Sono sicuro che, vedendo da chi parte questo augurio (da me), qualcuno si chiederà se ho cambiato bandiera. Tutti quelli che hanno letto qualche mio scritto su di lui sanno che i miei giudizi sul suo operato sono sempre stati molto negativi. Comunque mai fino al punto da augurargli di star male, quindi sono certo che se dovesse capitargli di leggerli lui apprezzerebbe molto i miei auguri di pronta guarigione, ma non gradirebbe per niente quel “sinceri”. Non perché il mio augurio non sia sincero, ma perché a lui basta la parola (come col famoso “confetto Falqui”)! Al solo sentirla quella parola il suo organismo reagisce con un violento tumulto e… se gli capitasse mentre si trova in un luogo pubblico potrebbe incontrare seri problemi a liberarsi da quella reazione. Non so se sia una sua scelta o se sia proprio una totale allergia alla sincerità.
Tuttavia non sono certamente io il solo ad essermi accorto di questo insolubile (per lui) problema. David Corn, editorialista di MotherJones (noto bimestrale di analisi politica, ma presente anche quotidianamente nel web) si chiede ora cosa potrà succedere all’America che viene a trovarsi con “Two viruses — the coronavirus and disinformation — collide at the White House” (due virus, il coronavirus e la disinformazione, che collidono nella Casa Bianca). Cioè cosa può succedere quando il Covid colpisce lo studio ovale occupato da un presidente allergico alla sincerità?
David Corn, da buon giornalista, sa che il miglior modo per combattere una pandemia come quella da Covid è attenersi a ciò che dicono i virologi e gli specialisti. Mettere da parte per un po’ almeno la politica, dire la verità è indispensabile per uscire in fretta da questo flagello.
Ma, Corn dice, con l’attuale inquilino della Casa Bianca, si sa, è impossibile. Sincerità e verità sono complementari, e lui è allergico ad entrambe le cose. Quando gli hanno detto del Coronavirus ha minimizzato, paragonandola ad una semplice influenza stagionale. Poi (ai primi morti) ha rinfrancato i timorosi assicurando che ai primi caldi “sparirà rapidamente”. Poi, visto che il virus non ne voleva sapere di obbedire, ha provato a suggerire ai virologi l’utilizzo di qualche detergente killer (sbadatamente ignaro che in quel modo non avrebbe ucciso solo il virus).
Offeso nell’orgoglio, ma costretto dall’allergia ad evitare la verità, il comandante in capo si è visto costretto a mostrare la sua risolutezza nel rifiutare di obbedire a chi gli consigliava la “mascherina”. Lui dà gli ordini, mica li prende! E’ andata avanti così per qualche mese finché il Covid lo ha colpito proprio quando ormai, come molti altri, non se lo aspettava più.
Già, ma insieme a lui, in tutto il mondo, milioni di persone gli hanno creduto quando ridicolizzava la mascherina e si faceva vedere ostentatamente senza quella semplicissima protezione. E moltissimi tra quelli che non hanno potuto contare sulle cure immediate che lui ha potuto ricevere hanno dovuto maledire quel suo insensato decisionismo anche su cose di cui non ha contezza alcuna. Proprio questa settimana uno studio della Cornell University ha rilevato che, a causa dei suoi quotidiani inesatti annunci sui giornali e sui social, lui è risultato essere il maggior diffusore globale in lingua inglese di disinformazione sul modo di proteggersi dal Covid.
Purtroppo però in questo macroscopico errore testè illustrato non è l’unico, a livello governativo, ad avere fallito sul piano delle responsabilità politiche e civili. Su Project Syndicate è un illustre economista, laureato col premio Nobel, a puntare il dito contro il partito che sostiene, nel Congresso, tutto l’operato irresponsabile di Trump.
Nell’articolo “The Republican threat to the Republic” (Il pericolo repubblicano sulla Repubblica) Joseph Stiglitz unisce il Partito Repubblicano (detto anche Grand Old Party, Gop) alle molte (ir)responsabilità commesse da Trump non solo nella gestione di questa pandemia ma anche in tutta la sua attività di “timoniere” della nazione, a partire dal pessimo livello imposto nel confronto con lo sfidante democratico Joe Biden di pochi giorni fa. Biden non si è sottratto a quello scadentissimo livello ben sapendo che se lo avesse fatto avrebbe perso quel confronto. Ma quel modo di confrontarsi non ha proprio nulla di “presidenziale”, è solo volgare e meschino (dico io).
Non si può però ignorare il “certosino” lavoro del Washington Post che si è preso la cura di verificare, registrare e contare tutte le volte che Trump ha detto delle falsità. Ne ha contate 20mila. Considerando che proprio i repubblicani volevano imporre l’impeachment al presidente Clinton per quel suo “fornicare” con una studentessa (in campo privato). Non però per l’abuso sulla giovane, ma per la menzogna di aver inizialmente negato il fatto. Quanti impeachment dovrebbero ora dare a Trump che ha regolarmente mentito quasi ogni giorno su qualunque cosa della sua amministrazione pubblica?
Stiglitz elenca minuziosamente molte altre mancanze commesse da Trump prima e dopo la sua salita al potere pubblico (incluso il suo ben noto rifiuto di mostrare quante tasse paga), poi conclude con questa frase che condanna il Gop ancor più dello stesso Trump: “Trump’s behavior in the run-up to the election has increasingly posed a direct threat to American democracy.” (Il comportamento di Trump durante tutta la fase pre-elettorale ha costantemente accresciuto un pericolo diretto per la democrazia americana).
Il mio augurio al presidente è perciò di guarire… ma non solo dal Covid-19.