Un lungo striscione si staglia di fronte all’ingresso dell’Ospedale pediatrico di Diamniadio di Dakar: la scritta in cinese e francese proclama: “La Jiangsu Construction Engineering Group Co. Ltd sostiene il Senegal nella lotta al Covid 19”. Sotto, decine di scatoloni di materiale sanitario: maschere, tute, guanti chirurgici e occhiali protettivi, respiratori e altri strumenti tecnici. A presentare la donazione, un gruppo di medici e diplomatici cinesi che scatta le foto di rito con la direttrice dell’ospedale. L’immagine verrà mostrata poche ore dopo sulla pagina Facebook dell’Ambasciata Cinese in Senegal e ripresa dall’agenzia di stampa Xinhua.
Scena simile qualche mese prima all’Aeroporto Internazionale della capitale senegalese con centinaia di scatoloni scaricati da un aereo cargo accompagnati da un’equipe di medici cinesi destinata al Centre Hospitalier National de Pikine, in prima linea sullo screening e la presa in carico di casi sospetti nel Paese. Ovunque bandiere delle imprese benefattrici delle donazioni assieme all’immancabile colore rosso della diplomazia di Pechino. La generosità cinese viene orchestrata in collaborazione con le sue aziende sul posto. Un dettaglio che non sfugge all’osservatore che vede riproporsi da mesi gli stessi “teatrini” in diversi paesi del continente africano. Dal vicino Mali, dove l’opinione pubblica ha saputo dei letti donati dalla società di costruzioni China Overseas Engineering Corporation (COVEC) o del gel idroalcolico offerto dalle società cino-maliana Sukala e N-Sukala, passando per Burkina Faso, Ghana, Kenya e a ritroso fino al 20 marzo scorso in Etiopia quando i primi aiuti cinesi sul continente sono arrivati ad Addis Abeba sponsorizzati dal filantropo miliardario Jack Ma, fondatore del gigante della vendita online Alibaba.
Tutte le strategie di Pechino – Questa imponente offensiva di “soft power” dispiegata dalla Repubblica Popolare è studiata per sfruttare l’emergenza con il fine ultimo di rafforzare ulteriormente il radicamento economico-politico cinese su un territorio di cui, già da tempo, ha sconvolto le linee di forza strategiche. Nel mese di giugno a ridosso del Summit Straordinario sulla Solidarietà Africa-Cina contro il Covid-19 indetto appositamente per rafforzare la cooperazione nella lotta al virus, Pechino aveva già inviato equipe mediche a più di 50 nazioni africane, 30 milioni di test, 10mila respiratori e 80 milioni di mascherine. L’ occasione è poi servita al presidente Xi Jinping per riconfermare lo stanziamento di 2 miliardi di dollari in due anni destinati ai paesi in via di sviluppo più colpiti (Africa in primis), confermare l’avvio dei lavori per costruire la sede generale dell’African Centres for Disease Control and Prevention dell’Unione Africana ad Addis Abeba e promettere che il continente sarà tra i primi a ricevere il vaccino “made in Cina”.
Qui l’unica base militare cinese all’estero – L’Africa è da tempo centrale nei piani geostrategici cinesi. Come esempio, basti pensare che solo nell’ultimo decennio sono state più di 80, in 45 paesi africani, le visite di dirigenti di Pechino. Il continente ospita inoltre l’unica base militare all’estero cinese, in Gibuti, oltre a migliaia di soldati nelle missioni Onu. Una presenza militare che probabilmente aumenterà con basi in Kenya ed Angola.
Dal 2009, anno nel quale ha superato gli Stati Uniti, la Cina è il primo partner commerciale dell’Africa, al primo posto sia per le importazioni che per le esportazioni. Tra il 2013 al 2018 l’interscambio Cina-Africa è aumentato di undici volte, raggiungendo un valore di 185 miliardi di dollari. I flussi annuali di investimenti sono cresciuti sette volte fino ai 5,4 miliardi di dollari del 2018 e, secondo un rapporto del 2017 della McKinsey, l’Africa ospita circa 10mila aziende cinesi.
Ci sono dunque molte buone ragioni di voler mantenere una buona reputazione in territorio africano, eppure l’immagine del Dragone sembrava scricchiolare. Le numerose scoperte di attività fumose delle sue aziende in Africa, unite ai numerosi scandali ambientali e di corruzione, ne avevano intaccato la fama. Poi sono arrivati il Covid e le critiche su come la Cina ha gestito le prime fasi della pandemia, agevolandone la diffusione. A ciò si è aggiunta la recrudescenza di casi di razzismo contro la diaspora africana, registrati a Guangzhou nei primi mesi di lockdown. Fatti che hanno portato diversi governi a sud del Sahara a chiedere chiarimenti. La Cina, però, ha giocato bene le sue carte durante la pandemia migliorano la sua immagine. Lo dimostrano recenti sondaggi per cui ben più della metà della popolazione africana considera positiva l’influenza cinese su politica ed economia.
Con la crisi impossibile fare a meno dell’aiuto cinese – Purtroppo “il continente non può fare a meno della Cina in questo momento perché il virus ha avuto effetti devastanti molto più a livello economico che sanitario”, afferma Albert Honlonkou, economista beninese consulente della Banca Africana di Sviluppo (Afdb) in Africa Occidentale. Infatti, mentre l’Oms conferma l’Africa come la regione meno colpita al mondo e parla di una curva dei casi addirittura in fase discendente, le previsioni economiche sono drammatiche. Secondo l’Afdb quest’anno per la prima volta in vent’anni, il continente entrerà in recessione con una contrazione che potrebbe andare dall’1,7% al 3,4% del PIL. Il rallentamento dell’economia potrebbe creare 50 milioni di poveri e 30 milioni di disoccupati in più. “Le misure di contenimento al virus hanno rallentato sia la domanda che l’offerta locale e internazionale. I settori del turismo, delle forniture e il mercato delle materie prime sono stati i più colpiti e la recessione globale sta influendo anche sui flussi di aiuti internazionali. Occorrono stimoli immediati e urgenti di concerto con le banche centrali e la comunità internazionale”, conclude Honlonkou.
È a partire da questo scenario che Pechino consoliderà davvero la sua influenza. “Il vero nodo è l’enorme debito estero accumulato dai governi africani che non riusciranno a ripagare. È sul debito e la creazione d’infrastrutture che la Cina ha generato dipendenza economica su cui fare leva per i suoi interessi”, dichiara Stephen Chan, professore di Politica e Relazioni Internazionali alla SOAS di Londra. Al momento il debito con la Cina è di 148 miliardi di dollari secondo il CARI, pari al 20% del debito totale stando alle rilevazioni della Jubilee Debt Campaign: un’enormità. In giugno il presidente Xi Jinping ha annunciato che la Cina cancellerà o rinegozierà il debito dei paesi africani più colpiti per quest’anno. Secondo Chan che questo accada davvero “non è garantito e il rimborso potrebbe essere solo sospeso”. “Tuttavia , anche in caso di una cancellazione parziale la Cina chiederà come contropartita la priorità per le sue esportazioni in Africa. Un esempio in questo periodo di rivalità Cina-Usa a livello mondiale: la tanto osteggiata Huawei sta già crescendo fino a diventare il più grande fornitore di cellulari e di sistemi del continente dove c’è alta richiesta di tecnologia, ma la cosa non pare interessare”.
Europa e Usa guardano altrove – L’Occidente, infatti, per ora sembra restare alla finestra. I vecchi partner europei, presi dai problemi economici generati dal virus, così come gli USA, distratti dalle imminenti e incerte elezioni presidenziali, si sono limitati a fare annunci sullo stanziamento di aiuti che, seppur ingenti, sono stati etichettati come “false promesse” dalla propaganda cinese.Per Moustapha Kassé, professore emerito di Economia all’università Cheikh Anta Diop di Dakar “questa crisi dimostra che il continente è troppo esposto a elementi esterni come le fluttuazioni dei mercati e dunque vulnerabile. Una conseguenza di politiche neoliberiste portate avanti da anni e patrocinate dai vecchi partner occidentali. Pechino propone un modello alternativo che al momento è più appetibile. Siamo nella situazione ‘du donjon et du dragon’ (della fortezza e del drago): da un lato Trump e l’Occidente si chiudono ‘nei loro fortini’ con barriere doganali e fisiche da dove dicono che bisogna investire in Africa ma non lo fanno, dall’altro c’è il drago cinese che mette mano al portafoglio”.
Un’opinione oramai condivisa trasversalmente dalle élite del continente, ma non sempre dall’uomo della strada che alla fine subisce gli effetti diretti di questi giochi geopolitici. Con Mansour, un tassista dakarois, si parla di lotta senegalese mentre attraversando il quartiere di Pikine si passa accanto alla Aréne National du Sénégal, un enorme stadio da 50 milioni di dollari dedicato allo sport nazionale e gentilmente donato da Pechino. Mansour ricorda come la città era addobbata di bandiere cinesi e senegalesi durante la visita di Xi Jinping nel luglio del 2018 quando vennero consegnate le chiavi dello stadio al Presidente Macky Sall. In quell’occasione Sall fu il primo africano a firmare gli accordi per entrare nel progetto della “Nuova via della seta” cinese (Belt and Road Initiative). Oggi la Cina è il primo investitore diretto del Paese e continua a costruire opere mastodontiche. “Accablés de dette! Accablés de dette!” (oppressi dal debito!) commenta sbracciandosi Mansour che poi conclude smaliziato, “ci serve lavoro, ci serve produrre… o chi li pagherà tutto questo?”.
Mondo
La Cina stringe la sua presa sull’Africa sfruttando la crisi indotta dalla pandemia. Sul continente il cappio del debiti con Pechino
Da anni la Cina sta aumentando presenza e investimenti in Africa. Continente ritenuto strategico per la presenza di risorse indispensabili per lo sviluppo di nuove tecnologia. Quella che all'inizio sembrava essere un'occasione di sviluppo si sta però trasformando in una stretta asfissiante. Approfittando della crisi economica Pechino consolida il suo potere
Un lungo striscione si staglia di fronte all’ingresso dell’Ospedale pediatrico di Diamniadio di Dakar: la scritta in cinese e francese proclama: “La Jiangsu Construction Engineering Group Co. Ltd sostiene il Senegal nella lotta al Covid 19”. Sotto, decine di scatoloni di materiale sanitario: maschere, tute, guanti chirurgici e occhiali protettivi, respiratori e altri strumenti tecnici. A presentare la donazione, un gruppo di medici e diplomatici cinesi che scatta le foto di rito con la direttrice dell’ospedale. L’immagine verrà mostrata poche ore dopo sulla pagina Facebook dell’Ambasciata Cinese in Senegal e ripresa dall’agenzia di stampa Xinhua.
Scena simile qualche mese prima all’Aeroporto Internazionale della capitale senegalese con centinaia di scatoloni scaricati da un aereo cargo accompagnati da un’equipe di medici cinesi destinata al Centre Hospitalier National de Pikine, in prima linea sullo screening e la presa in carico di casi sospetti nel Paese. Ovunque bandiere delle imprese benefattrici delle donazioni assieme all’immancabile colore rosso della diplomazia di Pechino. La generosità cinese viene orchestrata in collaborazione con le sue aziende sul posto. Un dettaglio che non sfugge all’osservatore che vede riproporsi da mesi gli stessi “teatrini” in diversi paesi del continente africano. Dal vicino Mali, dove l’opinione pubblica ha saputo dei letti donati dalla società di costruzioni China Overseas Engineering Corporation (COVEC) o del gel idroalcolico offerto dalle società cino-maliana Sukala e N-Sukala, passando per Burkina Faso, Ghana, Kenya e a ritroso fino al 20 marzo scorso in Etiopia quando i primi aiuti cinesi sul continente sono arrivati ad Addis Abeba sponsorizzati dal filantropo miliardario Jack Ma, fondatore del gigante della vendita online Alibaba.
Tutte le strategie di Pechino – Questa imponente offensiva di “soft power” dispiegata dalla Repubblica Popolare è studiata per sfruttare l’emergenza con il fine ultimo di rafforzare ulteriormente il radicamento economico-politico cinese su un territorio di cui, già da tempo, ha sconvolto le linee di forza strategiche. Nel mese di giugno a ridosso del Summit Straordinario sulla Solidarietà Africa-Cina contro il Covid-19 indetto appositamente per rafforzare la cooperazione nella lotta al virus, Pechino aveva già inviato equipe mediche a più di 50 nazioni africane, 30 milioni di test, 10mila respiratori e 80 milioni di mascherine. L’ occasione è poi servita al presidente Xi Jinping per riconfermare lo stanziamento di 2 miliardi di dollari in due anni destinati ai paesi in via di sviluppo più colpiti (Africa in primis), confermare l’avvio dei lavori per costruire la sede generale dell’African Centres for Disease Control and Prevention dell’Unione Africana ad Addis Abeba e promettere che il continente sarà tra i primi a ricevere il vaccino “made in Cina”.
Qui l’unica base militare cinese all’estero – L’Africa è da tempo centrale nei piani geostrategici cinesi. Come esempio, basti pensare che solo nell’ultimo decennio sono state più di 80, in 45 paesi africani, le visite di dirigenti di Pechino. Il continente ospita inoltre l’unica base militare all’estero cinese, in Gibuti, oltre a migliaia di soldati nelle missioni Onu. Una presenza militare che probabilmente aumenterà con basi in Kenya ed Angola.
Dal 2009, anno nel quale ha superato gli Stati Uniti, la Cina è il primo partner commerciale dell’Africa, al primo posto sia per le importazioni che per le esportazioni. Tra il 2013 al 2018 l’interscambio Cina-Africa è aumentato di undici volte, raggiungendo un valore di 185 miliardi di dollari. I flussi annuali di investimenti sono cresciuti sette volte fino ai 5,4 miliardi di dollari del 2018 e, secondo un rapporto del 2017 della McKinsey, l’Africa ospita circa 10mila aziende cinesi.
Ci sono dunque molte buone ragioni di voler mantenere una buona reputazione in territorio africano, eppure l’immagine del Dragone sembrava scricchiolare. Le numerose scoperte di attività fumose delle sue aziende in Africa, unite ai numerosi scandali ambientali e di corruzione, ne avevano intaccato la fama. Poi sono arrivati il Covid e le critiche su come la Cina ha gestito le prime fasi della pandemia, agevolandone la diffusione. A ciò si è aggiunta la recrudescenza di casi di razzismo contro la diaspora africana, registrati a Guangzhou nei primi mesi di lockdown. Fatti che hanno portato diversi governi a sud del Sahara a chiedere chiarimenti. La Cina, però, ha giocato bene le sue carte durante la pandemia migliorano la sua immagine. Lo dimostrano recenti sondaggi per cui ben più della metà della popolazione africana considera positiva l’influenza cinese su politica ed economia.
Con la crisi impossibile fare a meno dell’aiuto cinese – Purtroppo “il continente non può fare a meno della Cina in questo momento perché il virus ha avuto effetti devastanti molto più a livello economico che sanitario”, afferma Albert Honlonkou, economista beninese consulente della Banca Africana di Sviluppo (Afdb) in Africa Occidentale. Infatti, mentre l’Oms conferma l’Africa come la regione meno colpita al mondo e parla di una curva dei casi addirittura in fase discendente, le previsioni economiche sono drammatiche. Secondo l’Afdb quest’anno per la prima volta in vent’anni, il continente entrerà in recessione con una contrazione che potrebbe andare dall’1,7% al 3,4% del PIL. Il rallentamento dell’economia potrebbe creare 50 milioni di poveri e 30 milioni di disoccupati in più. “Le misure di contenimento al virus hanno rallentato sia la domanda che l’offerta locale e internazionale. I settori del turismo, delle forniture e il mercato delle materie prime sono stati i più colpiti e la recessione globale sta influendo anche sui flussi di aiuti internazionali. Occorrono stimoli immediati e urgenti di concerto con le banche centrali e la comunità internazionale”, conclude Honlonkou.
È a partire da questo scenario che Pechino consoliderà davvero la sua influenza. “Il vero nodo è l’enorme debito estero accumulato dai governi africani che non riusciranno a ripagare. È sul debito e la creazione d’infrastrutture che la Cina ha generato dipendenza economica su cui fare leva per i suoi interessi”, dichiara Stephen Chan, professore di Politica e Relazioni Internazionali alla SOAS di Londra. Al momento il debito con la Cina è di 148 miliardi di dollari secondo il CARI, pari al 20% del debito totale stando alle rilevazioni della Jubilee Debt Campaign: un’enormità. In giugno il presidente Xi Jinping ha annunciato che la Cina cancellerà o rinegozierà il debito dei paesi africani più colpiti per quest’anno. Secondo Chan che questo accada davvero “non è garantito e il rimborso potrebbe essere solo sospeso”. “Tuttavia , anche in caso di una cancellazione parziale la Cina chiederà come contropartita la priorità per le sue esportazioni in Africa. Un esempio in questo periodo di rivalità Cina-Usa a livello mondiale: la tanto osteggiata Huawei sta già crescendo fino a diventare il più grande fornitore di cellulari e di sistemi del continente dove c’è alta richiesta di tecnologia, ma la cosa non pare interessare”.
Europa e Usa guardano altrove – L’Occidente, infatti, per ora sembra restare alla finestra. I vecchi partner europei, presi dai problemi economici generati dal virus, così come gli USA, distratti dalle imminenti e incerte elezioni presidenziali, si sono limitati a fare annunci sullo stanziamento di aiuti che, seppur ingenti, sono stati etichettati come “false promesse” dalla propaganda cinese.Per Moustapha Kassé, professore emerito di Economia all’università Cheikh Anta Diop di Dakar “questa crisi dimostra che il continente è troppo esposto a elementi esterni come le fluttuazioni dei mercati e dunque vulnerabile. Una conseguenza di politiche neoliberiste portate avanti da anni e patrocinate dai vecchi partner occidentali. Pechino propone un modello alternativo che al momento è più appetibile. Siamo nella situazione ‘du donjon et du dragon’ (della fortezza e del drago): da un lato Trump e l’Occidente si chiudono ‘nei loro fortini’ con barriere doganali e fisiche da dove dicono che bisogna investire in Africa ma non lo fanno, dall’altro c’è il drago cinese che mette mano al portafoglio”.
Un’opinione oramai condivisa trasversalmente dalle élite del continente, ma non sempre dall’uomo della strada che alla fine subisce gli effetti diretti di questi giochi geopolitici. Con Mansour, un tassista dakarois, si parla di lotta senegalese mentre attraversando il quartiere di Pikine si passa accanto alla Aréne National du Sénégal, un enorme stadio da 50 milioni di dollari dedicato allo sport nazionale e gentilmente donato da Pechino. Mansour ricorda come la città era addobbata di bandiere cinesi e senegalesi durante la visita di Xi Jinping nel luglio del 2018 quando vennero consegnate le chiavi dello stadio al Presidente Macky Sall. In quell’occasione Sall fu il primo africano a firmare gli accordi per entrare nel progetto della “Nuova via della seta” cinese (Belt and Road Initiative). Oggi la Cina è il primo investitore diretto del Paese e continua a costruire opere mastodontiche. “Accablés de dette! Accablés de dette!” (oppressi dal debito!) commenta sbracciandosi Mansour che poi conclude smaliziato, “ci serve lavoro, ci serve produrre… o chi li pagherà tutto questo?”.
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Palermo, 30 dic. (Adnkronos) - Un carico di 640 pericolosissimi ordigni rudimentali stava per essere venduto in strada, ma l’intervento tempestivo della Polizia di Stato di Catania ha mandato in fumo il piano criminale di due uomini, un 37enne di Tremestieri Etneo e un 36enne di San Giovanni La Punta. I due “soci” sono stati individuati nella zona di corso Indipendenza mentre confabulavano con altre due persone scese da un’auto in sosta. Il loro atteggiamento ha insospettito i poliziotti, che, quindi, hanno effettuato un accurato controllo, identificando i quattro e perquisendo i veicoli. Non appena sono stati chiesti i documenti, gli agenti si sono accorti che due di loro avevano le mani macchiate di nero, sporche di polvere da sparo.
Una volta aperto il bagagliaio dell’auto, i poliziotti hanno scoperto diversi cartoni con all’interno numerosi ordigni rudimentali, ragion per cui è stato richiesto l’intervento immediato del nucleo artificieri della Questura che, giunti sul posto, hanno prioritariamente messo in sicurezza l’ingente quantitativo di materiale esplodente che è stato sequestrato per poi essere distrutto. Dall’analisi e dalla catalogazione degli ordigni, è stato possibile constatare che i due andavano in giro con 640 bombe fatte in casa, denominate “bombe Sinner”, in omaggio al celeberrimo campione di tennis. Si tratta di botti contraddistinti da un involucro di colore arancione e aventi portata micidiale.
I poliziotti hanno ritenuto necessario approfondire le verifiche ed estendere la perquisizione anche alle rispettive abitazioni del 37enne e del 36enne, nella convinzione che ulteriore materiale esplodente potesse trovarsi nella loro disponibilità. Le intuizioni si sono rivelate fondate dal momento che in casa di uno dei due, sono state trovate e sequestrate altre 110 “bombe Sinner”, custodite in modo del tutto illegale, senza precauzioni, con un concreto ed elevato rischio per l’incolumità dei residenti della zona. Oltre al materiale esplodente, i poliziotti hanno scovato una pistola e munizioni da guerra, nascoste in casa tra suppellettili e immediatamente poste sotto sequestro.
Oltre agli ordigni fai-da-te, i poliziotti hanno trovato il materiale utilizzato per la loro produzione, segno che l’uomo avesse trasformato una parte dell’abitazione in un laboratorio abusivo per fabbricarli in vista del Capodanno, incurante dell’elevato rischio per la sua famiglia e per le case vicine. Infatti, il nucleo artificieri ha avuto modo di accertare come la quantità di botti sequestrati sarebbe stata in grado di produrre effetti devastanti anche su immobili di recente costruzione, anche perché l’accensione di uno di essi avrebbe potuto portato alla cosiddetta accensione a catena con effetti devastanti.
I due uomini sono stati arrestati per porto in luogo pubblico e detenzione di ordigni e, su disposizione del PM di turno, sono stati condotti in carcere in attesa del giudizio di convalida da parte del GIP, ferma restando la presunzione di innocenza degli indagati valevole ora e fino a condanna definitiva. Le attività di controllo dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Catania hanno già portato, negli ultimi mesi, al sequestro di un ingente quantitativo di materiale esplodente, sottraendolo al mercato nero e preservando la sicurezza dei cittadini, soprattutto dei più giovani che, ignari della pericolosità del maneggio di artifizi pirotecnici, si espongono a concreti rischi per la loro incolumità.
Ulteriori azioni di contrasto alla vendita e alla custodia di fuochi senza licenza sono state rafforzate per i prossimi giorni in vista della notte di San Silvestro.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Chi sta usando i farmaci sotto prescrizione medica può tranquillamente guidare. Come faceva l'anno scorso". Così Matteo Salvini in una diretta social. "Ovviamente ci sono farmaci che impediscono di guidare nelle ore successive, però esattamente come l'anno scorso chi prende dei farmaci oncologici. Abbiamo istituito un tavolo tecnico proprio per andare incontro alle centinaia di migliaia di pazienti che dietro somministrazione medica usano dei farmaci".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Costruttivo, senza pregiudizi, determinato, ma sempre improntato ad un dialogo costante con il governo per fare davvero gli interessi dei lavoratori. Il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, in questi anni ha avuto il merito di confrontarsi con le istituzioni, criticando e proponendo allo stesso tempo soluzioni, senza però mai cercare, a differenza degli altri sindacati, il pretesto dello scontro e dell’istigazione alla rivolta sociale. A lui va il mio apprezzamento e il sincero ringraziamento di come ha svolto la sua delicata e fondamentale funzione, sempre e solo dedicata a tutelare davvero chi lavora”. Così, la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Ringraziamo Luigi Sbarra per il grande e costruttivo contributo che, alla guida della Cisl, ha dato alla tutela degli interessi dei lavoratori in Italia ed al mondo delle relazioni industriali. Ha guidato il sindacato con una vera visione strategica e con la consapevolezza che il dialogo tra le parti sociali e’ la chiave per rendere il sistema produttivo sempre più equo, dinamico e sostenibile. Lo ha fatto rispettando il ruolo e l’autonomia sindacale, senza mai trasformare la Cisl nell’appendice di una parte politica. Abbiamo sottoscritto la sua proposta di partecipazione dei lavoratori agli utili dell’azienda e continueremo a sostenerla politicamente in Parlamento. Auguriamo a Luigi Sbarra di continuare a contribuire, con la stessa dedizione, al bene dell’Italia”. Lo afferma il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Avere ridotto del 25 per cento, dal 14 al 28 dicembre, nei primi quindici giorni del nuovo Codice della strada, il numero di morti sulle strade è qualcosa che dovrebbe rendere orgoglioso me e voi". Lo dice Matteo Salvini in una diretta social.
"Mi faccio carico volentieri se c'è qualche polemica, ho le spalle larghe, ho rischiato 6 anni per aver bloccato immigrati clandestini. Quindi figurarsi se per salvare vite umane non mi faccio carico di qualche polemica e degli attacchi di Vasco o di radical chic di sinistra".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Come dice Renato Brunetta sul Sole24Ore ‘in un carcere sovraffollato, luogo di isolamento, umiliazione, malattia e morte, la pena rischia di perdere la certezza dell'esempio, che è la vera fonte di legittimazione della potestà punitiva, per trasformarsi invece in certezza della recidiva’. È vero, e non conviene a nessuno un modello di pena che incentiva i detenuti a tornare a delinquere o a cominciare a farlo se detenuti ingiustamente. La sua proposta di indulto parziale, per il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti, merita attenzione e una iniziativa parlamentare trasversale. Sarebbe infatti positivo che anche nella maggioranza la proposta di Brunetta, che ha alle spalle una lunga militanza nel centrodestra, venisse raccolta e rilanciata. La situazione nelle carceri è incivile ed inaccettabile, quindi bisogna agire con urgenza”. Lo afferma il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Una manovra nella quale emerge la totale mancanza di visione economica del governo Meloni: competitività, occupazione, giovani, sanità, ambiente, riduzione del debito pubblico e concorrenza sono state le note a margine di una legge di bilancio in cui la parte più consistente è stata occupata dalle mancette elettorali dei partiti di maggioranza. Tutto questo è stato fatto calpestando la democrazia parlamentare, riducendo al minimo non solo le possibilità di modifica ma anche di dibattito”. Lo afferma il segretario di Più Europa Riccardo Magi.
“Per fortuna, grazie alle poche modifiche fatte alla Camera, è stato possibile introdurre alcune cose positive. Attraverso un nostro emendamento, con buona pace dei pro-vita, è stato rafforzato il fondo per corsi di informazione e prevenzione rivolti a studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado, relativamente alle tematiche della salute sessuale e dell’educazione sessuale e affettiva; inoltre è stato confermato e rafforzato il bonus psicologo ed è stato istituito il Fondo per il servizio di sostegno psicologico in favore delle studentesse e degli studenti. Sono piccoli ma importanti passi avanti, nonostante - conclude Magi - un governo oscurantista e antiscientifico”.