Lo scienziato italiano: "Grazie alla scoperta del virus e al test da lui sviluppato, è stato possibile eliminare la trasmissione dell’epatite C attraverso le trasfusioni di sangue"
Con uno degli scienziati premiati con il Nobel per la Medicina firmò uno studio sul recettore del virus dell’epatite C. Ed è quindi anche con un pizzico di emozione che Sergio Abrignani, docente di Patologia Generale all’università Statale di Milano, commenta il premio ai tre virologi che con il loro lavoro hanno contribuito a salvare milioni di vite. “Era atteso da anni ed è stato più che meritato. Grazie alla scoperta del virus e al test da lui sviluppato, è stato possibile eliminare la trasmissione dell’epatite C attraverso le trasfusioni di sangue. La sua è stata una scoperta immensa per la salute umana, ha cambiato la vita a milioni di persone. Il Nobel era atteso da tempo ed è stato diverse volte tra i finalisti”, continua Abrignani, che racconta di aver lavorato per molti anni insieme a Houghton. “Io ho scoperto il recettore del virus dell’epatite C – precisa – cioè la sua porta di ingresso, e lui mi ha dato molti reagenti per lavorare sui miei test“. Abrignani, interpellato dall’Adnkronos, è una miniera di aneddoti su Houghton, scienziato britannico oggi trapiantato in Canada, fresco di premio Nobel 2020 per la Medicina, condiviso con i due colleghi americani Harvey J. Alter e Charles M. Rice: “Sono amici fraterni hanno lavorato insieme a San Francisco alla Chiron, “una delle prime aziende biotech al mondo”, hanno condiviso il miraggio di un vaccino contro l’epatite C e firmato una ventina di studi insieme, di cui “uno solo io e lui su Nature nel 2005 in cui facevamo un report un po’ triste delle prospettive su un’iniezione scudo che non ci sarebbe mai stata”.
Abrignani ha condiviso con lui anche l’importante scoperta “del recettore del virus CD81, cioè della porta d’ingresso del virus nelle cellule umane. Pubblicammo su Science nel 1998”. È questo uno dei lavori a firma di Abrignani più citati. Ma c’è di più nel rapporto che lo lega a Houghton: un enorme fattore umano. “Gli chiedevo aiuto non essendo madrelingua – ricorda – Una lettera di insulti senza insultare, era la richiesta. E lui era imbattibile. Queste lettere le ho conservate e ogni volta che le rileggo sorrido”. Dai racconti di Abrignani emergono sprazzi di vita da Nobel e la storia di un’amicizia. Quando lui, giovane ricercatore italiano di belle speranze, traslocò negli States in California, ancora senza residenza né carta di credito Usa, fu proprio Houghton a ‘garantire’ per lui per il contratto dell’energia elettrica. “Ci presentammo insieme alla compagnia dell’elettricità e Houghton firmò che se non pagavo rispondeva lui. Da allora ci scherzava sopra e mi chiedeva: hai pagato la bolletta?. È una gran persona, ha dato un contributo immenso alla medicina del Novecento. Oggi gli ho scritto un messaggio: ‘Alla fine lo hai preso, era l’incipit”, non a caso.