L'andamento dei contagi non è l'unica variabile che potrebbe far rivedere in peggio le previsioni. Cruciale la capacità di sfruttare appieno i fondi Ue per fare investimenti e rimettersi su una traiettoria di crescita molto vivace rispetto a quella degli ultimi anni: +6% nel 2021, +3,8% nel 2022, +2,5% nel 2023. Solo così il debito/pil, che quest'anno tocca un record del 158%, ripiegherà al 151,5% già nel 2023 e tornerà al di sotto del livello pre-Covid entro la fine del decennio
Per rivedere il prodotto interno lordo registrato prima del Covid bisognerà aspettare il 2022, sempre che la recrudescenza della pandemia non si aggravi. In quel caso, il rimbalzo del 6% atteso nel 2021 dopo il -9% del 2020 non si concretizzerà. E il recupero sarà molto più contenuto (+1,8%). Ma le previsioni messe nere su bianco dal governo nella Nota di aggiornamento al Def approvata lunedì sera non sono appese solo all’andamento dei contagi. che potrebbe richiedere l’adozione di nuove “misure precauzionali” (scompare, nella versione definitiva, il riferimento a possibili “chiusure selettive“). L’altra variabile cruciale è se l’Italia sarà in grado di sfruttare appieno i fondi del Next Generation Eu per fare investimenti e rimettersi su una traiettoria di crescita decisamente vivace, rispetto a quella degli ultimi anni: +3,8% nel 2022, +2,5% nel 2023. In caso contrario, anche le stime sul calo del debito/pil – che quest’anno tocca un record del 158% ma secondo la Nadef dovrebbe ripiegare al 151,5% già nel 2023 e tornare al di sotto del livello pre-Covid entro la fine del decennio – andranno riviste in peggio.
La scommessa non è banale se si considera un altro aspetto. Il governo, si legge nel documento che contiene la cornice macroeconomica della legge di Bilancio, “nell’ottica dell’orientamento di stimolo alla crescita della politica di bilancio, ma tenuto conto della necessità di invertire l’aumento del rapporto debito/PIL dell’Italia nel medio periodo, fissa l’obiettivo di indebitamento netto (deficit/pil, ndr) nominale al 7 per cento del Pil per il 2021 e al 4,7 per cento nel 2022 e decide di ricondurre tale obiettivo entro la soglia del 3 per cento nel 2023“. Il deficit dunque andrà diminuendo. L’impatto della prossima manovra – finanziata per 22 miliardi in deficit e per alti 15 con la revisione dei sussidi dannosi per l’ambiente, l’ennesima spending review, l’aumento di gettito atteso con gli incentivi ai pagamenti elettronici e le sovvenzioni in arrivo da Bruxelles – sarà espansivo per 1,3 punti nel 2021 quando il debito/pil è atteso in calo al 155,6%. L’intonazione resterà espansiva anche nel 2022 (di 0,6 punti), con il debito visto al 153,4% del pil. Ma nel 2023 “vi sarà, invece, una restrizione fiscale di circa 0,3 punti percentuali rispetto al tendenziale”. Una stretta che pure, secondo la Nota, dovrebbe accompagnarsi a una crescita del 2,5%. Consentendo un’ulteriore discesa del debito/pil al 151,5%.
La manovra per il 2021, come detto, sarà finanziata anche “dall’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal pacchetto Next Generation Eu, tra cui quelle dei fondi React-EU, Sviluppo Rurale e RRF (Recovery and resilience facility, ndr)”. Per quest’ultimo però “si prevede l’utilizzo pieno delle sovvenzioni (grants) messe a disposizione del nostro Paese, e un utilizzo dei prestiti compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di bilancio“. Perché i prestiti, in quanto tali, impattano sul debito. Lo sforzo sarà quello di trovare un equilibrio che consenta di dare sufficiente impulso alla crescita senza però appesantire ulteriormente il debito. La restante parte della Recovery and resilience facility – il “cuore” del Recovery fund, vale 672 miliardi complessivi – e delle altre componenti del Next Generation “verrà utilizzata nel periodo 2024-2026”.