Il Parlamento europeo alza l’asticella e vota un emendamento alla Legge sul clima, indicando per il 2030, un target di riduzione dei gas serra del 60%, rispetto ai livelli del 1990. Probabilmente non si arriverà a tanto, ma lo scopo è quello di iniziare una trattativa seria per arrivare a obiettivi più ambiziosi di quelli proposti finora. Il testo firmato dal presidente della Commissione ambiente dell’Europarlamento, il francese Pascal Canfin (Renew Europe), infatti, che ha ricevuto 352 voti a favore, 326 contro e 18 astenuti, rappresenta un passo significativo, considerando che la Commissione Ue ha proposto un aumento del 55%, da ottenersi anche affidandosi a pozzi di assorbimento del carbonio (i cosiddetti ‘carbon sink’), come ad esempio le foreste, per compensare le emissioni. Nel 60% proposto dal Parlamento sarebbero invece inclusi i soli effetti dello sforzo di riduzione delle emissioni e, tra l’altro, va ricordato che l’attuale obiettivo europeo è di ridurre le emissioni di appena il 40%. Ora inizieranno i negoziati tra Parlamento e Consiglio europeo: l’obiettivo dichiarato dallo stesso Canfin è quello di arrivare “a una decisione decisione finale sul target per il clima 2030 nel vertice di dicembre, un giorno prima del quinto anniversario dell’accordo di Parigi”.
Lega e Fratelli d’Italia votano contro – Tra gli oltre 300 voti contrari ci sono stati anche quelli degli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia. A favore, invece, il Movimento Cinque Stelle che rivendicava un obiettivo ancora maggiore, del 65%. “Lega e Fratelli d’Italia sono dei negazionisti dei cambiamenti climatici. Il loro maldestro tentativo al Parlamento europeo di cestinare gli impegni europei in difesa dell’ambiente sono stati respinti, chissà quale lobby stavano difendendo con il loro emendamento di rigetto della legge europea per il clima”, il commento del pentastellato Ignazio Corrao. “Una cosa è certa: grazie al Movimento 5 Stelle si tiene dritta la barra, non c’è nessun cedimento sugli impegni presi a Parigi e si continua verso quel cambiamento necessario che serve all’Europa per garantire alle future generazioni un Pianeta in buona salute”, aggiunge.
Il prossimo vertice e la trattativa – Dopo il via libera del Parlamento, nel vertice dei leader Ue, previsto per il 15 e il 16 ottobre, ha spiegato Canfin, “Angela Merkel dovrebbe verificare l’esistenza di una maggioranza qualificata tra i Paesi membri, per un taglio delle emissioni di almeno il 55%” per poi dare mandato al Consiglio dei ministri dell’ambiente di negoziare con l’Europarlamento” e, quindi, proporre una decisione definitiva dei leader Ue, a dicembre. L’obiettivo è quello di trovare un compromesso tra Consiglio ed Europarlamento arrivano almeno al taglio delle emissioni del 55% lordo, cioè senza contare l’assorbimento di CO2 delle foreste, per quella che è la prima Legge europea sul clima che punta a fronteggiare l’emergenza e contenere il surriscaldamento del pianeta, entro la soglia critica di 1,5 gradi. Ora, però, serve una risposta altrettanto coraggiosa dei governi nazionali, a partire dall’Italia.
Gli obiettivi rispetto ai rischi – “Serve un ulteriore passo avanti per fronteggiare l’emergenza climatica e onorare gli impegni dell’Accordo di Parigi”, ha commentato il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, ricordando che l’ultimo Emissions Gap Report dell’UNEP (il programma ambientale delle Nazioni Unite) ha evidenziato che l’attuale azione climatica è pericolosamente insufficiente per raggiungere gli obiettivi di Parigi e ci porta verso un allarmante surriscaldamento del pianeta di oltre 3°C entro la fine del secolo, rispetto ai livelli preindustriali”. Scenario, secondo le recenti previsioni del Joint Research Center della Commissione, che può costare al benessere dei cittadini europei almeno 175 miliardi di euro l’anno. Per evitare che ciò si avveri, secondo il rapporto dell’UNEP, è cruciale che l’azione climatica dei governi sia così ambiziosa da consentire una riduzione media annua del 7,6% da qui al 2030, al fine di contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica 1.5°C”. Per l’Unione europea questo significa una riduzione del 65% delle emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e, quindi, andare ben oltre il 55% proposto dalla Commissione. Legambiente ricorda anche un recente studio dell’Università di Berlino e dell’Istituto tedesco per la ricerca economica (DIW), secondo cui una riduzione delle emissioni del 65% è possibile e consentirebbe all’Europa di risparmiare più di 10mila miliardi di euro per la conseguente riduzione dei danni ambientali e climatici, oltre ad una forte riduzione della dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili.
Greenpeace: “Ora tocca ai governi” – Anche per Greenpeace l’obiettivo dovrebbe essere quello di un taglio minimo del 65% delle emissioni dell’Ue entro il 2030. “Il Parlamento europeo ha chiarito di essere l’attore più forte e ambizioso in campo comunitario”, ha dichiarato Sebastian Mang, policy advisor di Greenpeace Ee, secondo cui “il problema è che la maggior parte dei governi nazionali e la Commissione europea giocano al ribasso. Un taglio del 60% delle emissioni entro il 2030 è un passo avanti, ma comunque ancora non sufficiente per evitare le conseguenze peggiori della crisi climatica”.
Le altre proposte – Il Parlamento europeo ha anche dato il suo sostegno a rendere vincolante per tutti gli Stati l’obiettivo di neutralità climatica per l’Ue al 2050, creare un consiglio di scienziati sul cambiamento climatico e richiedere alla Commissione di presentare una proposta per un obiettivo climatico al 2040 ed, entro dicembre 2021, un bilancio del carbonio (cosiddetto ‘carbon budget’) per l’Ue, ossia un documento che chiarisca quanti gas serra può ancora emettere l’Ue per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi.