L’indagine era scaturita in Sicilia, dove la procura di Palermo indagava sul legame tra Arata, ex deputato di Forza Italia e autore del programma energetico della Lega, con Vito Nicastri, il “re del vento” al quale è già stato confiscato un patrimonio da un miliardo e mezzo di euro, considerato un finanziatore della latitanza di Matteo Messina Denaro
La nuova accusa di corruzione era arrivata un mese fa. E quindi è a rischio processo per due episodi il senatore leghista Armando Siri. La Procura di Roma ha chiuso le indagini e potrà chiedere il giudizio per il parlamentare. Nel procedimento, coordinato dal Mario Palazzi, sono coinvolte altre quattro persone tra cui l’imprenditore Franco Paolo Arata. Il caso dell’ex sottosegretario leghista era esploso il 18 aprile. del 2019. L’indagine era scaturita in Sicilia, dove la procura di Palermo indagava sul legame tra Arata, ex deputato di Forza Italia e autore del programma energetico della Lega, con Vito Nicastri, il “re del vento” al quale è già stato confiscato un patrimonio da un miliardo e mezzo di euro. Nicastri è considerato dagli inquirenti come uno dei finanziatori di Matteo Messina Denaro. Una parte dell’inchiesta, però, era finita Roma per competenza. Gli investigatori siciliani, infatti si sono imabatuti nei rapporti tra Arata e Siri. Secondo gli inquirenti, l’esponente del Carroccio avrebbe presentato emendamenti favorevoli agli affari di Arata e Nicastri in cambio di 30mila euro. Le accuse al sottosegretario erano esplicitate nel decreto di perquisizione della procura capitolina, dove si leggeva: “Armando Siri, proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il cosiddetto mini eolico, riceveva indebitamente la promessa e/o la dazione di 30mila euro da parte di Arata”, amministratore di una serie di società operanti nel settore delle energie rinnovabili. In cui il socio fantasma è appunto Nicastri. Che ha patteggiato la pena lo scorso dicembre.
Secondo l’accusa Siri, nel suo ruolo anche di sottosegretario alle Infrastrutture all’epoca dei fatti, avrebbe asservito i suoi poteri ad interessi privati “proponendo e concordando con gli organi apicali dei ministeri competenti (Infrastrutture, Sviluppo economico e Ambiente), l’inserimento in provvedimenti normativi di competenza governativa di rango regolamentari e di iniziativa governativa di rango legislativa, ovvero proponendo emendamenti contenenti disposizioni in materia di incentivi per il ‘mini eolico”. In cambio “riceveva indebitamente la promessa di e/o la dazione di 30mila euro da parte di Arata, amministratore della Etnea e dominus della Solcara Srl, amministrata dal figlio, società operanti in quel settore”. Arata da questi provvedimenti “avrebbe ottenuto benefici di carattere economico”. Considerato l’inventore della flat tax in salsa leghista, Siri è stato eletto dal Carroccio al Senato alle ultime politiche. Giornalista pubblicista, negli anni ’90 ha lavorato a Mediaset ed è stato un esponente del partito socialista, amico di Bettino Craxi. Nel 2011 aveva fondato un partito tutto suo, il Pin (Partito Italia nuova), con il quale si era candidato – senza successo – sindaco a Milano e poi a Genova. Nel 2014 si era avvicinato alla Lega. Nello stesso anno aveva patteggiato una pena a un anno e otto mesi per la bancarotta fraudolenta della società MediaItalia. Si è sempre dichiarato innocente, motivando la scelta di patteggiare con le difficoltà economiche che non gli hanno permesso di sostenere le spese processuali. Quel patteggiamento non incide nella sua carriere politica: nel giugno del 2018, infatti, viene nominato sottosegretario ai Trasporti del governo Lega-M5s.
L’indagine sul sottosegretario era arrivata in piena campagna elettorale per le europee. Erano quindi arrivate le dimissioni. Gli inquirenti di Roma, dopo aver chiesto una proroga delle indagini, hanno contestato a Siri un secondo episodio contestato Siri, in concorso con Arata e l’intermediario Valerio Del Duca, Simone Rosati e Paolo Iaboni (funzionari della Leonardo Spa). “Si attivava – si legge nel capo di imputazione – per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse, anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse per future commesse della Leonardo Spa”. Inoltre “esercitava pressioni direttamente e per interposta persona, sul comandante generale della Guardia Costiera, ammiraglio ispettore capo Giovanni Pettorino, al fine di determinarlo a rimuove il controammiraglio Piero Pellizari dall’incarico di responsabile unico del procedimento nell’ambito di un appalto, in essere ma in scadenza, per la fornitura di sistemi radar Vts (Vessel traffic service), essendo Pellizzari inviso alla Leonardo Spa, siccome critico su alcuni aspetti della fornitura”. Per questo Siri riceveva indebitamente “la promessa di ingenti somme di denaro (per il tramite e in parte destinate anche agli intermediari Arata, con legami personali ed illeciti con lo stesso Siri e lo stesso Del Duca) e comunque la dazione di 8mila euro, anticipate da Del Duca e Rosati (quest’ultimo di intesa con il suo superiore gerarchico Paolo Iaboni) che avevano programmati di riottenere tale provvista, pur non riuscendo nell’intento, mediante il pagamento da parte di Leonardo Spa, di una fattura emessa da una società”.