Justmary.fun è il primo sito di delivery di cannabis in Italia: rider non riconoscibili (senza logo) consegnano a domicilio erba legale. A fondarlo da Matteo Moretti ed Elio Viola: uno si occupa di finanza, l'altro è un avvocato. "Non abbiamo mai fumato una canna in vita nostra", raccontano prima di dare i numeri: “Il primo anno abbiamo fatturato 30mila euro, il secondo 220mila. Quest’anno siamo oltre il milione e mezzo”
“Tranquillo, è legale”, è questo il primo messaggio che appare entrando sul sito justmary.fun, il “primo sito di delivery di cannabis in Italia”, come loro stessi pubblicizzano. Rider che solcano le strade di città italiane per portare a domicilio una canna: fanno esattamente questo. Rigorosamente legale, già venduta in negozi e distributori automatici in tutta Italia, la versione a domicilio arriva a Milano nel 2018, espandendosi pian piano, prendendo piede in altre città d’Italia, giù fino al Sud, dove dallo scorso agosto è attivo il servizio di consegne anche a Catania, unica città del Meridione a godere del servizio (attivo anche a Firenze, Torino e Roma). Così che basta un click per fumare un po’ di marijuana senza neanche uscire di casa.
Perfino in completa discrezione: “I nostri rider non hanno logo, i box in cui la trasportiamo neanche”, avverte Matteo Moretti, fondatore assieme ad Elio Viola, del sito di consegne di “canne light”. Prive cioè del noto effetto “stono”, perché come impone la legge, hanno un livello di Thc (la molecola che scatena l’effetto psicotropo) sotto lo 0,5 per cento, mentre contengono Cbd, o cannabidiolo, una molecola che va per ora per la maggiore, che si ritiene curi ansia e insonnia, e che funzioni come antiossidante e antinfiammatorio. La legalizzazione di questa versione, avvenuta in Italia nel 2016, ha già permesso la moltiplicazione di distributori, negozi e anche di siti per la spedizione. Quello fondato da Moretti e Viola (40 e 36 anni) è però un servizio di consegna veloce a domicilio. Qualcuno ha detto Just Mary? “Esatto – risponde il fondatore – l’ispirazione è stata quella di prendere il modello di “delivery” e traslarlo sulla canapa. Io mi occupo di finanza, il mio socio è un avvocato. Non abbiamo mai fumato una canna in vita nostra, sul serio. Semplicemente un giorno parlavamo del boom che stava avendo la vendita di cannabis light…”. Ed è presto fatto: “Sito, app, rider: prima a Milano, poi a Firenze, fino a Catania”. Non senza intoppi: “Abbiamo aperto anche a Bologna ma abbiamo chiuso subito. Perché? Andiamo meglio in città dove non ci sono molti negozi né un’ampia diffusione di cannabis illegale”, sentenzia Moretti. Mentre dà i numeri: “Il primo anno abbiamo fatturato 30mila euro, il secondo 220mila. Quest’anno siamo oltre il milione e mezzo”. Un’impennata di certo aiutata dal lockdown: “Da questo e dagli investimenti che facciamo in marketing, dove possibile, perché i pregiudizi sono ancora tantissimi”, sottolinea Moretti. Che spiega: “Non riusciamo a comprare spazi pubblicitari in tv o in grossa parte della carta stampata e nei social: il sesso sì, la canapa legale no, che poi è un po’ come mettere al bando la birra analcolica. Ma siamo riusciti ad entrare nel mondo del calcio anche se con discrezione”.
Un passo alla volta, o meglio, un tiro alla volta: “Spazi pubblicitari durante le partite di Udinese, Verona e Sampdoria, che ci permettono così di entrare in tv. Prima solo con l’immagine delle piante, ma tra due settimane potremo anche scrivere ‘cannabis’. Insomma, un po’ alla volta vinceremo i pregiudizi”. Sono proprio quelli però che fanno bene agli affari: “I nostri clienti sono soprattutto professionisti che preferiscono non andare in negozio o non sostare davanti ad un automatico, hanno dai 25 ai 60 anni”. Un commercio poi che gode di parità di genere: “Il 50 per cento sono donne, che la utilizzano anche per i dolori mestruali”. Una cura” – non solo per le donne – che frutta “più di 150 ordini al giorno con i rider e almeno 10-15 spedizioni postali”. Con un’espansione costante ma con dei limiti: “Nelle città piccole il volume d’affari non ci consente di aprire. Altre città al Sud? Adesso pensiamo a Palermo”.