Resterà nella storia come il vescovo che ha accolto due volte in tre giorni Papa Francesco nella sua diocesi di Caserta. Monsignor Giovanni D’Alise, morto a 72 anni d’infarto mentre era ricoverato in ospedale per aver contratto il coronavirus, nel 2014 si era ritrovato protagonista di un piccolo giallo papale. Bergoglio era stato eletto al pontificato da poco più di un anno e ancora non sapeva bene destreggiarsi tra i protocolli delle visite del Papa in Italia. Nel luglio 2014, Francesco aveva deciso di trascorrere una giornata a Caserta dall’amico pastore evangelico Giovanni Traettino. Una visita privata per incontrare anche i fedeli di quella comunità. Il tutto senza passare dal vescovo e dai cattolici della diocesi. Ma c’era un’ulteriore aggravante. La data scelta dal Papa era il 26 luglio, festa di Sant’Anna, patrona di Caserta. Come avrebbe potuto Francesco arrivare in quella diocesi proprio nel giorno della festa patronale e snobbare completamente la comunità cattolica per andare soltanto dagli evangelici? Fu l’allora sostituto della Segreteria di Stato e attuale cardinale Angelo Becciu a far ritornare il Papa sui suoi passi, ma soprattutto a evitare l’incidente diplomatico con il vescovo e i fedeli di Caserta.
La soluzione fu presto trovata: Bergoglio sarebbe andato due volte a Caserta nel giro di tre giorni. Il 26 luglio per la festa patronale di Sant’Anna celebrando la messa nella piazza antistante la reggia con i cattolici. E poi sarebbe ritornato in città due giorni dopo per la visita privata a Traeittino e agli evangelici. Incontrando i sacerdoti della diocesi, prima di celebrare la messa di Sant’Anna, fu proprio il Papa a svelare l’accaduto: “Sono contento e mi sento un po’ colpevole di avere combinato tanti problemi nel giorno della festa patronale. Ma io non sapevo. E quando ho chiamato il vescovo per dirgli che volevo venire a fare una visita privata, qui, ad un amico, il pastore Traettino, lui mi ha detto: ‘Ah, proprio il giorno della festa patronale!’. E subito ho pensato: ‘Il giorno dopo sui giornali ci sarà: nella festa patronale di Caserta il Papa è andato dai protestanti’. Bel titolo, eh? E così abbiamo sistemato la cosa, un po’ in fretta, ma, mi ha aiutato tanto il vescovo, e anche la gente della Segreteria di Stato. Ho detto al sostituto, quando l’ho chiamato: ‘Ma, per favore, toglimi la corda dal collo’. E l’ha fatto bene”.
Quella visita papale fu un bel battesimo per l’episcopato di D’Alise a Caserta. Il presule, infatti, era stato nominato da Francesco alla guida della diocesi campana il 21 marzo 2014 e vi aveva preso possesso il 18 maggio successivo, poco più di due mesi prima dell’arrivo improvviso del Papa. “Chiesa di Caserta, mia nuova ‘sposa’ e mia nuova famiglia, – aveva detto D’Alise nell’omelia dell’inizio del suo episcopato – ti auguro di essere sempre di più ‘luce’ per scardinare le tenebre!”. E aveva aggiunto: “Carissimi fratelli e figli, amici carissimi, anche non credenti, non ho programmi da esporre. Desidero solo che sempre di più si imprimano, nel mio cuore e nel vostro, le linee fondamentali che Gesù ci ha donato, attraverso gli apostoli, costituendo la Chiesa e facendo di noi, che vi aderiamo, ‘una stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa’. E noi vorremmo rimanere uniti in questa sua ‘luce meravigliosa’. Da qui scaturisce tutta l’opera pastorale della Chiesa, ‘interpretando’ la storia di oggi, perché sempre di più, essa entri nella ‘luce’ e, con il nostro apporto, si diradino le tenebre, che sono tante, insistenti e che entrano dappertutto, anche nel ‘santuario’”.
Un pastore mite e buono come lo ricordano i suoi confratelli, in particolare quelli campani che hanno collaborato con lui fin dal 2004 quando fu nominato vescovo di Ariano Irpino-Lacedonia, il suo clero e i suoi fedeli. Sempre impegnato in prima linea, ma senza mai ricercare i riflettori. Vicino ai suoi preti e alla sua gente. Un vescovo capace di ascoltare chi gli chiedeva un aiuto, ma anche un semplice consiglio. Alla sua gente ripeteva: “Il ‘lavoro’ spirituale e pastorale a cui la Chiesa di Caserta è chiamata è: ‘conoscere’ Gesù. Una conoscenza non appena intellettuale ma una conoscenza esperienziale e ‘molla’ vitale che ci spinge anche ‘all’azione’ in favore dei fratelli, nella comunità ecclesiale e nel vivere civile”.
Di questi rapporti con le altre istituzioni della sua diocesi, D’Alise si era fatto sempre promotore in uno spirito di dialogo proficuo tendente esclusivamente al bene comune, nel rispetto dei propri ruoli. I suoi sei anni di episcopato a Caserta sicuramente lasceranno il segno anche nel futuro e saranno un’eredità che ora il successore che sarà scelto da Bergoglio dovrà valorizzare e tenere viva.