Dopo il disastro di Norilsk, quando il 29 maggio scorso una ventina di tonnellate di gasolio è fuoriuscita dagli impianti dell’azienda Nornickel, minacciando l’Artico, in Russia si teme una nuova catastrofe ambientale. Questa volta il campanello d’allarme suona per il Pacifico, in particolare per il golfo dell’Avacha, al sud-est della penisola di Kamchatka, e per il suo punto più spettacolare, la spiaggia Khalaktyrskij, una striscia di sabbia nera vulcanica di 30 chilometri situata poco lontano dal capoluogo della regione Petropavlovsk-Kamchatskij. Sono zone di rara bellezza naturalistica con le cime dei vulcani che svettano sull’orizzonte, e nell’area limitrofa della spiaggia si trova un sito patrimonio di Unesco, il parco Nalychevo.
La spiaggia Khalaktyrskij è amata dai surfisti che sono stati i primi a lanciare l’allarme la settimana scorsa dopo che da circa un mese in tanti hanno accusato problemi alla vista (ad alcuni sono state diagnosticate ustioni oculari), tosse secca, nausea o febbre alta. Nello stesso tempo in rete sono comparse foto di numerose carcasse di animali marini, come polipi o ricci del mare, portate a riva non solo sulla costa di Kamchatka, ma anche delle isole Curili settentrionali, che fanno parte della regione di Sachalin.
Dopo il clamore suscitato dai post sui social dei surfisti, Greenpeace Russia ha parlato di una catastrofe ecologica sulla penisola di Kamchatka e il governatore della regione Vladimir Solodov ha ordinato agli esperti del Centro idrometeorologico e del ministero per l’Ambiente locali di condurre dei saggi dell’acqua. I campioni hanno dimostrato una concentrazione dei derivati del petrolio quattro volte più alta della norma e quella dei fenoli due volte più alta. In base a questi dati il ministro per l’Ambiente regionale Aleksej Kumarkov ha ipotizzato che la causa dell’inquinamento possa essere stato uno sversamento di queste sostanze da una nave di passaggio.
Ipotesi, questa, con non trova d’accordo l’ecologo Dmitry Lisitsin di Yuzhno-Sachalinsk, capo dell’organizzazione “Ekologicheskaya vakhta di Sachalin” (“La guardia ecologica di Sachalin”). “Non c’è nulla che punti all’inquinamento da petrolio come causa di questi eventi”, dice l’ecologo a ilfatto.it. “Il petrolio è più leggero dell’acqua e forma una pellicola sulla sua superficie, ha un odore caratteristico e causa la morte soprattutto di uccelli e non dei pesci o organismi del fondale, come in questo caso”, spiega Lisitsin. I derivati del petrolio non sono neanche altamente tossici e non possono aver portato ad avvelenamenti di massa degli animali, aggiunge l’ecologo che crede invece che nell’acqua deve essere penetrato “un veleno molto forte che uccide organismi viventi”. Secondo l’ecologo si potrebbe trattare di alcuni componenti del carburante per i razzi altamente tossici che avrebbero potuto raggiungere l’oceano dal vicino poligono militare Radygino dove sono stoccati, perché in disuso, dal 1998.
Un’altra versione citata dal sito locale kam24.ru parla invece di possibile perdita dal sito dell’interramento dei pesticidi, poligono Kozelskij. Entrambe le versioni sono al vaglio delle autorità locali che esamineranno i due poligoni in questione il 6 ottobre, ha annunciato il governatore di Kamchatka Vladimir Solodov.
Come nel caso di Nornickel, le autorità locali hanno scatenato l’ira di Mosca per la gestione della situazione. Del caso si è occupata personalmente la vice presidente della Duma Irina Yarovaya (Russia Unita), legata alla penisola per la sua carriera politica. Yarovaya ha criticato il lavoro degli enti locali e ha portato nella capitale 143 chili di materiale da esaminare nei laboratori moscoviti. Secondo i risultati preliminari di queste analisi, è poco probabile che si tratti di inquinamento da causa industriale, ha detto il 5 ottobre il ministro per le Risorse naturali e l’ecologia russo, Dmitrij Kobylkin. La seconda versione ipotizza un inquinamento causato da fattori naturali (alghe), ha aggiunto il ministro. La vicenda è seguita da tutti i vertici russi, dal Comitato investigativo alla Procura generale. Durante la riunione del 5 ottobre il vice-premier Yuri Trutnev, l’inviato del presidente russo Vladimir Putin nel Circondario dell’Estremo Oriente, ha detto che le cause dell’inquinamento non sono ancora chiare e ha ribadito che vuole sapere cosa sia accaduto entro la fine della settimana.
Nel frattempo Greenpeace ha condotto il 4 ottobre una spedizione nelle acque di Kamchatka esaminando alcune baie a sud di Petropavlovsk-Kamchatskij e trovando tracce di inquinamento sotto forma di “macchie di origine ignota”, una delle quali si sta muovendo verso il sito di Unesco “I vulcani della Kamchatka”.
(immagine d’archivio)