di non sentire nuovamente il testimone "non ha compromesso l'equità del procedimento penale a carico del ricorrente. Pertanto, il ricorso deve essere respinto in quanto manifestamente infondato".
La decisione potrebbe così mettere la parola fine a uno dei casi giudiziari più lunghi degli ultimi anni, mentre Stasi, oggi quarantenne, già da tempo beneficia del lavoro esterno fuori dal carcere di Bollate.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Quasi un milione di euro. E' questa la cifra che un imprenditore ha versato non rendendosi conto di essere vittima di un raggiro fatto via telefono usando il nome del ministro della Difesa Guido Crosetto. L'uomo che ha denunciato l'accaduto allo stesso Crosetto (suo amico), si è poi rivolto ai carabinieri e alla procura che sta provando a bloccare il bonifico. Almeno due gli imprenditori vittime, solo una per ora la denuncia milionaria presente nel fascicolo, ma il numero delle potenziali vittime è di almeno cinque e sembra destinato a salire.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - 'Chi l’ha vista?'. Il Pd su Instagram prende titolo e logo della trasmissione di Rai 3 e postando la foto di Giorgia Meloni torna a chiedere alla premier di riferire in aula sul caso Almasri. "E' Giorgia Meloni a dover rispondere della vicenda Almasri al Parlamento e al Paese. Basta nascondersi".
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - "Ci sono dei soldati prigionieri da liberare pagando un riscatto". E' questa la scusa che, in un caso, è stata utilizzata da chi, fingendosi il ministro della Difesa Guido Crosetto, ha raggirato due imprenditori, i quali hanno denunciato i fatti ai carabinieri e in procura a Milano. Altri tre imprenditori benestanti sono stati contattati dai truffatori che, complice anche l'intelligenza artificiale per camuffare le voci - del ministro, di un sedicente funzionario della Difesa o di un generale - hanno provato via telefono a ottenere ingenti bonifici. Sugli episodi indaga il pm Giovanni Tarzia.
Milano, 6 feb. (Adnkronos) - Si fingevano il ministro Guido Crosetto, oppure un generale o un sedicente funzionario del ministero della Difesa e provavano a truffare ingenti somme a degli imprenditori, cinque quelli a conoscenza dello stesso esponente di Fratelli d'Italia che ha denunciato la truffa. Due le vittime accertate, almeno tre gli altri professionisti che stavano cadendo nella rete di truffatori su cui indaga la procura di Milano guidata da Marcello Viola.
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - "Ieri ancora una volta il governo è venuto in Parlamento e non ha detto la verità, non ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità delle sue scelte, si è contraddetto. Noi vogliamo sapere se per tutelare l’interesse nazionale il governo si affida anzi coopera o meglio è complice di una banda di tagliagole, di assassini, di stupratori. Io penso che questo non sia accettabile, che c’è un limite anche a quello che si definisce interesse nazionale. Mi pare del tutto normale che le opposizioni abbiano, in modo molto deciso, sottolineato le incongruenze e siano intenzionate a chiedere che ci siano risposte di verità". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio.
"Perché è inaccettabile che alla fine - aggiunge il leader di SI - la politica si infili in una discussione surreale sui cavilli e di cui diventa vittima la realtà, e quei corpi violati da aguzzini senza scrupoli, come si può vedere anche oggi in un nuovo e terribile video diffuso da Repubblica con un uomo legato al parafango e trascinato da un mezzo di quella polizia giudiziaria libica di cui è a capo Almasri gentilmente rilasciato da Nordio e Piantedosi".
"Così come è inaccettabile l’attacco devastante del governo alla Corte Penale Internazionale: ma come si fa a non vedere che ci troviamo in un mondo in guerra nel quale senza questi organismi, anzi senza il loro rafforzamento, senza ricostruire attorno a quegli organi una sorta di sacralità, l’unico elemento che resta in campo è la legge del più forte, della violenza, della violazione sistematica dei diritti? Questo governo - conclude Fratoianni - sta creando un disastro colossale, i cui costi saranno pagati dal nostro Paese".
Roma, 6 feb. (Adnkronos) - “Il Governo ha condotto l’Italia al centro di uno scandalo internazionale, impedendo che il criminale libico venisse assicurato alla giustizia. Nordio e Piantedosi ieri si sono smentiti, Meloni è sparita. Ma non può continuare a scappare. Al di là di ogni aspetto giudiziario, deve risponderne sul piano politico, davanti al Parlamento e al Paese”. Così il democratico, Peppe Provenzano.