di Riccardo Mastrorillo

Nei giorni in cui si scopre che l’italiano medio per indossare la mascherina ha bisogno di un decreto che imponga obbligo e sanzione, la maggioranza per utilizzare i soldi del Recovery found annaspa nella ricerca dei più fantasiosi progetti, e che gli ex monopolisti dell’auto cercano di trasformarsi nei nuovi monopolisti dell’informazione, il segretario del Partito democratico, Nicola Zingaretti, riscopre la vocazione dei Dem per le riforme costituzionali.

Non ha avuto un recupero di memoria pensando che ci fosse l’urgenza di una legge sul conflitto d’interesse, sulle concentrazioni editoriali, no. Non riuscendo a soddisfare la vocazione maggioritaria, il Pd prova a soddisfare almeno la vocazione riformista.

Da un anno a questa parte aspettavamo che qualcuno si svegliasse dal torpore per mettere in sicurezza la democrazia italiana. Dopo l’agosto terribile del 2019, quando scampammo per un pelo ai “pieni poteri” di Matteo Salvini, abbiamo sostenuto la necessità di fermarsi a riflettere e promuovere una stagione che superasse il riformismo avventato per riaffermare i principi costituzionali della nostra democrazia parlamentare.

Non siamo stati tra coloro che hanno lanciato anatemi contro la riduzione del numero dei parlamentari, benché abbiamo rivendicato e motivato qualche sana perplessità: abbiamo sempre affermato che il pericolo per la democrazia fosse altrove, nella soverchiante ignoranza dei principi della democrazia liberale e soprattutto nel costante svilimento dell’equilibrio dei poteri.

Zingaretti ha indicato la linea: superamento del bicameralismo perfetto e sistema elettorale proporzionale, ma non troppo: pluralista, con uno sbarramento (non discutibile) al 5%. Zingaretti è un leader generoso: lo sbarramento alto è una soluzione che avvantaggia la destra, più coesa, più ubbidiente al leader, meno frammentata; non è un caso che i Presidenti di Regione del centrosinistra abbiano dovuto apparentarsi con una miriade di liste e listarelle pur di superare la destra (Puglia: 15 liste per Emiliano contro le 5 per Fitto; Campania: 15 liste per Vincenzo De Luca contro le 6 per Caldoro; Toscana: 6 liste per Giani, contro le 4 per Ceccardi).

Certo noi credevamo che la vera emergenza, per la legge elettorale, fosse ripristinare quella “fastidiosa” usanza di consentire agli elettori di scegliersi i propri rappresentanti, ma su questo inspiegabilmente Zingaretti non ha detto nulla.

Le soluzioni che ha annunciato Zingaretti sono assolutamente geniali: vengono pescate, come da anni sospettiamo preoccupati, dalle peggiori proposte bocciate all’Assemblea Costituente. Per carità, non siamo tra coloro che sostengono che la Costituzione non vada toccata, ma potremmo sperare in proposte che attualizzino i principi e i valori della democrazia parlamentare? Nel dibattito alla Costituente la scelta del bicameralismo perfetto fu fatta dopo ampio dibattito e comune condivisione: alla base della scelta c’erano delle convinzioni precise, riassunte magistralmente dal relatore Conti.

Le proposte della maggioranza, in discussione in questi giorni in Parlamento, vanno inspiegabilmente contro quei principi, visto che si propone, per esempio, di equiparare l’elettorato di Camera e Senato. […] Sarebbe il caso che il solerte suggeritore di Zingaretti passasse al segretario del Pd anche i resoconti della Costituente, dai quali potrebbe trarre ispirazione e capacità critica indispensabili per promuovere riforme così importanti.

Anche l’ultima proposta per la legge elettorale, al netto dell’inspiegabile sbarramento, ci sembra la riedizione di una vecchia truffa: il 7 ottobre del 1947 l’Assemblea Costituente approva con 190 favorevoli e 181 contrari il seguente ordine del giorno, presentato da Nitti: “L’Assemblea Costituente afferma che il Senato sarà eletto con suffragio universale e diretto, col sistema del collegio uninominale.” […]

Al momento di approvare la legge elettorale del Senato, fu inventato il sistema dei collegi uninominali ma con l’assegnazione dei seggi con metodo proporzionale, scegliendo gli eletti di ogni singolo partito in base alle percentuali più alte riportate nei singoli collegi. […].

Zingaretti vuole convincerci che questo sistema di elezione è perfetto, certo! Permette ai partiti di scegliere comunque gli eletti, nascondendoli dietro ad una candidatura uninominale, più elegante della lista bloccata, ma che in realtà è solo una lista bloccata camuffata. Il resto delle proposte di riforma – “Razionalizzazione del parlamentarismo attraverso la valorizzazione del Parlamento in seduta Comune per la definizione dell’indirizzo politico nazionale, l’introduzione della sfiducia costruttiva e di nuovi elementi di differenziazione di Camera e Senato” – del Partito democratico sono sostanzialmente la riedizione di quella che fu bocciata nel 2016.

Noi contestiamo soprattutto il metodo: mettere il carro davanti ai buoi. Non sarebbe meglio condividere, magari anche con le opposizioni, dei principi condivisi e poi insieme stendere delle proposte di modifica, invece di continuare a riproporre soluzioni bocciate nel 1947, nel 2005, nel 2016 solo per apparire dei sagaci riformisti?

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