La bozza della Nadef che arriva sul tavolo del consiglio dei ministri: le spese correnti salgono a 888 miliardi contro gli 808 del 2019. I decreti varati durante l'emergenza destinano 26,5 miliardi alla tutela del lavoro e 21,2 miliardi a favore delle imprese (più i 44 miliardi del "Patrimonio destinato" e i 4 miliardi del Fondo Pmi). Il gettito tributario invece cala da 517 a 475 miliardi e il recupero da evasione si ferma a 8,8. Previsioni di crescita appese all'evoluzione dei contagi
Sono appese all’andamento dei contagi da Covid le previsioni di crescita, indebitamento e deficit indicate dal governo nella Nota di aggiornamento al Def attesa in consiglio dei ministri lunedì sera. Il documento che farà da cornice alla prossima legge di Bilancio non può che prendere atto dell’incertezza di una fase di ripresa a rischio interruzione se negli ultimi mesi dell’anno si renderanno necessarie altre chiusure selettive di alcuni settori per ridurre la trasmissione del virus. In questo scenario di “recrudescenza“, il pil potrebbe crollare non del 9% ma addirittura del 10,5, e nel 2021 la crescita si fermerebbe a +1,8% contro il +6% programmatico. In attesa degli sviluppi delle prossime settimane, la Nadef fa luce su quanto il coronavirus abbia impattato sui conti pubblici. Facendo esplodere le spese dello Stato e contrarre le entrate, comprese quelle da lotta all’evasione fiscale.
I decreti cura Italia, Liquidità, Rilancio e Agosto hanno richiesto un indebitamento aggiuntivo di 100 miliardi e portato il totale delle spese correnti (compresi gli interessi sul debito che calano da 60,3 a 58,4 miliardi) a 888 miliardi contro gli 808 del 2019: quasi il 54% del prodotto interno lordo. A pesare sono soprattutto le prestazioni sociali, dagli ammortizzatori ai bonus al reddito di cittadinanza e di emergenza: escludendo le pensioni, quella voce sale a 128 miliardi dagli 86 del 2019. Un aumento del 48%. Ma lievita anche la spesa della pubblica amministrazione per beni e servizi, che comprende farmaci e altri acquisti fatti dagli enti sanitari: da 147 a 159 miliardi. Dalle tabelle finali emerge come oltre 26,5 miliardi vadano alla tutela del lavoro tra cig, indennità una tantum, esonero dal versamento dei contributi per i lavoratori del Sud (dall’1 ottobre) e per le aziende che non chiedono più gli ammortizzatori dopo averne fruito a maggio e giugno, congedi parentali e voucher. Altri 21,2 miliardi sono interventi a favore delle imprese, cifra a cui peraltro vanno aggiunti i 4 miliardi del Fondo Patrimonio Pmi e i 44 miliardi del “Patrimonio destinato” con cui Cassa depositi e prestiti potrà entrare nelle aziende attraverso aumenti di capitale o sottoscrivendo prestiti obbligazionari convertibili.
Dal lato delle entrate, al contrario, il gettito tributario è atteso in calo dell’8,1%, da 517 a 475 miliardi anche a causa del posticipo di alcune scadenze e della cancellazione del saldo Irap 2019 e della prima rata 2020 per le imprese, che “costa” oltre 4 miliardi alle casse pubbliche. Per quanto riguarda l’Irpef, “gli aumenti delle ritenute sui lavoratori dipendenti a tempo indeterminato (soprattutto dei dipendenti pubblici) continuano a compensare la riduzione delle ritenute dei lavoratori autonomi e a tempo determinato, maggiormente colpiti dal calo di occupazione”. Le imposte indirette crollano addirittura dell’11,5% per effetto del calo dei consumi che impatta sull’Iva e della sospensione dei giochi, scommesse e sale bingo durante il lockdown. Giù anche l’imposta di registro, visto il calo delle compravendite immobiliari. Proprio lunedì il Tesoro ha diffuso il consuntivo sul periodo gennaio-agosto 2020 e le entrate tributarie erariali accertate si sono fermate a 271,5 miliardi, 17 in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: stabile l’Irpef, come da previsioni sull’intero anno, mentre crollano Iva e ritenute su dipendenti privati e autonomi.
A picco, infine, anchegli incassi da lotta all’evasione: in base ai dati disponibili, stando alla Nadef il 2020 si chiuderà con un recupero di soli 8,8 miliardi, 6,8 in meno rispetto al 2019. Un andamento che “riflette gli effetti della sospensione dell’attività di accertamento e controllo da parte dell’Amministrazione fiscale durante la situazione di emergenza legata allo shock pandemico”, spiega la bozza. Risultato: quest’anno non saranno iscritte risorse aggiuntive nel Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di solito alimentato proprio con i soldi recuperati da chi cerca di sottrarsi al fisco.