Il presidente Mao, padre della Cina moderna, diceva che l’imperialismo è una tigre di carta. Più che una tigre di carta, Donald Trump mi ha sempre ricordato un pupazzo di cartapesta o forse di gomma. Eppure, nonostante taluni aspetti indubbiamente grotteschi e tragicomici del suo pensiero e della sua azione, l’attuale presidente degli Stati Uniti potrebbe infliggere ancora grandi sofferenze al suo Paese e all’insieme dell’umanità.
Sempre più spesso si parla di metodi fascisti a proposito della gestione Trump degli Stati Uniti d’America. Personalmente sono restio ad utilizzare etichette troppo generiche in questo ed altri casi, tenendo presente che la storia rinnova sempre le sue forme e le sue esperienze. Eppure, i toni che Trump sta adoperando con sempre maggior frequenza, specie da quando la pandemia Covid ha fatto scendere ulteriormente i suoi risultati nei sondaggi mettendo a serio repentaglio la sua rielezione, sono toni indubbiamente di stampo autoritario.
Le aperte minacce di non riconoscere il risultato delle urne qualora si dovesse rivelare a lui sfavorevole, il negazionismo sia per quanto riguarda il Covid che il cambiamento climatico, la violazione dei diritti dei migranti giunta al punto di internare bambini e bambine in appositi campi di concentramento, l’appoggio alle milizie suprematiste bianche di estrema destra, il rilancio in grande stile del razzismo, le sempre più esplicite allusioni alla guerra civile, la collocazione di pedine a lui fedeli in alcuni gangli vitali del potere, specie in tempo di elezioni, dalle Poste alla Corte suprema, non sono solo tentativi di evitare la disfatta elettorale ricorrendo ad ogni mezzo necessario.
Mettendo insieme tutti tali elementi si ottiene infatti una strategia, abbastanza compiuta e pericolosa, se pure rozza, per mantenere il potere trasformando a fondo le basi culturali, sociali e politiche della società statunitense nella direzione di un autoritarismo con basi reazionarie di massa. Detto anche “fascismo”, secondo la concezione togliattiana che resta la più precisa. Agevolato certamente dalla dinamiche del capitalismo neoliberista che aumentano le distanze sociali, eliminano l’assistenza sanitaria e consentono alla disoccupazione di dilagare. Fenomeni che non riguardano purtroppo solamente gli Stati Uniti.
Le basi di questo movimento reazionario sono date, inoltre, da un duplice declino. Quello dei bianchi all’interno della compagine sociale multirazziale statunitense e quello degli stessi Stati Uniti nella situazione mondiale, dove stanno perdendo con ogni evidenza il predominio esercitato praticamente a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale. La pandemia Covid, irresponsabilmente sottovalutata dal negazionista Trump, ha impresso una nuova accelerazione alla crisi.
Sul piano dei rapporti internazionali Trump ha bloccato ogni negoziato di pace e disarmo coll’Iran, portato alla stelle la tensione colla Cina, e tenta in ogni modo di riprendersi l’America Latina, come dimostra la patetica riesumazione della Dottrina Monroe a circa due secoli dalla sua nascita. Continuano ed anzi si aggravano, nonostante la pandemia, le sanzioni genocide contro Cuba, Nicaragua e Venezuela, mentre si moltiplicano i piani di intervento armato nella regione, forse il canto del cigno, o meglio l’ululato del lupo, morente.
Anche nei confronti dei Paesi latino-americani Trump dimostra lo stesso approccio antidemocratico manifestato nel dibattito con Biden, quando ha dichiarato che non avrebbe accettato un risultato negativo delle elezioni presidenziali perché sicuramente dovuto a brogli. Nella stessa logica di rifiuto del responso delle urne gli Stati Uniti e i loro alleati locali vorrebbero impedire che elezioni libere e democratiche si svolgano in Venezuela, Bolivia, Ecuador e altrove.
Qualcuno, affetto da complottismo machiavellico, ha voluto vedere nella recente dichiarazione di Trump che lui e la moglie sono affetti da Covid, chissà quale raffinata mossa preelettorale. Non ci credo, perché Trump, anche se dotato di un buon istinto politico animalesco, non è certo uno stratega raffinato e soprattutto perché, in questo caso come in quello di Boris Johnson qualche mese fa, a parlare sono soprattutto i fatti e la forza di un virus che purtroppo continua a fare vittime negli Stati Uniti e nel mondo.
Dobbiamo augurarci in conclusione che il popolo statunitense apra gli occhi. Molte delle 213.534 vittime di Covid nel Paese al 3 ottobre 2020 gravano sulla coscienza di Trump. E dobbiamo sperare che, nonostante i suoi limiti, lo scialbo Biden riesca a portare casa la vittoria e a porre fine all’infausta presidenza del pupazzo dai capelli arancione, come del resto auspicato da Bernie Sanders, Alexandra Ocasio-Cortez, Angela Davis ed altri esponenti della sinistra statunitense.