Accuse di brogli, scontri con centinaia di feriti e una vittima ed elezioni da rifare. Il Kirghizistan, forse la più turbolenta (dal punto di vista politico) tra le ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, è di nuovo nel caos. Il risultato delle elezioni parlamentari di domenica scorsa – che ha premiato la coalizione dei partiti Birimdik e Mekenim Kyrgyzstan, favorevoli a una maggior integrazione con la Russia e alleati del presidente Sooronbay Jeenbekov – ha infatti scatenato il furore dei sostenitori dell’opposizione, che denuncia brogli. La rabbia è presto sfociata in aspri scontri con la polizia. Risultato: palazzi del potere assaltati, oltre 600 feriti (sette gravi) e un morto, nuovo primo ministro (Sadyr Japarov) ed elezioni da rifare.
Le forze dell’ordine hanno usato idranti, granate stordenti e gas lacrimogeni per disperdere i manifestanti che cercavano di farsi strada con la forza attraverso i cancelli dell’edificio che ospita il Parlamento e gli uffici presidenziali dell’ex repubblica sovietica. Ma senza successo. Una folla di circa duemila persone si è poi introdotta nel vicino edificio del Comitato di sicurezza nazionale, dove l’ex presidente Almazbek Atambayev era detenuto. E lo ha liberato. Atambayev, protagonista di una vera e propria battaglia nell’agosto del 2019 con le forze governative nel suo villaggio natale, è stato arrestato con l’accusa di aver liberato illegalmente un boss del crimine quando era presidente, e per questo condannato a 11 anni di reclusione – oggi, dopo la liberazione a furor di popolo, il tribunale distrettuale di Pervomaisky ha ben pensato di concedergli i domiciliari.
Gli scontri notturni – con alcuni uffici del Parlamento dati alle fiamme – hanno lasciato il governo frastornato e lo hanno costretto al lavoro in “regime speciale”, come spiegato dal suo stesso ufficio stampa. Jeenbekov ha promesso di avere tutto sotto controllo ma, di fatto, l’unica cosa che ha calmato le acque è stato l’annuncio della Commissione Elettorale Centrale di aver annullato il risultato delle elezioni.
Mosca, nel mentre, guarda da lontano. Il ministero degli Esteri ha pubblicato una nota in cui esorta gli “amici” del Kirghizistan a risolvere la crisi nel “quadro giuridico” e senza “l’uso della forza”. Grandi ansie, non ce ne sono. L’opposizione è comunque favorevole alla Russia e Atambayev è una vecchia conoscenza di Vladimir Putin (in passato ha cercato di sedare il suo scontro con Jeenbekov). Ma per stare sereni la base russa di Kant ha annunciato di essere stata messa “in allerta massima” .
La verità è che in Kirghizistan l’insoddisfazione per la corruzione – e il dominio politico da parte dei clan più potenti – è aumentata con le sfide economiche poste dal coronavirus. I cantanti più popolari si sono uniti ai politici nel rivolgersi alla folla, scesa in piazza nell’ordine delle migliaia di persone, che ha risposto con lo slogan ‘Jeenbekov dimettiti’. “Il presidente ha promesso di garantire elezioni oneste. E non ha mantenuto la parola“, ha detto ai manifestanti un candidato dell’opposizione, Ryskeldi Mombekov. Tanto è bastato per far precipitare la situazione. I ribelli si sono guadagnati il sostegno di un fan d’eccezione. “Ganzi i kirghisi”, ha twittato da Berlino Alexei Navalny, il principe dell’opposizione russa ancora in convalescenza dopo l’avvelenamento da Novichok.
(immagine d’archivio)