Arthur e Hakimi, Osimhen e Tonali. C’è stato pure il botto dell’ultimo minuto, Federico Chiesa. Tutta apparenza. La Serie A ostenta normalità, gioca e compra come se nulla fosse, ma la verità è che i presidenti non hanno più un euro in cassa, tanto da aver dovuto rinviare il pagamento degli ultimi due mesi di stipendio come rivelato dal Fatto Quotidiano. Si è visto anche nel calciomercato 2020, che è stato il calciomercato del Covid: pochissimi soldi, tanti prestiti, tutte cambiali avanzate dal passato o scaricate sul futuro. Secondo i dati del portale transfermarkt.it, alla fine la Serie A ha speso complessivamente 762 milioni di euro, cifra che pare esorbitante ma non deve ingannare: quelli usciti per davvero dalle tasche dei club sono molti di meno, se si considera che alla fine il saldo è negativo per appena 50 milioni. Rispetto all’anno scorso, c’è stato un calo degli investimenti del 35%. E praticamente nessuno, neanche le big, ha speso più di 50 milioni “reali”.
GRANDI COLPI? NO, PLUSVALENZE – Prendiamo quello che è stato l’acquisto più caro dell’estate (anzi, dell’autunno vista l’insolita sessione di settembre): il brasiliano Arthur, passato dal Barcellona alla Juventus per 72 milioni di euro. In teoria: nella pratica i milioni che si sono mossi fra i due club sono appena una decina, grazie allo scambio con Pjanic e all’ipervalutazione di entrambi i cartellini. Una plusvalenza tira l’altra. Discorso applicabile in parte anche al colpo del Napoli, Victor Osimhen: prelevato dal Lille per la cifra record di 70 milioni di euro, da cui però vanno tolti i 15 milioni che il club francese ha gentilmente versato agli azzurri per Karnezis, Manzi e Liguori, tre giocatori che insieme non ne varrebbero nemmeno uno (fonte Transfermakt). Considerando il giochetto contabile, la cifra sborsata per il nigeriano (circa 55 milioni) resta ragguardevole, ma è già diversa. A seguire, l’altro grande acquisto è quello di Achraf Hakimi da parte dell’Inter, che però è anche l’unico per i nerazzurri, a quota 40 milioni. I grandi colpi del passato sembrano un lontano ricordo. In compenso, non mancano i soliti favori fra piccole e big: Pinamonti palleggiato fra Genoa e Inter (dopo non aver esercitato il controriscatto da 20 milioni, i nerazzurri l’hanno riportato alla base per 8 milioni più 12 di bonus), Mandragora fra Udinese e Juventus (partito due anni fa per 20 milioni, torna a Torino per 10 ma intanto resta in Friuli fino a fine stagione). I soliti misteri del mercato. O forse è tutto chiarissimo.
IL MERCATO DEI “COPPONI” – L’altro, grande filo conduttore è stato il prestito: comprare oggi pagando domani, pagare oggi ciò che si era acquistato ieri. Se Antonio Conte si è dovuto accontentare di affari low-cost (Vidal, Kolarov, Sanchez) e cavalli di ritorno (Nainggolan, Perisic), è perché l’Inter ha dovuto saldare i conti del passato. Sensi e Barella, già da un anno a Milano ma contabilizzati ora, hanno impegnato quasi 45 milioni, esaurendo le entrate. Vale lo stesso per la Roma, che aveva sul groppone Veretout, Mancini e Perez (40 milioni circa). I giallorossi hanno già rilanciato, con Kumbulla e Mayoral: oggi spiccioli (5 milioni), domani salassi (22 obbligatori per l’albanese, 15 facoltativi lo spagnolo). I nerazzurri invece l’anno prossimo saranno liberi da scadenze e potranno progettare una campagna importante.
Lazio e Atalanta, un passo sotto le big almeno sul piano finanziario, non hanno fatto follie: circa 25 milioni spesi da Lotito, oltre 40 dagli orobici (ma ripagati ampiamente dalle uscite). Agnelli non ha rinunciato a far mercato, ma lo ha fatto quasi a saldo in pari (appena -13 milioni) e costo zero. Per il momento. Morata, Chiesa, McKennie, sono arrivati tutti più o meno con la stessa formula: il più classico dei “pagherò”. Appena 3 milioni Chiesa, più 7 l’anno prossimo, più altri 40 dopo però. Dieci milioni per lo spagnolo, ma il riscatto costerà 35 nel 2021 o 25 nel 2022, con altri 10 per rinnovare il prestito. Alla fine i bianconeri hanno speso meno di 40 milioni per quattro rinforzi di lusso (dentro c’è pure l’americano McKennie). Ma sono potenzialmente esposti per oltre 100 milioni nel prossimo triennio. È quello che ha fatto pure il Milan per Tonali, il grande investimento del futuro rossonero, quasi 40 milioni totali: tanto futuro che andrà pagato quasi tutto nelle prossime stagioni. È la strategia dei “copponi”, con cui ormai si fa mercato. Prima o poi, però, i debiti si pagano.