“Sto discretamente bene adesso. Ho saputo di essere positivo al coronavirus ieri. Sono stato male sabato pomeriggio, quando ho avuto una serie di colpi di tosse e dolori al torace e al diaframma che sono andati avanti nel corso della notte. Non ho mai avuto febbre ma ho una sensazione di oppressione al torace e questa tosse che va e viene”. Così, a “Otto e mezzo” (La7) il direttore de La Stampa, Massimo Giannini, racconta la sua positività al coronavirus e i sintomi che lo hanno colpito.
E spiega: “Ieri mattina mi sono messo in contatto col Policlinico Gemelli di Roma e mi sono fatto ricoverare nel pomeriggio. Sono rimasto in ospedale tutta la giornata fino a notte inoltrata per fare tutti gli accertamenti del caso. Sono risultato positivo al tampone, ma mi hanno dato esito negativo per la tac, cioè i miei polmoni sono puliti. Per questa ragione i medici mi hanno mandato a casa, prescrivendomi riposo assoluto e due settimane di quarantena. Speriamo che non succeda altro, perché una delle caratteristiche di questa malattia è che un giorno stai molto meglio e il giorno dopo il quadro può cambiare in modo molto repentino e imprevedibile”.
Giannini imputa il suo contagio ai numerosi eventi pubblici a cui ha partecipato ultimamente per il suo giornale e per il gruppo Gedi: “Ho girato tanto, forse ho girato troppo. Ho cercato sempre di farlo rispettando al massimo tutte le restrizioni che conosciamo: distanziamento sociale e mascherina. La Fp2 è meglio delle altre. Però, quando fai una intervista pubblica su un palco, magari ti togli la mascherina. Alla luce di quello che è successo e di quello che ho visto ieri in ospedale, dobbiamo stare tutti più attenti. Servono più attenzione e più rigore“.
E fa il suo appello a tutti, in particolare ai giovani: “Io ieri ho passato un’intera giornata al Policlinico Gemelli. Con dolore devo dire che un passaggio in quei luoghi in questo momento farebbe bene a tutti. E non era una terapia intensiva, però ho visto tanta gente ricoverata, tanta gente che stava male. Per tutto il pomeriggio e per i tre quarti della notte che ho passato lì, ho sentito lamentarsi gente sdraiata sulle barelle. Stiamo attenti, facciamo qualche sacrificio in più, perché ne vale la pena. E questo vale soprattutto per i giovani, che sono un formidabile veicolo di diffusione. Quindi sono soprattutto loro che devono stare più attenti”.